In un tempo storico, quale l'attuale, in cui il Corpo Mistico di Cristo è flagellato dalla maggior parte del clero che, aderendo alle perversità propagate dal Concilio Vaticano II e approfittando della gran massa di fedeli che ha rinunciato ad approfondire e conoscere la propria Religione, sta da tempo smantellando pezzo per pezzo il Cattolicesimo, ecco che risulta fondamentale fissare alcuni punti essenziali per sopravvivere in un clima di pauroso decadimento spirituale e dottrinale.
Talora sembra di essere immersi in un incredibile processo di dissoluzione delle menti ancor prima dei cuori tant'è che anche nel mondo conservatore si odono, da chierici e laici, storpiature che altro non fanno che incrementare il clima di confusione e smarrimento che si insinua dappertutto, come un virus, per infettare e favorire il diffondersi della diabolica malattia: la perdita della Fede e l'adesione ad una nuova religione sedicente cattolica ma in realtà anticristica in tutto e per tutto.
Proponiamo perciò tre sintetiche riflessioni che rappresentano un aiuto concreto affinché non si smarrisca la retta via e, soprattutto, la fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo.
La Redazione
Nell'apparente conflitto tra ubbidienza e Verità, i cattolici meglio informati hanno scelto la Verità, certi, nel loro sensus fidei, che solo la Verità assicura l'unità col Capo invisibile della Chiesa, che è Cristo.
Etichettati, perciò, come “tradizionalisti” e cioè incapaci di distinguere una Tradizione divina e tradizioni umane, tra quanto nella Tradizione della Chiesa è mutevole e quanto è irreformabile, tra evoluzione omogenea ed evoluzione eterogenea al dogma, trattati da disubbidienti ed oggi anche da scomunicati e da scismatici, essi sentono che questo non corrisponde alla realtà.
Essi sono consapevoli di non essere degli scismatici; non vogliono infatti costituire una Chiesa per conto proprio; al contrario, resistono all'attuale orientamento ecclesiale appunto per restare nell'unica Chiesa di Cristo.
Nessuno di loro si rifiuta di agire come parte di un tutto, che vuole pensare, pregare, agire, vivere insomma non nella Chiesa e secondo la Chiesa, ma come un essere autonomo, che stabilisce da sé la legge del suo pensiero, della sua preghiera, della sua azione; al contrario, è proprio per continuare a pensare, pregare ed agire nella Chiesa e secondo la Chiesa che resistono al nuovo corso ecclesiale nella misura in cui questo tenta di allontanarli, nella dottrina o nella prassi, dalla Fede custodita e trasmessa dalla Chiesa.
E neppure si rifiutano subesse capiti di sottostare al Capo della Chiesa (altro modo di essere scismatici); al contrario, è per restare sottomessi al Capo invisibile della Chiesa che resistono all'attuale orientamento (voluto, favorito o permesso dal Papa poco importa), desiderando incessantemente, nonostante le reiterate delusioni, che anche la sintonia con l'attuale gerarchia, e soprattutto col Vicario di Cristo, si ristabilisca al più presto, senza dover scendere per questo a compromessi su un solo punto di dottrina.
L'apparente conflitto tra ubbidienza e Verità, però, si fonda in realtà su un equivoco.
L'equivoco consiste nell'identificare erroneamente l'ubbidienza dovuta alla gerarchia con l'adesione ad orientamenti imposti dai membri della gerarchia contro il precedente Magistero della Chiesa.
Prendiamo l'esempio del Liberalismo e dell'Ecumenismo, che ispirano il nuovo corso nella Chiesa e contro i quali particolarmente si appunta la resistenza dei cosiddetti “tradizionalisti”.
Il Liberalismo, che “difende la libertà civile di qualunque culto, quale condizione in sé non disordinata della società, ma conforme alla ragione e allo spirito evangelico” è stato ripetutamente condannato dalla Chiesa attraverso il Magistero di una lunga serie di pontefici, particolarmente di Gregorio XVI, Mirari vos; Pio IX, Quanta cura e Syllabus; Leone XIII, Immortale Dei e Libertas; ecc. […] Non ci addentriamo nella questione. Ci basta qui rilevare che una rapida scorsa ai documenti pontifici degli ultimi 150 anni è sufficiente a convincere chiunque che il nuovo orientamento ecclesiale è opera di una vecchia corrente lungamente ed ostinatamente disubbidiente al Magistero; corrente che, tacitata con mezzi più o meno corretti l'opposizione nel Concilio, ed istallatasi in posti di comando nel postconcilio, oggi esige ubbidienza ai propri orientamenti personali contro tutto il precedente Magistero della Chiesa.
Anche l'Ecumenismo irenico, di estrazione protestante, che ha ispirato tutti i testi equivoci o inaccettabili del Vaticano II e lo stesso spoglio liturgico di Paolo VI, quell'Ecumenismo che ha imposto ed impone ai cattolici le scelte più numerose e più gravi, è stato ripetutamente condannato dalla Chiesa particolarmente per il Magistero di Leone XIII (Testem benevolentiae), di San Pio X (Singulari quadam), di Pio XI (Mortalium animos), di Pio XII (Humani Generis). […] Quanto al dialogo con tutti gli erranti e tutti gli errori, esso è invenzione tutta personale di Paolo VI, assolutamente senza precedenti in duemila anni di storia della Chiesa.
Ora, il cattolico ha il dovere di essere in comunione con il Successore di Pietro in quanto adempie ai doveri del suo ufficio e cioè in quanto custodisce, trasmette ed interpreta fedelmente il Deposito della Fede, ma non ha nessun dovere di essere in comunione con le adinventiones - opinioni, vedute, orientamenti personali – del Successore di Pietro.
Anzi, quando questi orientamenti sono in conflitto con la purezza e l'integrità della Fede, la fedeltà a Cristo esige la resistenza verso chiunque voglia in qualche modo imporli, separando nettamente l'ubbidienza dovuta all'Autorità dall'adesione alle vedute, opinioni, orientamenti personali dei detentori dell'autorità.
E poiché l'equivoco sopra illustrato non di rado è sfruttato per cercare di creare nei “tradizionalisti” una cattiva coscienza, è oggi quanto mai necessario avere idee chiare sul Papato e la sua funzione nella Chiesa.
“L'unico corpo della Chiesa una ed unica – scrive Bonifacio XVIII nella bolla Unam Sanctam – ha una sola testa, non due teste, come un mostro, e cioè Cristo e il suo Vicario, avendo il Signore detto a Pietro: Pasci le mie pecore. Le “mie” Egli dice [...]”.
L'unica Chiesa di Cristo, dunque, è anche una e sub Uno. E poiché Cristo e il suo Vicario non sono due capi distinti, ma un unico capo, la Chiesa non può ricevere da Cristo e dal Papa due orientamenti divergenti e, ancor meno, opposti. Qualora ciò accadesse, è superfluo dire a Chi si ha il dovere di restare fedeli.
Il Papa infatti è il Vicario, non il Successore di Cristo e la Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo, non il Corpo Mistico del Papa. Perciò San Girolamo scriveva a papa Damaso: “Io non seguo altri che Cristo come primo duce: mi unisco poi in comunione con Tua Beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro, sapendo che su questa pietra è stata edificata la Chiesa” (Ep.XV,2)
Cristo è la “pietra angolare” su cui si erige la Chiesa; Pietro è pietra “per partecipazione” (Leone XIII, Satis Cognitum): egli ha udito “di dover essere pietra; non però nella stessa maniera di Cristo. Cristo è la pietra veramente immobile; Pietro è immobile per virtù di Quella” ( Leone XIII, Satis Cognitum). […] Ne consegue che la comunione col Papa è inseparabile dalla comunione con Cristo: l'unità della Chiesa è unità con Cristo e col suo Vicario, giammai unità col Vicario fuori di Cristo o contro Cristo. La ragione stessa ci dice che l'obbedienza si deve a ciascuno secondo il suo grado; diversamente si capovolge l'ordine della giustizia. (continua)
La Tradizione scomunicata (Editrice Ichthys)