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Non nominare il nome di Dio invano

Che ci proibisce il secondo Comandamento? Il secondo Comandamento ci proibisce di disonorare il nome di Dio: perciò di nominarlo senza rispetto; di bestemmiare Dio, la Santissima Vergine, i Santi e le cose sante; di far giuramenti falsi, non necessari o in qualunque modo illeciti.

Per il nome di Dio non si intendono solo le lettere e le sillabe che lo compongono, ma il vocabolo che designa l'onnipotenza e la maestà di Dio uno e trino; il rispetto dunque non è dovuto solo al nome “Dio” ma anche ad ogni altro nome che ne indichi la natura e le persone divine (Creatore, Signore, Padre, Figlio, Spirito Santo, Amore, Verità, Via, Vita, ecc.) e che si riferisce a Gesù Cristo (Verbo Incarnato, Salvatore, Ostia, Maestro, ecc.).

Si può mancare di rispetto al nome di Dio per tre motivi:

1. per impazienza, come può succedere quando si esclama: “Mio Dio, come sei noioso!”.

2. per esprimere un forte sentimento di gioia, di dolore, di meraviglia: “Mio Dio, che bello!”, “Mio Dio, che giornata di sole!”. Il nome di Dio serve solo come semplice esclamazione, come rafforzativo.

3. per abitudine. Così come alcuni hanno l'abitudine di ripetere spesso mentre parlano certe espressioni, altri hanno l'uso biasimevole di adoperare il nome di Dio ad ogni frase: “Per Dio, vuoi che te lo dica? … Eh, Signore Gesù, tu bimbo mio vuoi sapere troppo! … Santo cielo, sai cos'è capitato?”.

In tutte queste espressioni manca il rispetto dovuto al nome divino, che è usato come un nome qualsiasi, come una parola senza senso. Ordinariamente il nominare Dio invano non eccede il peccato veniale.

RIFLETTO:

Hai forse l'abitudine di nominare il nome di Dio senza rispetto? O di usare frasi e parole della Scrittura per scherzo? Questa cattiva abitudine va corretta!

Che cos'è il giuramento? Il giuramento è chiamar Dio in testimonio di ciò che si afferma o che si promette; perciò chi giura il male e chi spergiura, offende sommamente Dio che è la Santità e la Verità.

Vi sono tre tipi di giuramento. Il giuramento è assertorio se Dio è chiamato semplicemente come testimonio della verità che si dice. Il giuramento è promissorio se Dio è chiamato come testimone della volontà di mantenere una promessa che si fa. Il giuramento è esecratorio quando Dio è chiamato come giudice perché punisca nel caso che si mentisca o non si mantenga la promessa.

Perché l'asserzione o la promessa sia vero giuramento, si richiede: che vi sia l'intenzione o la volontà di invocare Dio come testimonio; che si usino parole o segni (come mettere la mano sul Vangelo, sul Crocifisso, sull'altare) che indichino veramente che si invoca Dio come testimone. Le semplici espressioni “lo giuro, giuro che...” non sono veri giuramenti.

Perché il giuramento sia lecito, si richiede: che sia prudente, ossia richiesto dalla necessità o almeno da una grande utilità; che sia giusto (nel caso del giuramento promissorio), che cioè vi sia la volontà di mantenere la promessa giurata; che sia vero (per il giuramento assertorio), che cioè si chiami a testimonio Dio della verità che si asserisce, e che non si mentisca.

Chiunque nel giuramento assertorio dica la falsità, fa una gravissima offesa a Dio-Verità, perché si avvale del suo Nome per dire la menzogna. Chi nel giuramento promissiorio esprime la volontà di fare del male, offende sommamente Dio-Santità, perché tenta di farlo garante del male. Chi giura il falso, o di fare il male, o non ha la volontà di mantenere la promessa giurata, è uno spergiuro. Il falso giuramento e lo spergiuro sono sempre peccato grave, perché sono una grave irriverenza contro Dio. Quando invece si finge di giurare, ma internamente manca la volontà di chiamare Dio in testimonio, il giuramento è finto: in tal caso è una bugia, e come tale può essere peccato veniale o mortale a seconda delle circostanze.

RIFLETTO:

Un'ottima abitudine per non esporsi al pericolo di giurare il falso o di spergiurare, e così commettere peccato mortale, è non giurare mai se non in caso di estrema necessità, come può essere quando viene richiesto dall'autorità.

E' grande peccato la bestemmia? La bestemmia è grande peccato, perché ingiuria e scherno di Dio o dei suoi Santi, e spesso anche orribile eresia.

La bestemmia è una parola, un'espressione o anche un atto gravemente ingiurioso, in quanto significa disprezzo contro Dio o la Santissima Vergine o i Santi.

La bestemmia è semplice quando esprime disprezzo; imprecativa quando, oltre il disprezzo, augura il male a Dio. La bestemmia è ereticale quando attribuisce a Dio qualche difetto o colpa, quando nega qualche suo attributo o la sua esistenza. Sono colpevoli di questa orribile bestemmia coloro che negano l'esistenza di Dio, quelli che dicono che Dio è ingiusto o che non pensa a noi. Sono ancora colpevoli della medesima bestemmia quelli che attribuiscono al demonio qualità e poteri propri di Dio.

La bestemmia, pienamente avvertita e consentita, è sempre peccato mortale gravissimo, perché si oppone al massimo comandamento dell'amore di Dio, ed è direttamente contraria alla virtù della religione che impone l'obbligo di onorare Dio, che il bestemmiatore vorrebbe annientare.

La bestemmia semplice è peccato grave; più grave quella imprecativa, gravissima quella ereticale.

Che cosa ci ordina il secondo Comandamento? Il secondo Comandamento ci ordina di avere sempre riverenza per il nome santo di Dio, e di adempiere i voti e le promesse giurate.

Il secondo Comandamento direttamente proibisce ogni irriverenza al nome di Dio, e indirettamente ordina il bene opposto, cioè la riverenza al nome di Dio e, conseguentemente, la fedeltà ai voti e alle promesse giurate.

ESEMPIO:

S. Bernardino da Siena ogni volta che leggeva il nome di Gesù baciava devotamente la pagina.

Che cos'è il voto? Il voto è la promessa fatta a Dio di qualche bene a Lui gradito, al quale ci obblighiamo per religione.

Il voto è anche definito: “una libera promessa fatta a Dio di una cosa libera e migliore”.

Ciò che si promette a Dio con voto dev'essere possibile a farsi: come si potrebbe fare voto di convertire tutti gli uomini sulla terra? O di rinunciare al voto di castità per contrarre matrimonio? O di ferire qualcuno? Non si può fare voto di ciò che non è nelle nostre possibilità o di ciò che è meno buono, e meno che mai è valido il voto di fare del male, perché nessuno si può obbligare davanti a Dio di fare del male e offenderlo.

La virtù della religione esige che adempiamo i nostri doveri verso Dio: se dunque si volesse fare un voto, è bene sapere che si contrae un obbligo verso Dio che va onorato.

Ci sono diversi tipi di voto. Il voto si dice pubblico quando è ricevuto da un rappresentante della Chiesa, privato quando non è ricevuto da un delegato della Chiesa. Se obbliga per un periodo di tempo determinato, allora il voto è temporaneo; se invece obbliga per tutta la vita, il voto è perpetuo. Se solo la Santa Sede può dispensare dall'osservarlo, è riservato; se può essere dispensato anche da altre persone (sacerdote, vescovo, marito, genitore, ecc.) allora il voto non è riservato. Sono riservati i voti che si emettono negli istituti religiosi di diritto pontificio e il voto, anche se privato, di verginità perpetua.

L'obbligo del voto può cessare per i seguenti motivi: quando si è avuta la dispensa legittima, quando diventa impossibile (per esempio, se si era fatto voto di donare una considerevole somma di denaro alla Chiesa ma poi si è caduti in miseria), quando diventa illecito o viene a mancare il motivo del voto (per esempio, se si era promesso di non attraversare una certa strada che si affacciava su un luogo scandaloso, ma poi tale luogo viene chiuso), quando sopraggiungono tali mutamenti che, se li avessi previsti, non avresti fatto il voto. Il voto cessa anche quando viene annullato da chi ne ha il potere.


Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X