Fra tutte le feste che la santa Chiesa ha istituito nel corso dell'anno in onore de beati che regnano in cielo, la più solenne è quella che si celebra in questo giorno, nel quale si propone ai fedeli la memoria e la più distinta venerazione di tutti i Santi, senza eccettuarne neppure uno.
Papa Bonifacio IV ordinò che questa festa fosse celebrata in Roma ad onore di Maria Santissima e di tutti i Santi, consacrando a Dio il celebre e magnifico tempio che era stato edificato da Marco Agrippa prima della nascita di Gesù Cristo e consacrato a Giove vendicatore, in memoria della vittoria riportata da Augusto contro Marco Antonio e Cleopatra: questo famoso tempio era il Pantheon, cioè l'abitazione, il palazzo di tutti gli dèi.
Convertitosi alla fede di Gesù Cristo il grande imperatore Costantino, cominciò ad innalzare chiese ed altari a Gesù Cristo, e ordinò che fossero rasi al suolo i tempi degli dèi pagani, per annullare nella mente degli uomini la triste memoria di quei luoghi nei quali erano stati offerti abominevoli sacrifici ai demoni. Tuttavia, riflettendo quale fosse il dispendio e lo spreco nel demolire quei superbi edifici, fu deciso di espurgare quei tempi dalle false divinità, e consacrarli al culto di Dio, facendo che la vera religione trionfasse nel luogo stesso dove era signoreggiata la falsa ed empia degli idolatri: questo fu quello che ordinò S.Gregorio il grande al vescovo Melilo d'Inghilterra, di convertire i tempi dei numi in chiese dei cristiani. Su questo esempio Bonifacio IV, l’anno 600 nel giorno 13 maggio fece la celebre dedicazione del Pantheon, come abbiamo detto, chiamandolo la Madonna della Rotonda.
Afferma il venerabile Cardinal Baroaio di aver tratto da documenti autentici l'ordine che diede il santo pontefice di trasportare dai cimiteri di Roma 28 carri di ossa di santi martiri, per riporli in questa famosa basilica. L’anno poi del Signore sotto il pontificato di Gregorio IV si ordinò la solennità di tutti i Santi in tutta la Chiesa, e fu stabilita il primo giorno di novembre.
Le ragioni per le quali si mosse la Chiesa ad istituire una tal festa, sono chiare e palesi. La Santa Chiesa ci propone tutto l'anno la devozione ai santi, affinché con il loro esempio sosteniamo la nostra fede, solleviamo la nostra speranza al cielo, e ci affatichiamo per giugnere a quella meta alla quale sono arrivati. Ma vedendo che tutti i giorni dell’anno non potevano essere sufficienti per onorare solo quelli dei quali si ha qualche notizia, e che innumerabili sono quegli altri tutti che però non sono meno degni della nostra venerazione, la Chiesa ce li propone tutti in una sola solennità, che è come un compendio di tutte le altre, affinché come veri amici di Dio siano anch’essi da noi venerati e lodati, mostrando loro la divozione e la pietà che abbiamo verso di essi.
Inoltre la Chiesa intende assegnarci un mezzo attraverso il quale supplire in questo giorno tutto ciò che la nostra fragilità, ignoranza e negligenza avesse mancato nella celebrazione delle feste e vigilie dei Santi nel corso dell’anno; perciò, si capisce bene come dovrebbe essere in questo giorno la nostra devozione e il nostro fervore per supplire alle nostre mancanze!
Inoltre, chiamando a raccolta tutti i Santi nell'uffizio della Messa che si celebra in questo giorno particolare, la Chiesa vuole ottenere più facilmente da Dio l'abbondanza delle sue misericordie, tramite l'intercessione di tutta la corte celeste che gode del favore divino! Infatti, i Santi tutti, davanti al Trono dell'Augustissima Trinità, presentano le nostre suppliche affinchè possiamo essere esauditi.
Ma il motivo principale dell'istituzione di tale festa è quello di incoraggiarci ad imitare i Santi, considerando la loro vita virtuosa e perfetta, con la quale sono giunti a possedere un'incomprensibile gioia. È per questo motivo che la Chiesa nel Vangelo ci parla delle otto beatitudini, mostrandoci il sentiero che hanno battuto i Santi e che anche noi dobbiamo intraprendere per ottenere la loro stessa ricompensa.
Come se la Chiesa ci dicesse: "Badate bene, miei figli, che i Santi hanno seguito l'umiltà, la povertà di spirito, la mansuetudine, il pianto, le lacrime, la misericordia, le persecuzioni, la fame e la sete della giustizia e delle opere buone, giuste e sante, e per questa strada giunsero alla ricompensa promessa, al possesso della terra dei viventi, al regno dei cieli, alla loro eredità.". E per non sconfortarci ma anzi per aumentare in noi la speranza, la Chiesa ci ricorda che tutti quei Santi, dei quali celebriamo i meriti, le virtù, e i trionfi, erano nelle nostre stesse condizioni, della nostra stessa età, uomini e donne, della stessa natura nostra.
In questo giorno onoriamo quel povero artigiano, quel contadino, quel servo, quella miserabile vedova, verginella, e maritata, che nella loro misera condizione, nella loro povertà, nei loro penosi esercizi del loro stato, hanno condotto una vita innocente, pura e cristiana.
In questo giorno onoriamo quei principi, principesse, quelle damigelle, e signori, che in mezzo alle corti più lusinghiere, sul trono stesso hanno conservata la purezza dei costumi, e le massime più difficoltose del Vangelo.
In questo giorno onoriamo quelle persone comode e ricche del mondo che non si sono lasciate abbagliare dal falso splendore dell'oro, non si sono lasciate rammollire il cuore dalle dolcezze e dai piaceri di questa terra, ma seppero invece riconoscere che le ricchezze erano state donate a loro per distribuirle nelle mani dei bisognosi, e se mai traviarono per poco dall’osservanza della divina legge si sforzarono di redimere i loro peccati con elemosine e col pentimento, trovando asilo nella loro eterna salvezza.
Onoriamo finalmente quella turba immensa di Santi, i quali vissero nella nostra stessa città, nella stessa strada, nella casa stessa, con le medesime passioni, difficoltà, e ostacoli da superare, i quali con gli stessi soccorsi della grazia, coi nostri stessi mezzi quali le prediche, i libri, le orazioni, i Sacramenti, la Messa, hanno acquistata la loro salvezza e sono giunti felici al termine della loro vita sulla terra.
Che scusa avremo noi mai, se un giorno non arriveremo alla stessa meta? Possibile che l'eccellenza, la grandezza e la bellezza del Paradiso, di quella gioia vera e pura della quale eternamente godono i Santi, non ci muova a correre la strada dei divini precetti?
S. Pier Damiani per darci ad intendere qualche cosa della struttura di questo superbo Paradiso, va raccogliendo dalle creature, e dice: "Chi potrà mai esprimere la gioia di quella superna pace, ove tutti gli edifizi sono fabbricati di pietre rare e preziose? I tetti sono tutti d’oro coperti, le sale brillanti di una meravigliosa luce. L'opera tutta è composta di pietre di un valor incredibile, le strade sono lastricate di oro più puro del cristallo senza ombra di polvere, di fango, e d’immondezza. Quivi non si teme il freddo dell'inverno, né il caldo della estate, ma al contrario i fiori di ogni sorta , le rose sempre vermiglie vi formano una perpetua primavera: quivi fioriscono i gigli più candidi, là spargono una quint’ essenza di odori di mille erbe odorifere. I prati sempre verdeggianti e fioriti, i campi onusti delle loro spighe, le frutta sempre pendenti dagli alberi sono mantenuti da quelle fonti di latte e miele, che scorrono in abbondanza. In questa città non vi ha differenza tra il chiaror della luna, del sole, e delle stelle, perchè 1'Agnello di Dio è quegli che tutta la illumina con la sua viva luce, laonde non vi ha succession di tempi, né di stagioni, né di notte, né di giorno, ma sempre una florida, amena, e piacevole stagione, un giorno costante e perpetuo vi si mantiene in quella fortunata patria."
Sant’Agostino, parlando di questa misera terra, va esclamando: "Signore, quanto mai questa vita mi annoia, quanto mi angustia, e opprime questo pellegrinaggio! Ma perché la chiamai col nome di vita, se piuttosto è una vera morte? Questa vita è misera, fragile, incerta, laboriosa, casa di peccatori, reggia di superbi, fondaco d'invidie, e d’inganni, indegna del nome di vita. Non è forse vero, che noi di momento in momento andiamo morendo, e vivendo sottoposti a mille accidenti per il cambiamento di nostra natura, noi andiamo ad ogni ora soggetti a varie e molte morti? Come mai si può chiamar vita ciò che siamo al presente, in cui gli umori si alterano, i dolori c'indeboliscono, il calore dissecca, l’aria infetta, il cibo guasta, il digiuno incomoda, i piaceri abbattono, le noie consumano, gli affari imbrogliano, il timore abbatte, le ricchezze innalzano, la povertà abbassa, la gioventù affligge, l’infermità fiacca, e la tristezza consuma; quali tutti affanni vanno poi a terminare in una spietata morte, che è il fine di tutte le cose, sì dell'angoscie che dei piaceri di questa meschina e miseranda vita, della quale qualor sia giunto il termine, le andate cose, anni e giorni tanto sono vani, meschini, che sono come un niente, e sono come se mai fossero stati? Una tal vita non si può chiamar più propriamente una continua morte?" Da questo discorso, dovrebbe nascere in noi un aborrimento della vita presente e un desiderio ardente della vita celeste!
Intraprendiamo dunque il cammino che conduce alla vita eterna: il cielo è la nostra patria, i Santi i nostri compatrioti! Sopportiamo pazientemente le amarezze del nostro esilio, e stiamo su questa terra come viandanti: in cielo ci aspettano i nostri parenti, i nostri fratelli che vogliono vederci felici della loro stessa sorte! Lassù regna il coro glorioso degli Apostoli, la società dei profeti, la moltitudine innumerabile dei martiri, di tanti eroi della fede e della penitenza, di tante vergini.
Non impauriscano le azioni sorprendenti operate dai Santi, perchè quelle non furono la causa della loro santità: potevano essere santi senza tante opere pompose, o con tante azioni strepitose potevano non essere santi. Quanti tra gli uomini non sono nel numero dei Santi, nonostante abbiano compiuto azioni che hanno attirato l'ammirazione dei popoli? E quanti invece sono Santi, senza aver compiuta azione alcuna che abbia suscitato l'applauso della gente? I Santi sono tali non perchè hanno soddisfatto l'interesse della gente, ma perchè hanno compiuto i doveri del proprio stato, hanno preferito la coscienza all'interesse, hanno rispettato la legge di Dio e aborrito ogni tentazione, hanno seguito le massime di Gesù Cristo e rifiutato le massime del mondo. Sia così anche la nostra condotta, e un giorno saremo ascritti a quel beato numero.
(Tratto da Raccolta delle vite dei Santi)