La purezza di cuore

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Cari fedeli, amici e benefattori,nelle circostanze storiche che viviamo, Dio ha chiamato la Fraternità Sacerdotale San Pio X a una battaglia specialissima per la fede. Abbiamo il dovere di custodirla, di professarla, di amarla e di trasmetterla. Dobbiamo ben cogliere le ragioni profonde di questa lotta, le sue esigenze, ciò a cui deve portarci, per poterne trarre tutte le conseguenze per le nostre anime.

La fede, pietra angolare intangibile

La fede è, qui sulla terra, l’anticipazione della visione di Dio che avremo nell’eternità, e alla quale essa lascerà il posto. E la conoscenza soprannaturale di Dio e di tutto ciò che lo riguarda, senza possibilità di errore. Per questa ragione è un tutto integrale che riceviamo dalla bontà di Dio, che ci comunica la conoscenza che ha di sé. In tale prospettiva, si capisce bene che la fede è per eccellenza l’espressione della verità: la verità soprannaturale donata alle anime senza la minima possibilità di errore.E ben diversa dall’opinione o valutazione personale di qualcuno che scegliesse la propria “verità” in luogo di un’altra, secondo il proprio giudizio o la propria esperienza; una tale verità corrisponde piuttosto alla “fede” di uno spirito liberale, svuotata di ogni elemento soprannaturale e ridotta al livello di un’opzione politica e quindi discutibile. La fede è una conoscenza di un altro ordine, essenzialmente soprannaturale, nella quale abbiamo la garanzia assoluta di non sbagliarci, dato che il minimo errore sarebbe incompatibile con la verità divina. In effetti, una verità che contenesse in sé foss’anche una sola sfumatura di errore, cesserebbe semplicemente di essere divina e di essere la verità. Per esempio, un Cristo che fosse al tempo stesso vero Dio e vero Uomo, Re e Profeta, ma senza essere Redentore, non sarebbe il vero Cristo della nostra fede. Non sarebbe nemmeno un “Cristo diminuito” che nemmeno può esistere ma sarebbe semplicemente tutt’altro. Un solo errore corrompe irrimediabilmente tutto l’edificio della fede e del dogma, così come qualche goccia di veleno basta a rendere una gran quantità d’acqua inadatta al consumo.

La battaglia della fede, nella Chiesa e nella Fraternità

Questa premessa è indispensabile per capire bene perché, durante tutta la sua storia, la Chiesa ha avuto come prima preoccupazione la difesa della fede, a costo di disputare, condannare, soffrire la persecuzione, pur di difendere l’una o l’altra espressione del dogma. La minima concessione in tale materia avrebbe significato il tradimento di Nostro Signore, della propria missione e delle anime.In effetti, l’uomo è fatto per conoscere Dio e, in particolare, per conoscerlo attraverso Nostro Signore Gesù Cristo: «Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unico che è nel seno del Padre, lui ce lo ha rivelato» (Giov 1, 18). Senza questa conoscenza, che solo la fede ci dona, è impossibile piacere a Dio ed andare a Lui. E impossibile conoscerlo e, in conseguenza, contemplarlo, trovarvi la propria felicità, amarlo e servirlo, perché non si può dare il proprio cuore né consacrare la propria volontà a uno sconosciuto. Preservare la fede è letteralmente una questione di vita o di morte. La vita spirituale quaggiù è impossibile senza l’adesione di tutta la nostra intelligenza alla verità divina nella sua integralità. Questo possesso di Nostro Signore stesso, Verità incarnata e resa conoscibile dalla fede, è la condizione e la causa prima della vita cristiana, inizio della vita eterna.Non possiamo mai dimenticarlo: quando la Fraternità in quanto tale, o ciascuno di noi nella propria quotidianità, è chiamato a professare la fede e a difenderla pubblicamente, non sta mettendo in avanti un’opzione personale o una sfumatura che ci sembra più appropriata. Si tratta semplicemente di una confessione assolutamente necessaria per permettere alle anime di conoscere Nostro Signore così come è, e di costruire tutta la loro esistenza, nel tempo e nell’eternità, intorno a questa medesima conoscenza e in conformità con essa. Questa vita cristiana è divenuta molto rara oggi, perché la fede stessa, che sola la rende possibile, sta sparendo.Ma che cosa dobbiamo fare perché questa vita, propria al «giusto che vive della fede», porti in noi tutti i suoi frutti? Che dobbiamo fare per non limitarci a un’adesione puramente formale alla fede, ma per trovare la nostra felicità nel possesso della verità? Dobbiamo lasciare che la fede produca in noi il suo effetto proprio, cioè la purificazione del cuore: così sarà distrutto ogni ostacolo alla perfetta adesione della nostra anima a Nostro Signore, Verità ricercata dall’intelligenza e Bene supremo ricercato dal cuore.

La fede autentica purifica il cuore

La fede che non è superficiale o morta trasforma un’anima nel profondo, innanzitutto producendo in essa la purezza. Ciò è logico e facile da comprendere, perché colui che vive della fede modella la propria vita in conformità a un ideale superiore: in conseguenza, si allontana da tutto ciò che è inferiore e che potrebbe essere un ostacolo alla sua trasformazione. In altri termini, la fede autentica, accompagnata dalla carità, attira un’anima verso l’alto, e al tempo stesso la allontana da quanto è terrestre o mondano. La allontana da ogni impurità.Prendiamo un esempio caro a san Tommaso: un metallo diventa impuro se è in lega con un altro metallo meno nobile. L’argento non è reso impuro se è in lega con l’oro, che ne aumenta il valore; ma se è in lega con il piombo. Così è per l’anima, che è più degna di tutte le creature temporali e corporali: è resa impura se si sottomette ad esse con un amore o un attaccamento disordinato. Invece è purificata da questa impurità dal movimento opposto, cioè quando tende a qualcosa che sta al di sopra di sé, a Dio. E chiaro che questo movimento dipende dalla fede che sola lo rende possibile: per potersi avvicinare a Dio, occorre conoscerlo, e per poterlo conoscere occorre credere in Lui. Ecco perché il primo principio della purificazione del cuore è la fede. E se questa fede trova la sua perfezione nella carità autentica, essa causa una perfetta purificazione.In effetti, la fede esclude innanzitutto l’impurità che gli è immediatamente contraria: l’impurità dell’errore nell’intelligenza. Ma se la si lascia agire, se si lascia che trasformi l’anima in profondità, finisce per distruggere ogni impurità morale, ogni ostacolo all’unione perfetta tra l’anima e Nostro Signore. Questo significa che dopo l’intelligenza, la fede rende puro anche il cuore, e quindi lo rende libero. Ecco il pieno significato dell’espressione: «il giusto vive della fede».

L’anima pura irradia la sua fede e le rende testimonianza

«Se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso» (Mt 6, 22). Ecco come Nostro Signore esprimeva e insegnava questa verità fondamentale. In altri termini, la prima professione di fede che Egli attende da ogni anima è quella di una vita luminosa, che sia il riflesso visibile di ciò che l’occhio dell’intelligenza contempla nella fede. Da questo principio la vita di un’anima trae tutto il proprio valore, e diventa profondamente apostolica, capace di trascinare gli altri. Perché questa luce non può restare nascosta. E più il mondo sprofonda nelle tenebre del peccato, più tale luce brilla.Quando un’anima vive profondamente unita a Nostro Signore, quando ogni suo comportamento è ispirato dal desiderio di piacergli e di conformarsi a Lui, di riprodurre in sé le sue virtù, di compiere tutto per suo amore, allora la vita di quell’anima risplende a tal punto che è veramente luce per il mondo. Ecco perché in ogni tempo, ma soprattutto oggi, il mondo non può restare insensibile alla testimonianza della purezza: sia che ne venga profondamente edificato, sia che si infuri per l’implicito rimprovero che ne riceve. Tale testimonianza, come ogni espressione della verità, divide.

La fede senza la purezza del cuore è in pericolo

Non perdiamo mai di vista questo stretto legame che esiste tra la fede e la purezza: non si può conoscere veramente Dio senza essere purificati da tale conoscenza; allo stesso tempo, non si può pretendere di conoscerlo senza la purezza. Vi è come una duplice purezza, o piuttosto la purezza gioca un duplice ruolo nella vita spirituale e nella vita di fede: da un lato, la purezza del cuore è l’effetto della fede; allo stesso tempo, essa dispone l’anima alla conoscenza e alla visione di Dio. In altri termini, la purezza è insieme conseguenza e causa; un po’ come la luna, capace allo stesso tempo di ricevere la luce ed anche di diffonderla per riflesso.Ne consegue che la migliore garanzia per preservare la fede consiste anzitutto nello sforzo costante per coltivare la purezza, e nell’amore per tale virtù. Ogni altro sforzo resterebbe vano, se non fosse coronato da tale risultato.Abitualmente il demonio, fine psicologo e conoscitore dell’anima umana, delle sue debolezze e delle sue tendenze, non tenta un buon cristiano direttamente con l’apostasia. Sarebbe grottesco. Cerca invece di lavorarlo lentamente, facendogli assorbire lo spirito del mondo, indebolendolo progressivamente con una vita di compromesso con il mondo, una vita sempre più estranea alle esigenze della fede e che, in qualche modo, viene ad impedire la purificazione del cuore. Così la fede resta inefficace, debole, svuotata non del proprio contenuto dogmatico, ma della propria forza, privata della capacità di trasformare un’anima, di generare e conservare la vita.E il dramma di molti cristiani che hanno perso la fede senza rendersene conto, senza accorgersene, quasi senza volerlo, senza un atto di apostasia in senso stretto, ma unicamente lasciandosi trasportare dalla corrente del mondo. Che cosa mancò a quelle anime? Avevano certamente i sacramenti, la fede, forse anche delle buone abitudini. ma il loro cuore non era probabilmente purificato o non era abbastanza protetto. E un dramma che dobbiamo riconoscerlo umilmente — potrebbe anche diventare il nostro a lungo termine.E anche il dramma che, applicato a una collettività, fu all’origine di numerose crisi nella storia della Chiesa, che si sono concluse nello scisma o nell’eresia. Interi popoli sono stati pronti ad abbandonare la fede cattolica e, con essa, la Chiesa, perché la loro fede si era progressivamente indebolita; in alcuni casi era perfino divenuta insignificante, nel senso che non esercitava più un’influenza sui cuori. Era rimasta superficiale: rischiarava ancora più o meno le intelligenze, ma senza trasformare le anime in profondità, senza imprimere il suo segno nella loro vita. Il modernismo stesso ha trovato la propria origine e il proprio successo in un desiderio di volersi riconciliare a tutti i costi con un mondo indifferente a Dio, con il suo spirito, la sua mentalità, i suoi principi. Si voleva continuare a credere, ma a condizione di vivere in armonia con la società moderna, e di seguirla nella sua evoluzione intellettuale e morale. Per poterlo fare, si è preferito modificare la fede, le sue esigenze, la sua azione nell’anima, invece di accoglierla come Dio ce l’ha donata, e di lasciare che portasse i suoi frutti: la situazione che ne risulta, nella quale si trova la Chiesa oggi, mostra bene come la disfatta della fede accompagni quella dei costumi.Tutto questo ci riporta dunque a un problema di purezza, nel più profondo senso del termine. Ma che cosa accade all’anima indebolita da tale difetto?

Ciechi e schiavi

Quando l’anima si lascia a poco a poco contaminare e dominare dallo spirito del mondo e dall’impurità, le sue facoltà spirituali vengono colpite, e questo comporta delle ripercussioni a volte irreparabili.Innanzitutto, è la sua intelligenza ad essere oscurata: non riesce più a distinguere ciò che è veramente buono da ciò che è male e, di conseguenza, non riesce più ad applicarsi a cercare il bene e ad evitare il male. In effetti è soggiogata ed asservita a dei beni apparenti che la accecano spiritualmente. Questo ha delle ripercussioni molto gravi sull’esercizio della prudenza, che dovrebbe guidare l’anima nella scelta dei mezzi appropriati a conseguire la perfezione morale. Una tale anima diventa incapace di ascoltare o di lasciarsi consigliare, incapace di dirigere se stessa: precipitosa, incapace di riflessione e di costanza, condanna se stessa a delle scelte infelici che rischiano di condizionare tutta la sua esistenza.In seguito, la volontà, facoltà che spinge l’anima ad aderire al bene, è pure gravemente colpita dall’impurità del cuore. L’amore di Dio è sostituito dall’amore di sé: malgrado abbia l’impressione di essere libera, l’anima diventa schiava di se stessa. Questo può spingersi fino al disprezzo di Dio e della religione, visto che le ricordano inevitabilmente i suoi errori. Ciò può spingersi ancora più in là, perché l’attaccamento alla vita presente e ai suoi beni apparenti può creare nell’anima un disordine tale da condurla al disgusto di tutto ciò che è spirituale, e perfino alla disperazione in relazione alla vita eterna. Proprio qui si trova l’origine della rabbia e della disperazione dissimulate che ritroviamo in tanti nostri contemporanei. Ed è qui che troviamo soprattutto l’origine subdola e silenziosa della perdita della fede.

Che cosa si deve fare?

Innanzitutto, non ci si deve scoraggiare. E una questione di vita o di morte, e si deve tenere presente che unicamente la grazia di Dio permette di combattere la lotta che abbiamo evocato. Questa deriva direttamente dalla fede ed è strettamente legata ad essa. Non si tratta di una lotta accessoria, ma della lotta assolutamente prioritaria.Detto questo, dobbiamo riconoscere che non si parla sufficientemente della purezza e dell’educazione a tale virtù. Vi è un falso pudore che ci rende reticenti a trattare questo soggetto come merita. Purtroppo, questa virtù evoca spesso qualcosa di estremamente riservato e personale, di cui si potrebbe parlare solo nel quadro della confessione sacramentale. Questo è un grave errore. Occorre parlare regolarmente di tale virtù ai bambini e agli adolescenti, ovviamente in termini adatti alla loro età. E un dovere di tutti gli educatori, chierici o laici. Occorre preparare i giovani alle lotte che dovranno affrontare. Per questo, si devono ricordare due cose.La prima, è che la purezza esercita una forte attrazione sulle anime delicate che non sono state ancora corrotte dal mondo e che sono ancora sotto l’influsso della grazia. Bisogna saperne approfittare. La natura umana è stata creata per dedicarsi e consacrarsi a dei grandi ideali che la attirano verso l’alto, mettendo da parte ogni ostacolo. E poiché questo è proprio della natura umana, non cambia con la modernità: più una cosa costa, più attrae l’anima ardente della gioventù, cosciente del fatto che essa costruisce il proprio avvenire. Ben educata e preparata, possiederà tutti gli elementi necessari per esercitare la prudenza richiesta nella lotta per questo ideale. Ma non abbiamo il diritto di negarle le conoscenze, i consigli e gli esempi di cui ha bisogno.La seconda, è che ci sono due eccessi opposti da evitare nell’educazione alla purezza. Siamo infatti facilmente vittime di una dialettica tra due errori, che spesso pensiamo di poter aggirare trovando un ingannevole giusto mezzo. Da un lato abbiamo il puritanesimo, cioè una riduzione della purezza a un rigido codice di regole esteriori da applicare. Si tratta di una caricatura abbastanza ovvia, che genera il rischio di valutare la purezza, con tutto quanto vi si rapporta, secondo la misura di una rigidità formale. Non c’è nulla di più tristemente efficace per educare la gioventù al culto dell’apparenza, allontanandola dall’essenziale. Dall’altro lato si trova il modello liberale, che avrebbe tendenza al disprezzo di ogni regola esteriore a beneficio di una pseudo-libertà dello spirito, che non soffra alcuna costrizione. Nel primo caso si avrebbe tendenza a vedere il male ovunque — tranne là dove effettivamente si trova; nel secondo caso, si avrebbe tendenza a non vederlo da nessuna parte. Il grande pericolo allora, nel rifiutare questi due estremi, sarebbe quello di cercare una sorta di buona misura, un compromesso tra rigidità e lassismo. Usciamo invece da questa dialettica che non porta niente di veramente utile. Un tale compromesso non potrebbe essere un buon riferimento; rischia di smarrire e scoraggiare definitivamente gli educatori.La vera purificazione del cuore è un’altra cosa: consiste nella ricerca della purezza in quanto virtù che sgorga direttamente dalla fede, che trasforma l’anima in profondità, che la attira verso l’alto — per ciò per cui è stata creata —, che le permette di fortificarsi, che la dispone a ricercare il bene e a trovare così la propria perfezione. La purezza non è solamente il risultato di un insieme di pericoli che si riescono ad evitare; è la condizione per conoscere Nostro Signore come lo hanno conosciuto gli Apostoli, restando soggiogati dalla Sua persona e infiammati dal desiderio di consacrarsi interamente a Lui: «E noi abbiamo visto la sua gloria, gloria che ha dal Padre quale Unigenito, pieno di grazia e di verità» (Giov. 1, 14). La purezza è la condizione necessaria per leggere il Vangelo non come fosse un dialogo di Platone o una favola di Esopo, ma come il libro capace di convertire, di cambiare un’anima e di cambiare il mondo. La purezza è la condizione per essere liberi.Quando il fine è chiaro e conosciuto alla luce della fede, quando i mezzi appropriati per giungervi lo sono anch’essi, quando l’anima comprende che la sua perfezione e la sua felicità ne dipendono, quando è liberata da ogni ostacolo, allora è capace di tutto per arrivarci.

Dio vi benedica!

Menzingen, il 23 aprile 2023
domenica del Buon Pastore

Don Davide Pagliarani
Superiore generale FSSPX

 


Documento stampato il 08/12/2024