Nidi pieni
31. Fine principale del matrimonio è la procreazione della prole.
“Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra”.
Mettere al mondo dei figli e crescerli è quindi l’opera essenziale della famiglia, lo scopo dell’unione degli sposi, la loro gloria davanti a Dio e davanti agli uomini. Il figli, dono di Dio, sorriso e speranza del mondo, conferiscono al matrimonio la sua più stretta unità, la sua suprema perfezione.
La concezione cristiana della vita giustifica la famiglia solo in quanto compie questa funzione che Dio le ha affidata, e la compie senza limitazioni arbitrarie che costituiscono delle vere e proprie ribellioni alla volontà di Dio, alle leggi della natura e un sovvertimento del fine tracciato dal Creatore. L’avere o non avere i figli non dipende quindi dal “capriccio” degli sposi, ma da una Volontà superiore; essi non possono a loro arbitrio, maliziosamente rendere infecondo il talamo. Chi preferisce il piacere alla prole, annulla il connubio e abbassa la sposa al grado di cortigiana, a strumento di libidine.
È importante stabilire che i figli sono la “ragion d’essere” del matrimonio non “l’insipida appendice”, sono la “sua benedizione” e non la maledizione, sono il “suo onore” non l’ignominia. I figli costituiscono la più bella gloria della famiglia.
Perché gli sposi, attratti l’un l’altro compissero con più facilità questo dovere, Iddio conferì all’atto matrimoniale un intenso godimento naturale. Ma sarebbe una frode, una ingiustizia, un grave errore considerare come fine quello che ha solo ragione di mezzo.
Il piacere è un bene talmente precario e passeggero nella vita dell’uomo, che non basta per sostenerla; nel medesimo tempo è troppo avvilente per costituire un ideale dell’amore. Solo nella fecondità, l’amore trova la forma della felicità, la sua consacrazione, il raggiungimento del suo fine.
E’ quindi necessario procreare per ubbidire alla legge divina e umana, per non tradire nella vita la propria vocazione, per non passare nell’esistenza come tronchi recisi, tralci infecondi.
La procreazione è “sublime missione”, perché dona cittadini alla patria e popola la terra di figli di Dio, di creature che dopo avere amato questo Supremo Bene sulla terra, lo glorificheranno eternamente nei cieli. La procreazione nella famiglia è missione, perché perpetua e moltiplica la prole della Chiesa, i concittadini dei santi, i familiari di Dio (pagg. 77,78,79).
32. I figli sono una benedizione, un dono di Dio! Prima di tutto per i genitori.
L’amore senza prole è destinato a fatalmente soccombere, a mutarsi in avversione, in egoismo spietato non appena la bellezza della donna perde il suo primo incanto e affiorano quelle piccole contrarietà, di cui la vita ha una inesauribile riserva. Al contrario i figli sono sorgente viva e perenne di amore reciproco. Nella prole i coniugi trovano una dolce catena visibile, palpabile, vivente del loro mutuo amore, che si rinnova e si moltiplica. Dolce catena, che sfugge alle prese del tempo e degli avvenimenti esterni e sopravvive anche allo sfiorire della gioventù, della fortuna, della bellezza, delle seduzioni pericolose.
Dio che ha plasmato il cuore umano, lo ha circondato di questa legge meravigliosa: l’amore benedetto il giorno del matrimonio, cresce e si alimenta ad ogni comparsa di nuove creature. Le statistiche infatti ci provano, che nella metà dei casi di divorzio non ci sono figli, e che nel venti per cento ve n’è uno solo. Queste cifre bastano a provare, che nelle famiglie ove i bimbi sono accolti allegramente, l’affetto fra i genitori cresce così come la fiducia reciproca, e che i figli sono veramente il più saldo vincolo del matrimonio.
“I figli sono un dono di Dio”, perché elevano e consacrano la dignità della donna che diviene madre, e dell’uomo che diviene padre. Nella maestà paterna, nella dignità materna vi è un raggio della stessa maestà divina. Sulla fronte di un padre vi è un’autorità, nello sguardo di una madre una forza, una dolcezza, che Dio solo può imprimere e che impongono religiosamente l’obbedienza e il rispetto. Dopo che Dio ha fatto partecipi i due sposi del potere creativo essi si guardano con occhi diversi.
Una madre è, nella sua grandezza più modesta, ciò che vi è di più venerabile, di più generoso, di più dolce sulla terra.
Don Stefano Lamera (1912/1997) - dal libro "La famiglia, piccolo grande nido"
