Origine e caduta dell'uomo/3

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L’uomo quale destino ebbe da Dio? L’uomo ebbe da Dio l’altissimo destino di vedere e godere eternamente Lui, Bene infinito, e perché questo è del tutto superiore alla capacità della natura umana, egli ebbe insieme, per raggiungerLo, una potenza soprannaturale che si chiama grazia. 

Adamo era stato creato per la gloria e la felicità del Cielo. Se non avesse peccato, dopo aver trascorso un certo tempo sulla terra, sarebbe stato assunto in Cielo a vedere e godere Dio per tutta l’eternità. E così anche per i suoi discendenti. 

Vedere e godere direttamente di Dio è del tutto superiore alla capacità umana, nel senso che l’uomo può conoscere Dio per mezzo delle creature, ma non per come è in Se stesso, e vederLo quale è nel suo splendore e nel mistero trinitario. Dalla conoscenza naturale di Dio attraverso le creature sorgerebbe nell’anima un gaudio naturale; ma senza la visione diretta di Dio nel lume della gloria, l’uomo non può possedere, amare, servire perfettamente Dio e goderLo nel suo gaudio soprannaturale e ineffabile. 

Dio, nel creare l’uomo, lo ha dunque elevato ad un fine superiore alle esigenze della natura, destinandolo infatti al gaudio della gloria eterna del Cielo. Questo fine, superiore alle capacità dell’uomo come l’intelligenza, la volontà e altre forze puramente naturali, è raggiungibile solo per via della grazia. 
La grazia, elevando l’uomo allo stato soprannaturale, gli dà anche la capacità di agire in modo conforme e proporzionato al fine: rende la mente capace di conoscere Dio in modo superiore alla capacità del lume della ragione, mediante il lume della fede sulla terra e il lume della gloria in Cielo; rende la volontà e tutte le potenze naturali capaci di agire in modo soprannaturale e in maniera da meritare l’aumento della grazia sulla terra, la vita eterna e l’incremento della gloria in Cielo. 

RIFLETTO: 

Gesù Cristo ha paragonato la grazia ad un tesoro nascosto, che induce chi lo scopre a vendere tutti i suoi averi per acquistarlo; a una perla preziosa, che il mercante acquista a prezzo di tutte le sue sostanze (Mt 13, 44-53); a una veste di gala, che occorre indossare per poter prendere parte al banchetto di nozze, e non essere cacciati fuori dalla sala del convito (Paradiso), con le mani e i piedi legati, nel rigore del freddo invernale (Inferno) (Mt 22, 2-3, 11-14). 

Oltre la grazia, che altro aveva dato Dio all’uomo? Oltre la grazia, Dio aveva dato all’uomo l’esenzione dalle debolezze e miserie della vita e dalla necessità di morire, purché non avesse peccato, come purtroppo fece Adamo, il capo dell’umanità, gustando del frutto proibito. 

Il primo e più grande dono fu la grazia santificante. A questo dono soprannaturale, Dio ne aggiunse altri, non soprannaturali in senso assoluto, ma nemmeno dovuti alla natura umana; sono infatti detti doni preternaturali. 
Questi doni erano i seguenti: 
1.Il dono della scienza, o esenzione dall’ignoranza - Dio diede ai nostri progenitori un intelletto integro e dotato di grande acume, per cui potevano apprendere con facilità e sicurezza le verità naturali. Inoltre il dono della scienza, per cui conoscevano molte verità naturali senza bisogno di impararle. Adamo dimostrò infatti la grande scienza che gli era stata infusa e che aveva acquisita quando Dio gli fece vedere tutti gli animali della terra, ed egli ne comprese subito la natura, gli uffici, le attitudini e le proprietà, chiamandoli con un nome conveniente. E così fece anche con Eva, quando vedendola per la prima volta le impose il nome conveniente e ne comprese subito la missione sublime. (vedi Gn 2, 23-25) 
2.Il dono dell’integrità, o esenzione dalle debolezze - Dio fece l’uomo retto, dando ad Adamo ed Eva una volontà pronta e forte, guida e via sicura nella scelta del bene, capace di dominare e dirigere tutte le facoltà, obbedita dalle passioni che inclinavano al bene. La volontà guidava la ragione stessa. Tutto l’uomo era soggetto alla volontà, che tendeva naturalmente al bene e a Dio. Adamo ed Eva sapevano il fine per cui Dio li aveva creati maschio e femmina, vedevano la loro nudità, ma non sentivano gli stimoli della bassa concupiscenza, né provavano vergogna di se stessi. Il dono dell’integrità comportava però non solo il dominio della volontà e della ragione sopra le passioni inferiori e sopra la propria persona, ma anche la signoria su tutta la natura inferiore. La terra era obbediente all’uomo e richiedeva lavoro ma non fatica; gli animali obbedivano docili all’uomo. (vedi Eccli 17, 3-4) 
3.Il dono dell’impassibilità, o esenzione dalle miserie, e il dono dell’immortalità, o esenzione dalla morte - I nostri progenitori non furono creati completamente insensibili al dolore; di fatti, se non si fossero nutriti, avrebbero sofferto la fame. Tuttavia erano esenti dalla noia, dalla stanchezza, dalla fatica, dai dispiaceri, dalle malattie. Il corpo di Adamo era bello e prestante, robusto e armonioso, raggiante di salute e bellezza; quello di Eva era pieno di grazia e di venustà, e non avrebbe sofferto le doglie della maternità. Oltre l’impassibilità (capacità di non soffrire), i progenitori ebbero il dono dell’immortalità. Composti di materia e di forma, potevano morire, ma per un dono divino preternaturale, essi furono creati da Dio inesterminabili (Sp 2, 23), non sarebbero morti e dopo il soggiorno del paradiso terrestre sarebbero stati trasferiti nel paradiso soprannaturale in corpo e anima, senza morire. 

Dio aveva condizionato la permanenza della grazia soprannaturale e dei doni preternaturali alla prova di fedeltà, che l’uomo avrebbe dovuto dargli. Ma Adamo peccò, perdette la grazia e tutti i doni, cioè la scienza, l’integrità, l’impassibilità e l’immortalità. 

RIFLETTO: 

La grazia del Battesimo a poco a poco ristabilisce l’ordine divino turbato dal peccato, ridando la vita divina e il diritto ai doni primitivi. Viviamo sempre nella grazia di Dio! 

ESEMPIO: 

Nei santi vediamo talora restituito, almeno in parte, il dominio primitivo sopra la natura inferiore. Il profeta Daniele, gettato in una fossa di leoni affamati, restò illeso; i tre fanciulli ebrei che rifiutarono di adorare Nabucodonosor e che furono gettati in una fornace ardente, non soffrirono né danno né molestia; i santi martiri Blandina, Pantaleone, Eleuterio, Abdon e Sennen, esposti alle fiere non furono toccati; san Francesco d’Assisi rese mansueto un lupo feroce e predicò agli uccelli, che lo ascoltavano; sant’Antonio da Padova fece inginocchiare una mula affamata davanti al Santissimo Sacramento, dimentica della biada. 

Che peccato fu quello di Adamo? Il peccato di Adamo fu un peccato grave di superbia e di disobbedienza. 

IL PECCATO ORIGINALE 

Ora il serpente era il più astuto di tutti gli animali della terra, che il Signore Iddio aveva fatto. Ed esso disse alla donna: “Perché Dio vi ha comandato di non mangiare il frutto di tutte le piante del paradiso?”. E la donna rispose: “Del frutto delle piante del paradiso ne mangiamo; ma il frutto della pianta che è nel mezzo del paradiso, Dio ci ordinò di non mangiarne e di non toccarne, che forse non si abbia a morire”. Ma il serpente disse alla donna: “No, voi non morrete; anzi, Dio sa bene che in qualunque giorno ne mangerete, si apriranno i vostri occhi, e sarete come dei, avendo conoscenza del bene e del male”. Ora la donna, vedendo che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi e bello all’occhio, e gradevole all’aspetto, lo colse, ne mangiò e lo diede a suo marito, che ne mangiò (Gn 3, 1-7). 

Dio voleva dai progenitori la prova di fedeltà perché meritassero il premio cui erano stati destinati. La loro obbedienza avrebbe deciso la sorte loro e dei discendenti. Il comando divino era grave, così pure furono gravi le sanzioni comminate alla disobbedienza e le gravi conseguenze (tra le quali la morte) del peccato di Adamo ed Eva. Trasgredendo un comando che impone un grave obbligo, si commette peccato grave. 

I progenitori, ergendosi contro il comando di Dio, disobbedirono gravemente alla legge divina e peccarono di superbia, disprezzando la volontà di Dio e pretendendo di diventare simili all’Altissimo e principio discriminatore del bene e del male, fonte della moralità delle proprie azioni, unici giudici del bene e del male, fine a se stessi. 
Adamo ed Eva peccarono anche di curiosità, di gola e di infedeltà. 

ESEMPIO: 

Una leggenda racconta che un principe indiano, mentre era a caccia in una foresta, sentì due carbonai, marito e moglie, che si lamentavano e protestavano che al posto di Adamo ed Eva non avrebbero peccato. Il principe allora li condusse al suo palazzo, li colmò di ricchezze, li onorò dei titoli più ambiti e promise che essi e i loro figli avrebbero goduto per sempre della stessa felicità, purché prima avessero dato una prova di fedeltà. Pose loro su una mensa un bellissimo vaso chiuso, con l’ordine di non aprirlo se non volevano andare incontro alla pena di morte, per loro e i figli. I primi giorni, i due carbonai non badarono affatto al vaso che troneggiava al centro della tavola imbandita. Ma poi, col passare del tempo nacque e ingigantì la curiosità della donna, che diventava sempre più triste, inquieta e malinconica. Il marito, non potendo più tollerare i pianti della moglie, sollevò furtivamente il coperchio del vaso, per guardare all’interno. Subito ne saltò fuori un topo, che, velocissimo, fuggì. La donna gridò di terrore e il principe accorse, pronunciando la sentenza di morte e la spogliazione da tutti i loro beni e diritti. 
La leggenda aggiunge che i carbonai non morirono perché s’interpose il figlio del principe ed erede al trono, che morì al loro posto. Essi però furono cacciati in esilio e ripresero la misera vita di prima. 

Quali danni cagionò il peccato di Adamo? Il peccato di Adamo spogliò lui e tutti gli uomini della grazia e d’ogni altro dono soprannaturale, rendendoli soggetti al peccato, al demonio, alla morte, all’ignoranza, alle cattive inclinazioni e ad ogni altra miseria, escludendoli dal paradiso. 


LA CACCIATA DAL PARADISO 

Avendo udito la voce del Signore, Adamo si nascose con sua moglie, e il Signore chiamò Adamo: “Dove sei?”. “Ho sentito la tua voce... e avendo paura, perché nudo, mi sono nascosto”. E Dio gli disse: “Chi ti ha fatto conoscere di essere nudo, se non l’aver mangiato il frutto del quale Io ti avevo comandato di non mangiare?”. Adamo rispose: “La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto, ed io l’ho mangiato”. E il Signore Dio disse alla donna: “Perché hai fatto questo?”. Ed ella rispose: “Il serpente mi ha sedotta e ne ho mangiato”. Allora il Signore Dio disse al serpente: “Perché hai fatto questo, sei maledetto tra tutti gli animali e bestie della terra; tu striscerai sul tuo ventre e mangerai terra tutti i giorni della tua vita. E io porrò inimicizia tra te e la donna, fra la tua progenie e la progenie di lei; essa ti schiaccerà il capo e tu la insidierai al calcagno”. E alla donna disse: “Io moltiplicherò i tuoi affanni e le tue gravidanze; con dolore partorirai i tuoi figli, sarai sotto la potestà del marito, ed egli ti dominerà”. Ad Adamo poi disse: “Perché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato il frutto del quale Io ti avevo ordinato di non mangiare, la terra è maledetta per causa tua, con fatica ne trarrai nutrimento per tutti i giorni della tua vita. Essa ti produrrà triboli e spine, e tu mangerai l’erba dei campi. Con il sudore della tua fronte mangerai il pane, finché non tornerai nella terra, dalla quale fosti tratto; perché tu sei polvere, e in polvere ritornerai...”. Poi il Signore Dio lo mandò via dal paradiso e dalle delizie, affinché coltivasse la terra... e, cacciato Adamo, pose dei cherubini davanti al paradiso, affinché roteando intorno la spada fiammeggiante, custodissero la via dell’albero della vita (Gn 3, 8-20.23-24) 

L’amicizia di Dio, che comporta la partecipazione alla vita divina, con l’ornamento della santità e della giustizia, si chiama grazia. Adamo ed Eva, disobbedendo, non fecero alcun conto della sua amicizia, Lo offesero e ne provocarono l’ira e i castighi. Dio non scese più amichevolmente a conversare con Adamo, ma lo chiamò adirato, lo sottopose ad una rigorosa inchiesta, pronunciò la sentenza di condanna e lo cacciò dal paradiso terrestre. L’uomo era diventato suo nemico e indegno di vivere nel paradiso; anche la grazia era perduta, e con essa la santità e la giustizia originale. 

Anche i doni preternaturali furono persi. 

Non più la scienza, ma ignoranza, errore e fatica nell’apprendere. Persino, col tempo, gli uomini perdettero la nozione del vero Dio e caddero nell’abbiezione dell’idolatria e dei vizi più innominabili. 

Non più il dono dell’ integrità, ma l’uomo, appena commesso il peccato, sentì subito prepotenti le passioni del timore e della concupiscenza, con la conseguente paura di Dio e vergogna della propria nudità. Tutti gli esseri inferiori si ribellarono al dominio dell’uomo, e la terra, sua nemica, lo ricompensa scarsamente delle fatiche che esige la sua coltura. 

Non più il dono dell’ impassibilità; sofferenze, malattie e dolori saranno il retaggio e il pane quotidiano dell’uomo. 
Non più il dono dell’ immortalità. Il cadavere di Abele fece comprendere ad Adamo ed Eva cos’è la morte, riservata a tutti. 

Mille altre miserie contristano la vita dell’uomo dopo il peccato, e lo rendono zimbello delle passioni, divenute facile appiglio al demonio per esercitare la sua tirannia. 
Il peccato chiuse le porte del Paradiso terrestre e di quello celeste, che non si riaprirà se non il giorno in cui il Verbo incarnato e morto in croce tornerà in Cielo trionfante sul demonio, sul peccato e sulla morte. 

 


Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X


Documento stampato il 03/11/2024