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Il modernista riformatore

In ultima analisi, dopo aver esposto il modernista come storico, critico e apologeta, concludiamo con il modernista riformatore. Risulta evidente, dopo tutto ciò che è emerso nelle precedenti catechesi, come il modernista abbia una naturale smania di riformare, e in particolar modo di riformare tutto ciò che riguarda la religione cattolica.

La prima riforma necessaria per i modernisti riguarda la filosofia, in particolare quella studiata nei seminari. E' inutile, sostengono, studiare la filosofia scolastica partendo dagli antichi sistemi filosofici: essi ormai sono sorpassati, e non riguardano la vera filosofia. Al contrario, è bene studiare la filosofia moderna, l'unica vera filosofia e che riflette la nostra età sociale.

Dopodiché, i modernisti puntano alla riforma della teologia. Ovviamente, la teologia che si dovrà studiare dovrà avere come fondamento la filosofia moderna, e dovrà basarsi sulla storia dei dogmi (intendendo come “storia” la loro scrematura di fatti e avvenimenti che riguardano la fede). La storia dei dogmi dovrà studiare l'evoluzione degli stessi accordandoli con la scienza e la storia dei modernisti.

Per quanto riguarda il catechismo, i modernisti pretendono di divulgare libri dove siano inseriti esclusivamente i dogmi che sono stati riformati e che sono comprensibili per il popolo.

Circa il culto sacro, la riforma prevede la quasi nullità delle devozioni esteriori e il divieto di farne nascere delle altre. Tuttavia, alcuni modernisti sono più indulgenti rispetto agli atti di culto favorevoli al simbolismo.

Il governo della Chiesa: i modernisti pretendono che venga riformato sotto ogni aspetto, specialmente quello disciplinare e dogmatico. Dicono che esso si debba accordare col senso comune del popolo che attualmente predilige la democrazia; in sostanza, anche al clero inferiore e persino ai laici si dovrebbe concedere un posto sicuro nel governo della Chiesa, distribuendo così l'autorità ("troppo concentrata al vertice") ad ogni membro di essa.

I modernisti vogliono anche cambiare le Congregazioni romane, a cominciare dal Sant'Uffizio e dall'Indice.

Inoltre, esigono la totale rottura tra il governo dello Stato e della Chiesa: i modernisti vogliono che gli ecclesiastici siano estranei al campo politico della società, e si mantengano come riferimento esclusivamente spirituale per i fedeli.

In fatto di morale, i modernisti sono ovviamente favorevoli alla teoria americanista, dove sono preferibili le virtù volte al bene materiale della società, e dove vengono dimenticate le virtù soprannaturali, soppiantate da quelle naturali; le virtù attive devono preferirsi alle passive.

I modernisti chiedono al clero di attenersi a due antiche virtù: l'umiltà e la povertà. Allo stesso tempo, il clero deve essere d'accordo con i princìpi della società modernista, e li deve mettere in pratica. Ovviamente, tra i modernisti c'è già il desiderio di abolire il sacro celibato sacerdotale.

Insomma, alla fine la vera domanda è: che cosa rimane di cattolico dopo aver attuato le suddette riforme moderniste?


Veronica Tribbia - dal Catechismo sul modernismo secondo l’enciclica “Pascendi” di papa S. Pio X - Editrice Ichthys