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Non dire falsa testimonianza

Che ci proibisce l'ottavo Comandamento? L'ottavo Comandamento ci proibisce ogni falsità e il danno ingiusto all'altrui fama: perciò, oltre la falsa testimonianza, la calunnia, la bugia, la detrazione o mormorazione, l'adulazione, il giudizio e il sospetto temerario.

In senso largo, per “falsa testimonianza” si intende ogni bugia, cioè ogni detto che asserisca una cosa diversa da ciò che è. In senso stretto, si intende ciò che il testimone in tribunale dice di falso per arrecare danno o vantaggio all'accusato. Chi in tribunale dice il falso credendo di dire il vero, incorre in uno sbaglio ma non nel peccato contro l'ottavo Comandamento. È peccato grave la falsa testimonianza quando è grave la menzogna o quando gravi ne sono le conseguenze, come la condanna di un innocente e l'assoluzione del colpevole. È peccato grave anche corrompere i testimoni o falsificare i documenti.

Per “calunnia” si intende quando si attribuiscono al prossimo colpe o difetti che non ha, o si esagerano quelli che ha. La calunnia è peccato grave quando si attribuisce falsamente al prossimo colpe gravi, o anche leggere ma che gli arrecano gravi danni. Gravissima è la calunnia in tribunale.

La “bugia” è un'espressione (parole, gesti, scritti) contraria a quello che si pensa, allo scopo di ingannare il prossimo nascondendogli la verità. La bugia è giocosa quando ha il solo scopo di intrattenere l'attenzione degli altri, di divertire, senza recare danno a nessuno e senza procurare utilità a chi la dice. È ufficiosa quando è detta per trarre utilità per sé, senza recare danno agli altri. È dannosa quando reca danno al prossimo. Di questi tre tipi di bugia, quella giocosa è peccato veniale, quella ufficiosa spesso è solo peccato veniale, mentre quella dannosa è veniale quando arreca un danno lieve, è grave quando arreca un danno grave. Non commette bugia alcuna chi invece dice per scherzo delle cose non vere, le quali sono talmente evidenti già per se stesse che, in antecedenza, sa che ogni uomo ragionevole noterà facilmente lo scherzo. Simile alla bugia è la finzione o simulazione, che occulta la verità con i fatti. Una specie di simulazione è l'ipocrisia, che fa sfoggio di virtù per avere fama di bontà.

Non è mai lecito mentire. Però, non sempre si è obbligati a dire la verità. In tal caso, è lecita la cosiddetta restrizione mentale, che consiste nel manifestare solo una parte del pensiero, in modo che chi ascolta, assolutamente parlando, potrebbe capire. Ad esempio: se uno scroccone mi domanda se è pronto il pranzo, gli posso rispondere di no, anche se è pronto, sottintendendo che non è pronto per lui. Egli non ha il diritto di sapere ciò che chiede e io non ho l'obbligo di dirgli la verità. Lo scroccone capisce benissimo che il pranzo o non è pronto o non è pronto per lui. La restrizione mentale è permessa quando in qualche modo l'altro può capire; non è permessa quando in nessun modo è possibile capire (restrizione mentale stretta). Quando si usano parole di doppio senso, si ha un equivoco. L'equivoco è permesso quando si può facilmente capire il vero senso (ad esempio, quando Lazzaro era morto, Gesù disse che stava dormendo, perché tale termine ha sia il senso del riposo notturno sia il senso del riposo nella morte).

Detrazione o mormorazione” significa sottrarre qualcosa al buon nome del prossimo, rivelando difetti e mancanze reali, senza necessità. Quando si attribuiscono al prossimo difetti non veri, si ha la calunnia; quando si attribuiscono al prossimo in sua assenza difetti veri, si ha la mormorazione; quando si rinfaccia a una persona un difetto o un peccato, si ha la contumelia. La mormorazione che diffonde senza motivo la conoscenza di colpe gravi è peccato grave; se di colpe leggere, è peccato veniale. È lecito manifestare il male altrui quando vi è un grave motivo, ad esempio evitare danno ad altre persone.

Si chiama “adulazione” la lode esagerata e spesso falsa, allo scopo di guadagnarsi la benevolenza del prossimo, soprattutto dei superiori, dei ricchi e potenti della terra. L'adulazione è peccato perché offende la verità, ma spesso non è grave, sebbene sia indice di un animo egoistico e vile.

Il “giudizio temerario” è ritenere come certo e sicuro un peccato del prossimo, ma senza fondamento. Il giudizio temerario è peccato grave quando ferisce gravemente la buona reputazione del prossimo.

Il “sospetto temerario” consiste nel dubitare senza fondamento che il prossimo abbia fatto del male. Può essere peccato grave quando si sospettano colpe gravi.

RIFLETTO:

Dobbiamo vigilare sui nostri pensieri e sulle nostre parole, per non cadere nei peccati di menzogna e di giudizio o sospetto temerario.

Che ci ordina l'ottavo Comandamento? L'ottavo Comandamento ci ordina di dire a tempo e luogo la verità, e d'interpretare bene, possibilmente, le azioni del prossimo.

Non sempre la verità può essere detta: bisogna dirla a tempo e luogo opportuni. Talvolta possiamo tacere e tenere nascosta la verità se, per esempio, chi ascolta non ha il diritto di sapere. In tal caso, si mantiene un segreto. Il segreto deve essere mantenuto quando:

1. la verità rivelata danneggerebbe ingiustamente qualcuno o gli recherebbe dispiacere (segreto naturale).

2. c'è la promessa di tenere segreto ciò che ci fu confidato (segreto promesso).

3. ci è stato detto qualcosa a condizione che non lo manifestassimo a nessuno (segreto affidato).

Gravissimo, ad esempio, è l'obbligo del sacerdote di tenere nascosto sempre, a chiunque, in ogni circostanza ciò che ha udito in confessione relativamente ai peccati (segreto o sigillo sacramentale). Anche in alcune professioni vi può essere l'obbligo di segreto: per il medico, non è possibile rivelare le malattie di un paziente; per l'avvocato rivelare gli interessi dei suoi clienti, ecc.

Solo se dal tener celato il tuo segreto (eccetto quello della confessione) ne deriva danno grave ad altri, allora hai l'obbligo di parlare.

Si devono interpretare bene le azioni del prossimo fin dove è possibile. Nostro Signore sulla croce pregò il Padre perché perdonasse i suoi crocifissori, adducendo l'attenuante che non sapevano quello che facevano.

Se l'azione è buona in se stessa, devi considerarla in bene e faresti un giudizio temerario se ritenessi che è stata fatta per un cattivo scopo; se l'azione è cattiva in se stessa, ma non conosci l'intenzione di chi la fa, devi supporre buona l'intenzione; se ti risulta che l'azione e l'intenzione sono cattive, devi ancora supporre che il colpevole agisca per ignoranza; se non puoi ammettere l'ignoranza devi attenuare ammettendo la debolezza; infine, se sei sicuro che azione, intenzione e coscienza sono cattive, che non vi è ignoranza né debolezza, pur ritenendo il fratello colpevole, devi pregare per lui e non manifestare la sua colpa senza vera necessità.

ESEMPIO:

I soldati dell'imperatore Massimiano, mandati per arrestare sant'Antimo vescovo di Nicodemia, domandarono al vescovo stesso, senza conoscerlo, se sapesse dove si trovava Antimo. “Antimo sono io che vi parlo” rispose loro, e li accolse nella sua casa, facendoli sedere e ristorare. I soldati, colpiti dal comportamento di Antimo, non osarono arrestarlo e, prima di partire, proposero di dire all'imperatore di averlo cercato ma di non averlo trovato. A quelle parole, il vescovo intervenne dicendo: “Non permetterò che salviate la mia vita a prezzo di una bugia! Conducetemi dove volete, ma voglio piuttosto morire che consigliarvi la menzogna!”

Chi ha danneggiato il prossimo nel buon nome accusandolo falsamente o sparlandone, a cosa è obbligato? Chi ha danneggiato il prossimo nel buon nome accusandolo falsamente o sparlandone, deve riparare, per quanto può, il danno arrecato.

Chi ha fatto accuse false e dannose, deve ritirarle, dire chiaramente che ha calunniato e cercare di far giungere la sua smentita a tutti coloro che hanno creduto alla falsità. Se si è danneggiato il prossimo con mormorazioni, occorre sforzarsi per fargli guadagnare la stima mettendo in rilievo le buone qualità della persona danneggiata e darle segni di stima quando si presenta l'occasione in pubblico.

Ma chi può sapere fin dove è giunto il danno arrecato con le calunnie, le critiche, le mormorazioni? Il male di diffonde più facilmente, più presto e più largamente del bene! Pensiamo alla grossa responsabilità che ci addossiamo quando facciamo conoscere il male e i difetti del prossimo. Chi, potendo farlo, non ripara, non avrà perdono né salvezza.

ESEMPIO:

Un cavaliere spagnolo in una riunione di nobili e di dame, in cui si diceva un gran bene di una signora assente, quando gli altri ebbero finito incominciò a raccontare una serie di calunnie contro la dama lodata da tutti. In seguito, preso dal rimorso, si recò dal celebre teologo Alfonso de Castro e gli espose il suo caso e il suo rimorso. “Il vostro caso è irrimediabile; vi siete giocata la vostra sorte eterna!”. Il cavaliere se ne andò agitatissimo, visse in preda ad atroci rimorsi e infine si recò nuovamente da un teologo, dell'università di Salamanca: “Padre, datemi qualunque penitenza, ma liberatemi da queste pene!” e gli raccontò quanto gli era stato detto da Alfonso de Castro. Il teologo lo consolò, gli disse che Dio perdona qualsiasi peccato e chi è pentito, e che anche il suo poteva essere perdonato, purché fosse andato da tutte quelle persone che avevano sentito le sue calunnie e avesse detto loro che aveva mentito. Il cavaliere, a questa proposta, digrignò i denti e urlò: “No, questo non lo farò mai! Il mio onore, il mio grado non me lo permettono!”. “Ora capisco – ribatté il teologo – perché Alfonso de Castro vi disse quelle parole! Andatevene, la vostra ferita è insanabile, e vi siete giocato la vostra felicità eterna!”.


Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X