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S. Agnese, vergine e martire

Aforisma

Guardate bene di non piangermi come morta, ma gioite con me e congratulatevi, perché con queste mie compagne sono giunta al possesso delle sedi celesti; lassù io vivo unita a Colui che in terra amai con tutto il cuore.

La vita

Non è possibile spiegare adeguatamente la santità di Agnese, la quale superò la sua età, vinse il Tiranno e consacrò la sua castità col martirio: è superfluo tesserne gli elogi, con i quali viene lodata dalla Chiesa e dai santi Padri, perché tutta la sua persona è pura, casta e immacolata. Questa piccola “agnella” di Dio, questa candida colomba incontrò la morte a soli tredici anni, e ritrovò la vita perché amò soltanto l'Autore della vita. Sebbene fosse appena una fanciulla, la sua anima era già matura e profondamente sapiente; Agnese era davvero graziosa in volto ma ancor più bella per le preziose virtù che la adornavano.

Ella era Romana, e i suoi genitori cristiani le insegnarono sin dalla tenera età ad amare dolcemente Gesù, ad essere devota alla Santissima Vergine Maria, ad avere il santo desiderio di credere in Cristo anche a costo della vita, a bramare il Paradiso più di qualsiasi altra cosa e tante altre ottime devozioni, che la grazia del Divino Spirito coltivò nella bella anima di Agnese, facendo fiorire le più belle virtù.

Un giorno, la bella fanciulla stava tornando a casa dopo essere stata a lezione, quando il giovane Procopio, figlio del prefetto della città, la vide e se ne invaghì. Cominciò dunque a nutrire il desiderio di sposarla, e iniziò a spedirle regali di nozze, facendo intendere alla fanciulla il suo interesse per lei; Agnese, con risolutezza, non rispose mai a quei doni, anzi Procopio capì che ogni fatica per procurarle i più begli oggetti era sprecata. Allora, il giovane decise di incontrare Agnese di persona e con le lusinghe, con le preghiere e anche con le minacce cercò in ogni modo di convincere la giovane e bella fanciulla ad accettare le sue voglie, invece ella gli rispose: Allontanatevi da me, stimolo di peccato, tentatore importuno, ministro delle tenebre; cessate ormai di aspirare alle nozze di una fanciulla, di già promessa ad uno sposo immortale, unico Signore dell'universo, che solo sopra le persone vergini sparge i suoi benefici maggiori. A Lui ho data la mia fede, ed Egli mi promise d'essere mio sposo. No, non mi è lecito ora disprezzare questo Amante, per invaghirmi d'altri a Lui inferiori: io sono tutta sua, ed Egli è tutto mio.

Ad una così risoluta e chiara risposta, Procopio si gettò nella disperazione. Agitato dalla colpevole passione non potè più dormire, non volle più mangiare, si ammalò per amore. Il padre se ne accorse e, una volta intesa la ragione del folle atteggiamento del figlio, decise di impiegare tutta la sua autorità per ottenere l'approvazione dei genitori e il consenso di Agnese. Fece pertanto chiamare la fanciulla, e comparsa alla sua presenza, dopo aver usate con lei tutte le maniere gentili e convenienti alle qualità e al merito della vergine, le parlò in questo modo: Voi ben sapete il motivo che mi obbligò a chiamarvi alla mia presenza. Il mio figlio desidera con ogni ardore di sposarvi, attesa la vostra nobiltà e le vostre non ordinarie doti, io di buon grado vi acconsento, né penso che possiate aspirare a partito migliore, né che mi vogliate esser nemica voi medesima rifiutandovi.

Agnese, con il suo contegno verginale, con un candore e una modestia che brillavano in volto, fece intendere al prefetto che ella considerava onorevole l'offerta di poter contrarre nozze con il figlio, ma che la sua fedeltà già data ad un altro Sposo più nobile e potente non le permetteva di acconsentire, che le ricchezze del suo futuro Sposo non erano di questo mondo e che la verginità da lei posseduta non era la sola dote che Egli cercava.

Un tale linguaggio non fu compreso dal prefetto, cieco idolatra, perciò ci fu chi dovette spiegargli l'enigma: Agnese era cristiana, e lo Sposo di cui ella parlava era senza dubbio il suo Dio.

Allora il prefetto, cambiando tono e maniera di esprimersi, disse: Vedo bene, o figlia, quanto siete dominata da frivole idee, e ingannata dai prestigi della vostra religione: non vi rendete cieca così giovane! I nostri dèi saranno d'ora in poi l'oggetto del vostro culto, e la sorte che incontrerete vi porterà ad essere una delle prime dame del mondo. Per altro, io vi concedo ventiquattro ore a decidervi per una di queste due sorti: o acconsentire alle nozze di mio figlio, che tanto vi ama, o sospirare nell'infamia, e nei più crudeli tormenti. Ma Agnese rispose immediatamente: Non ho bisogno, o signore, di un intervallo così lungo per decidere, il mio partito è già preso: vi manifesto che non avrò mai altro sposo all'infuori di Gesù Cristo, né mai adorerò altro dio se non il solo Creatore del cielo e della terra. Come osate voi proporre ad una creatura ragionevole di adorare degli dèi di stucco, di legno, di marmo o di bronzo? Nè crediate di spaventarmi con la minaccia dei vostri tormenti, che io non me ne preoccupo, non li temo, anzi spero colla grazia del mio Gesù di poter tutto soffrire, e di dare il sangue per amore suo.

Il prefetto rimase stupito da una risposta così franca e risoluta, e riavutosi dalla meraviglia, ripensò che, siccome la fanciulla amava così tanto la castità, l'avrebbe sicuramente intimorita con la minaccia di prostituirla pubblicamente, così replicò: Scegliete, o figlia mia, o di sacrificare con le altre vergini alla dea Vesta, o di essere disonorata in un luogo infame come pubblica meretrice prima di spirare nei tormenti. Ma la Santa rispose: Fate pure ciò che vi aggrada, la mia confidenza è tutta nel mio Signore Gesù Cristo, Egli è assai potente per difendere contro qualunque assalto la mia purezza, di cui Egli ne è geloso Custode. I vostri dèi infami sono quelli che vi ispirano simili attentati, ma sappiate che il Dio a cui servo saprà ben liberarmi dai vostri empi disegni.

Impazzito nel vedersi insultato da una fanciulla, il prefetto Sinfronio comandò che fosse spogliata nuda e condotta al luogo infame sotto la voce di un bandito, il quale gridasse: Agnese vergine sacrilega bestemmiatrice degli dèi viene data in balìa di ognuno qual meretrice. Appena fu spogliata dalle sue vesti, all'intatta Vergine crebbero in quell'istante così lunghi e così folti i capelli del suo capo, che il suo corpo comparve assai meglio coperto di quello che fosse colle sue vesti. Giunta al luogo dell'infame bordello ecco che trovò già preparato l'angelo del Signore, che la circondò di una tale splendente luce che nessuno osò toccarla, né potè più vederla. Ognuno la venerò, l'adorò, e nell'immenso splendore riconobbe qualcosa di celeste, e divino.

Intanto Procopio con altri suoi coetanei, per prendersi gioco di Agnese e per insultarla, entrarono nell'immondo ricetto, ma gli amici, abbagliati alla vita di quel sole terreno, ne uscirono subito; Procopio, sgridandoli e apostrofandoli come vili e codardi, volle nonostante la luce accostarsi alla Vergine, che stava in preghiera; ma non giunse a toccarla con un dito che cadde a terra, e strangolato dal diavolo spirò. Uno dei compagni, stanco di attenderlo, rientrò nel luogo infame da dove era prima scappato, per chiamare Procopio, invece lo vide a terra, tutto nero in volto, e morto! Allora uscì subito fuori, sparse la voce e gridò: Romani, accorrete! Costei con le sue magie uccise il figlio del prefetto!

Accorse un'immensa turba di popolo. I sacerdoti gridarono: Muoia la maga, muoia la strega, si uccida la sacrilega! E tutti urlarono e si dibatterono, finché accorse anche Sinfronio, per accertarsi del fatto, ed alla vista del figlio morto urlò: Crudelissima fra tutte le femmine, anche contro il mio innocente figlio hai voluto usare i tuoi prestigi! Ma la Santa rispose: No, non è così come pensi, o signore: guarda quanti altri sono entrati qui, eppure sono vivi e sani, perché riconobbero il loro dovere, e adorarono l'angelo del Signore, che alla mia custodia vegliava: ma il tuo figlio troppo ardito voleva con enorme sfacciataggine approssimarsi, laonde si comperò una tale morte.

Se ciò è vero, replicò il prefetto, prega dunque il tuo angelo che me lo ridoni alla vita. Ma la Vergine rispose: E' vero che la vostra fede non merita tali grazie dal mio Signore; tuttavia, per farvi vedere quale sia la virtù del mio Signore Gesù Cristo, uscite fuori, perché possa offrirGli la mia solita preghiera. Uscirono tutti, e Agnese con le lacrime agli occhi, prostratasi in adorazione, pregò il Signore suo Sposo di voler risuscitare il morto. Ed ecco di nuovo l'angelo di Dio, il quale consolando la Vergine la sollevò dall'orazione, e nello stesso tempo fece risorgere il defunto Procopio, il quale uscendo fuori cominciò a gridare: Un solo Dio vi è in cielo, e in terra, e in mare: Questi è il Dio dei cristiani! I nostri dèi sono falsi, né possono prestare aiuto né a sé, né agli altri!

Un miracolo così evidente doveva vincere i cuori più ostinati, eppure nonostante il prodigio saltarono fuori i sacerdoti del tempio, e istigarono la folla affinché gridasse: Al fuoco! Al fuoco la maga, l'incantatrice! Il prefetto, nonostante fosse incline a difendere la fanciulla che gli aveva restituito il figlio morto e che aveva compreso essere innocente, per timore di qualche ribellione popolare decise di ritirarsi e di rimettere il giudizio ad Aspasio, suo luogotenente: quest'ultimo, per aderire alla richiesta del popolo e per evitare rivolte, pronunciò la sentenza di morte contro la Santa, condannandola al rogo. Si erse la catasta, si aspettò che il fuoco fosse ben vivo mentre tutto il popolo si spazientiva per vedere ridotta in cenere la Santa vittima; infine, la presero i carnefici e la gettarono sul fuoco, ma... le fiamme si divisero in due! E l'una e l'altra fiamma, dilatandosi in turbini dall'una e dall'altra parte ridussero in cenere molti di quelli che stavano ad assistere al martirio. Si alzarono di nuovo le grida contro l'innocente, si attribuì tutto alla magia, al sortilegio, e gridarono di volerla morta. Aspasio, temendo la folla, ordinò ad uno dei carnefici di svenarla sopra il rogo. Tremante, si avvicinò il boia alla Vergine per paura di qualche sventura, ma Agnese, conoscendo esser giunto il fine dei suoi giorni, gli fece coraggio perché eseguisse il comando: Affrettatevi e distruggere questo corpo, che solo ha posseduto sempre il suo Signore; non temete di darmi la morte, perché comincerò così più presto l'eterna vita. E alzati amorosamente gli occhi al cielo, disse a voce alta: Ricevete, o mio Dio, un'anima che tanto vi ha costato, e ci è sì cara. Mentre così parlava, le si accostò il carnefice e le immerse la spada nella gola, e nel punto stesso spirò l'amabilissima vergine Agnese, la quale imporporata col proprio vermiglio sangue, come sposa e come martire volò in seno al suo Diletto.

I suoi genitori, per la viva fede di cui vivevano, furono i primi a prendere il corpo della Vergine e lo seppellirono vicino alla strada Numentana, in un luogo da loro posseduto.

Tutti i cristiani concorsero ben presto al luogo della sua sepoltura per venerare quelle sacre reliquie, e per raccomandarsi alla protezione della martire. Ma, veduto l'accorrere di così tanti cristiani, i pagani iniziarono a scacciarli; la maggior parte dei fedeli fuggì, solo la vergine Emerenziana, la quale era stata nutrita col medesimo latte della Santa, rimproverò i pagani: O voi miseri e meschini, che uccidete coloro che adorano il Dio onnipotente, e per difendere pietre e bronzi svenate gli uomini, venite, sì, venite! Ma non potè ella proseguire, perché coi sassi alla mano gli infedeli le diedero la corona del martirio. In quell'ora medesima fu scossa da un potentissimo terremoto tutta la città, e nonostante il cielo fosse sereno, iniziarono ad esserci una tale quantità di folgori nell'aria che moltissimi del popolo caddero vittime del furore celeste. Venuta la notte, vennero i parenti della vergine Emerenziana assieme coi sacerdoti, e trasportarono il suo corpo vicino a quello della Santa Agnese.

Vegliavano spesso di notte al sepolcro di Agnese i suoi parenti, prolungando le loro orazioni, quando una notte videro un coro di caste vergini, e fra di esse Agnese, la quale disse rivolta ai suoi: Guardate bene di non piangermi come morta, ma gioite con me e congratulatevi, perché con queste mie compagne sono giunta al possesso delle sedi celesti; lassù io vivo unita a Colui che in terra amai con tutto il cuore. E detto ciò, scomparve.

Per queste e per altre apparizioni, e principalmente per i frequenti miracoli che accadevano al sepolcro della Santa, si portò fra gli altri Costanza figlia di Costantino Augusto, la quale senza speranza di rimedio umano viveva tutta ricoperta di ulcere da capo a piedi. Pregava ella con tutta la confidenza del cuor suo la gloriosa Vergine ad ottenerle la salute, quando sorpresa da un dolce suono vide Agnese, e la sentì parlare così: Costanza, opera pure costantemente, e credi che Gesù Cristo figlio di Dio sia il tuo Salvatore, perciò in questo punto sarai libera e monda dalle piaghe che ti ricoprono. Si svegliò Costanza e con estrema sua meraviglia si vide sana, e non apparve alcun segno del suo precedente malanno.

Tutta la corte imperiale si mise in festa, gioirono tutti i fedeli, e si confusero i pagani, per il qual benefizio ottenne dall'Augusto genitore di fabbricare un sontuoso tempio alla vergine e martire S. Agnese, alla cui protezione chiunque ricorra ottiene per i meriti della Santa le grazie desiderate.

Riflessioni

Preghiamo il Signore che le vergini del nostro secolo nutrano la devozione di questa Santa, e se la prendano come protettrice, affinché divenute imitatrici di lei nel custodire con ogni cautela la propria verginità, possano sperare un giorno di conseguire l'eterna palma.

Intanto riflettiamo seriamente a quanto operarono nella Santa Vergine la sua fede, la religione, la grazia per adornarla della corona del martirio; e nel tempo stesso ricerchiamo se la stessa fede, la stessa religione e grazia operano in noi gli stessi prodigi.

Dio cerca, domanda e vuole da noi molte coste, ma quante e quante ricusiamo di fare, non abbiamo il coraggio di sacrificargli la minore delle nostre passioni! Eppure, quale sacrificio più grande di quello che fece Dio per noi, che si sacrificò per la nostra eterna salvezza? Si preferisce un umano aspetto, un vile interesse, un sordido piacere alla salute, al paradiso, a Dio stesso. Santa Agnese fu sì generosa per amore di Cristo, e noi saremo sì codardi, ristretti, e meschini verso lo stesso Cristo? Conviene dire che nella nostra pelle non aleggia nemmeno una scintilla di amore per Lui, se così tiepidi e freddi, se ci dimostriamo così renitenti a sacrificargli un picciolo nostro piacere. Che vergogna sarà la nostra un giorno, quando saremo conosciuti in faccia a un mondo intero per cosi vili e ingrati al nostro buon Dio!


Veronica Tribbia