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La responsabilità dei vescovi

 

Che ruolo hanno i vescovi nell'attuale crisi della Chiesa?

La crisi della Chiesa è una crisi dei vescovi” ha detto il cardinale Seper. Su quattromila vescovi della Chiesa cattolica, ce ne sono certamente che intendono essere cattolici e servire la vera fede, ma oggi purtroppo non costituiscono la maggioranza. Attualmente gran parte dei vescovi – la realtà è sotto gli occhi di tutti – non sanzionano sacerdoti e professori di seminario che professano idee apertamente contrarie alla fede cattolica, e in non pochi casi sono i vescovi stessi a sostenere posizioni eterodosse in materia di fede o di morale.

 

Almeno il Papa non è estraneo a questa crisi della fede?

Purtroppo una delle caratteristiche della crisi attuale nella Chiesa è che diversi papi hanno contribuito alla sua diffusione, e questo specialmente sostenendo dei teologi modernisti, difendendo essi stessi delle opinioni o compiendo delle azioni inconciliabili con la dottrina cattolica tradizionale, e ponendo degli ostacoli a chi invece cercava di opporsi alla crisi.

 

Papa Giovanni XXIII ha una parte di responsabilità nella crisi attuale?

Giovanni XXIII (1958 – 1963) ha dato alla crisi, che già covava da diversi anni, l'occasione di manifestarsi in modo conclamato, convocando il Concilio Vaticano II. l'”aggiornamento” divenne la parola d'ordine di un sovvertimento senza limiti caratterizzato dall'introduzione dello “spirito del mondo” nella Chiesa.

 

Si può davvero rimproverare a Giovanni XXIII come una colpa la convocazione del Vaticano II?

Il problema non è la convocazione del Concilio in sé – il Concilio avrebbe potuto anche, se ben diretto, condurre ad un rinvigorimento della dottrina tradizionale – ma lo scopo e lo spirito con cui Giovanni XXIII lo ha convocato. Nel discorso di apertura del Concilio, dopo aver ricordato che la Chiesa non ha mai trascurato di condannare gli errori, disse: “Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando […]”. Il Papa diceva anche di opporsi ai “profeti di sventura” e pensava che gli errori sarebbero scomparsi da sé, “come nebbia dissipata dal sole”.

 

Cosa c'è di male in queste dichiarazioni?

L'idea che l'errore possa scomparire da sé, senza che si faccia nulla per reprimerlo, contrasta con la condizione della natura umana, decaduta dopo il peccato originale, e con l'esperienza stessa, come ognuno può costatare, nella società civile come nella Chiesa. Inoltre è scorretto contrapporre la misericordia e la condanna dell'errore: la condanna dell'errore, infatti, se rettamente intesa e praticata in un'ottica medicinale tesa a ricondurre gli erranti sulla retta via e preservare gli altri dalle deviazioni, è un'opera di misericordia. I fatti stessi, infine, dimostrano che dopo il Concilio gli errori non solo sono scomparsi ma si sono moltiplicati e diffusi in modo capillare.

 

Quale fu l'atteggiamento di Paolo VI, successore di Giovanni XXIII?

Paolo VI (1963 – 1978) che continuò il Concilio dopo la morte di Giovanni XXIII, sostenne nettamente i liberali. Nominò quattro cardinali – Dopfner, Suenens, Lercaro e Agagianian – moderatori del Concilio. I primi tre erano di tendenza notoriamente liberale, il quarto aveva un orientamento più conservatore ma era una personalità poco incisiva.

 

Paolo VI non si oppose, durante il Concilio, ai vescovi liberali?

Paolo VI talvolta ha frenato i liberali estremisti, ma generalmente ha favorito i liberali moderati. Il 7 dicembre 1965 riassumeva così ciò che era avvenuto nel Concilio: “La religione del Dio che si è fatto Uomo si è incontrata con la religione (perché tale è) dell'uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere, ma non è avvenuto [...]”.

 

Cosa c'è di male in questa dichiarazione?

La si paragoni con ciò che San Pio X diceva nella sua prima enciclica [E supremis apostolatus]: “Occorre che con ogni mezzo e fatica facciamo sparire radicalmente l'enorme e detestabile scelleratezza, tutta proprietà del nostro tempo, la sostituzione cioè dell'uomo a Dio”.

 

Da dove proviene l'idea di essere “cultori dell'uomo”?

La massoneria, che ha tra i suoi scopi la distruzione della Chiesa cattolica, ha sempre preconizzato il culto dell'uomo. Le parole di Paolo VI a chiusura del Vaticano II hanno favorito l'introduzione di questa ideologia nella Chiesa.

 

Come possiamo conoscere i piani fatti dalla massoneria contro la Chiesa?

I piani della massoneria sono conosciuti grazie a diverse fonti, e in particolare alla scoperta della corrispondenza tra i capi dell'Alta Vendita Italiana che finì tra le mani della polizia dello Stato Pontificio nel 1948 e di cui Papa Gregorio XVI ordinò la pubblicazione.

 

Cosa proponevano questi piani massonici?

La corrispondenza tra i capi dell'Alta Vendita sequestrata e pubblicata, mostra che i massoni erano pronti a tutto affinché un giorno sul trono di Pietro potesse salire quello che definivano “un Papa secondo i nostri bisogni”. E spiegavano: “Questo Pontefice, come la maggior parte dei suoi contemporanei, sarà più o meno imbevuto dei princìpi umanitari che incominceremo a mettere in circolazione [...]”.

 

Paolo VI ha altre responsabilità nella crisi attuale?

Paolo VI è anche il Papa che ha introdotto il nuovo rito della messa. È inoltre sotto il suo pontificato che è iniziata la persecuzione dei sacerdoti che volevano restare fedeli alla Tradizione e si opponevano alla crisi e all'apostasia generale.

 

Giovanni Paolo II non ha cercato di raddrizzare la situazione?

Provvisto di un temperamento più forte di Paolo VI, Giovanni Paolo II (1987 – 2005) è stato effettivamente più fermo su alcuni punti. Ma sotto altri aspetti ha perseguito in m odo ancora più deciso la via delle innovazioni, dicendo e facendo delle cose che fino al Vaticano II probabilmente sarebbero state qualificate come sospette di eresia.

 

Per esempio?

La cooperazione prestata a dei riti idolatrici. […] Il culmine di questo processo ecumenico è stato raggiunto con la celebre riunione di Assisi del 27 ottobre 1986. Il Papa invitò tutte le religioni del mondo a venire a pregare per la pace ad Assisi, ciascuno secondo il proprio rito. Le chiese cattoliche della città furono messe a loro disposizione per la celebrazione dei loro riti; nella chiesa di San Pietro fu fatta persino troneggiare una statua di Budda sul tabernacolo.

 

Non è una cosa buona promuovere la pace e far pregare per questa intenzione?

Pregare per la pace è una cosa molto lodevole, ma i culti idolatrici e superstiziosi utilizzati dai membri di ciascun gruppo religioso – invitati dal Papa! - per quell'intenzione, recano una grave offesa all'onore di Dio. E una buona intenzione non può mai permettere di commettere o di incoraggiare degli atti intrinsecamente cattivi. […] Giovanni Paolo II il 14 maggio 1999 ha anche pubblicamente baciato il Corano.

 

Papa Benedetto XVI non ha avviato un ritorno alla Tradizione?

Benedetto XVI è stato senza dubbio più favorevole alla Tradizione rispetto a Giovanni Paolo II. Ha dato ad esempio maggiore libertà alla liturgia tradizionale con il suo motu proprio del 7 luglio 2007, nonostante l'opposizione di numerosi vescovi. Ma se ha manifestato di avere una certa sensibilità tradizionale, bisogna comunque tener presente che ha ricevuto una formazione intellettuale modernista. Nei libri di teologia che ha scritto da giovane si trovano numerose affermazioni che lo mostrano. Nel corso dei decenni ha cambiato idea su alcuni punti, evolvendo in senso conservatore, ma l'impianto teologico di fondo è rimasto lo stesso. Inoltre il suo pontificato è stato caratterizzato dallo sforzo di “salvare” il Concilio Vaticano II, collocandolo nella continuità della Tradizione, rispetto alla quale non rappresenterebbe una rottura; ma questa interpretazione non regge all'analisi dei testi e dei fatti.

 

Ma allora tutto questo significa che i papi postconciliari sono eretici?

“Eretico”, nel senso stretto del termine, è colui che nega espressamente un dogma di fede nella consapevolezza che tale dogma è insegnato come tale dal magistero della Chiesa. Certamente alcune espressioni dei papi conciliari suonano come eretiche, e molti dei loro atti, come la partecipazione a riti acattolici, sono fortemente sospetti di eresia. Tuttavia è impossibile formulare un giudizio sulla loro persona a partire da questi atti, non essendoci nessuna persona competente a giudicare il Sommo Pontefice. Si può comunque come minimo affermare che, avendo essi detto e fatto cose che hanno nuociuto gravemente alla Chiesa e alla fede, e avendo perfino favorito certi eretici con il loro operato, possono essere definiti cattolici “liberali”, cioè questi cattolici che soffrono del fatto che la dottrina cattolica non piace al mondo e perciò cercano di adattarla alle sue esigenze, presentandola in modo ambiguo.

 

Qual è l'insegnamento della Chiesa a proposito dei cattolici liberali?

Dei cattolici liberali Pio IX diceva: “Quelli che agiscono in questo modo sono assolutamente più pericolosi e funesti dei nemici dichiarati (…), ancor più perché adottando una certa disciplina essi si mostrano con qualche apparenza di probità e di sana dottrina, che rendono allucinati amici imprudenti della conciliazione [con il mondo] e seducono le persone onorabili che avrebbero combattuto l'errore manifesto”.

 

Don Matthias Gaudron (Catechismo della crisi nella Chiesa)