Festa della Pentecoste, la venuta dello Spirito Santo
Era il decimo giorno dopo l'ascensione di Gesù Cristo al cielo, il cinquantesimo dopo la sua gloriosa risurrezione, il giorno in cui i giudei celebravano la Pentecoste in memoria della Legge data loro da Dio sul monte Sinai, quando il Santo divino Spirito discese sopra il collegio apostolico, per scrivere non più su tavole di pietra, ma nei loro cuori la legge evangelica. “Oggi - dice san Giovanni Crisostomo - la terra è divenuta per noi un cielo; non già perché le stelle o i pianeti sono discesi sulla terra, ma perché gli Apostoli sono saliti dalla terra al cielo: perciò la grazia dello Spirito Santo si è sparsa oggi per tutto il mondo, e lo convertì in un paradiso, non già cambiando la natura degli uomini, ma regolando e mutando loro i cuori e le volontà. Questo divino Spirito trovò un pubblicano, e ne forma un evangelista, rinvenne un persecutore, e lo forma un apostolo, trovò una peccatrice, e la rende simile alle vergini, sradica per ogni dove il vizio, e pianta la bontà, bandisce la servitù, e vi conduce la libertà. E questa è la ragione perché la terra oggi diviene un cielo”, soggiunge il santo Dottore.
Per parlare però dell'eccellenza e grandezza di questo mistero, ci conviene riflettere chi sia questo Signore che viene sulla terra, in qual maniera Egli discenda, e come dobbiamo disporci per esser fatti partecipi dei suoi doni, e delle sue grazie.
Colui che oggi discese sopra gli Apostoli, è lo Spirito Santo, la terza Persona della Santissima Trinità, la quale procede come da uno stesso principio dal Padre e dal Figlio. Egli è consostanziale, coeterno, eguale in tutto, e vero Dio, come il Padre e il Figlio veramente lo sono. Sin dall'eternità passò un amore perfetto ed infinito tra il Padre e il Figlio, ed ecco lo Spirito Santo, da tutti e due procedente, questo amore divino scambievole, necessariamente dev'essere Dio, perché tutto ciò che vi è in Dio medesimo, è Dio. Questo amore eterno, ineffabile, questo nodo indissolubile e unione inesplicabile del Padre eterno e del Verbo si chiama Spirito Santo, terza distinta Persona dell'augustissima Trinità. Che se la nostra povera capacità difficilmente può intendere gli arcani di questo mistero, ci basti il crederlo, non essendo d'obbligo penetrare a fondo quegli imperscrutabili abissi per salvarsi. Questa terza divina Persona è quella che oggi dal cielo discende sulla terra, affinché i nostri terreni cuori diventino celesti. Per tutte queste cose, possiamo dunque comprendere l'eccellenza e la dignità di questo giorno, e quanto dobbiamo gioire e consolarci spiritualmente in Lui, e riconoscere la grandezza di questo dono, che sorpassa tutti gli altri. È vero che Gesù Cristo alle nostre infermità ci aveva apprestata una medicina composta del preziosissimo suo Sangue, per se stessa efficace e possente a dar la vita e la salute a un mondo intero, ma quella a che servirebbe, quando l'infermo non la riceva e per riceverla abbia bisogno della grazia e favore dello Spirito Santo? In qual maniera mai poteva il mondo credere in Gesù Cristo, assoggettarsi alla verità evangelica, rinunziare ai vizi nei quali stava immerso, se non intendeva la predicazione degli Apostoli destinati ad essere le strade di questa verità? In qual maniera avrebbero essi potuto predicare così sublimi misteri, e contraddire alla sapienza dei filosofi, alla possanza e furore dei tiranni, alle passioni così ribelli degli uomini carnali, quando non fossero stati armati delle armi impenetrabili della grazia dello Spirito Santo, alla cui virtù non c'è nulla che possa resistere? Per munirli dunque e rivestirli di queste armi, Egli oggi discese nella maniera seguente.
Erano già ritornati i discepoli dal monte Oliveto al cenacolo di Gerusalemme, dove radunati sino al numero di centoventi, perseveravano nell'orazione assieme con Maria Madre di Gesù, e con altre devote donne. Uno era il loro cuore, ed una sola la preghiera, chiedendo con tutto il fervore dello spirito l'adempimento delle divine promesse, e aspettando la venuta di questo Spirito consolatore. Dopo il corso di dieci giorni, sull'ora di terza, stando tutti in orazione, ecco che si sente discendere il divino Spirito in forma di un vento gagliardo e di lingue di fuoco, disperse e ferme sul capo di ciascuno. Tale fu la pienezza di amore, di soavità, di ardore e di gratitudine, di cui rimasero ricolmi, che già non poterono stare più nascosti, e si sentirono sforzati dalla pienezza del gaudio e della consolazione ad uscir fuori, e a pubblicare ad alta voce in ogni maniera di linguaggi le grandezze e meraviglie di Dio in loro operate.
Fermiamoci un poco a considerare tutte le circostanze di questa venuta per nostra istruzione. Dice san Luca che stavano tutti uniti in orazione; perché questo santo amore di unione e di carità è quello che attira nelle nostre anime questo divino Spirito. Un vento violento scuote la stanza, non già con quel fragore e strepito con cui si solleva il temporale d'estate, ma con dolcezza, e sacro timore da parte di coloro che dovevano ricevere il pregiato dono; come se volesse con ciò rendere attenti i circostanti, e dicesse loro: “Attendete, e considerate la presenza di quella Maestà che viene”; come pure per far accorrere con quell'insolito strepito i cittadini alla casa degli Apostoli, onde potessero intendere le meraviglie di Dio e la loro nuova dottrina, e alla vista dei divini portenti si convertissero alla nuova fede. Infine comparve sotto la figura del vento per darci ad intendere che siccome l'uomo non può vivere senza l'aria e il respiro, così egli non potrà vivere della vita spirituale e soprannaturale senza questo Santo Spirito.
Egli discese ancora sotto la figura di lingue di fuoco, e si fermò sopra il capo di ognuno dei discepoli raccolti in quel luogo. Discese in forma di lingue, perché essendo la lingua destinata dalla natura a spiegare i concetti interiori e i pensieri dell'anima, questo divino e Santo Spirito consostanziale al Padre e al Figlio venne dal cielo per spiegarci i divini secreti, e quanto il Verbo incarnato non ci aveva manifestato, lasciando allo Spirito Santo, come maestro e celeste interprete, la cura d'insegnarci il rimanente dell'evangelica dottrina. Venne in forma di lingue di fuoco, affinché le lingue degli Apostoli fossero come fiamme ardenti per portare questo benefico incendio per il mondo intero: affinché le labbra apostoliche, purificate col fuoco, come un tempo quelle d'Isaia, predicassero alle genti le celesti verità, illuminassero le loro menti e le trasformassero in nuove creature: di maniera che i lupi divenissero pecorelle, i corvi colombe, i leoni agnelli e i mostri dell'empietà e idolatria angeli in carne e figli di Dio. Queste lingue di fuoco cambiarono quei discepoli nel modo che, dove prima erano rozzi e muti, divennero eloquenti; prima poveri pescatori, poi Apostoli; prima ignoranti, poi sapientissimi; prima vasi di vetro, poi vasi eletti di Dio, per portare il suo Santo Nome per tutta la faccia della terra. Si dice, nel santo Vangelo, che queste lingue si posarono sopra ciascuno, per denotare che tali doni e grazie erano permanenti, senza timore di restarne privi: e furono confermati in grazia con una tale abbondanza dei doni divini, che dopo la Madre di Gesù Cristo non vi fu creatura arricchita con maggior dovizia di doni e di grazie, quanto i santi Apostoli.
Adorni pertanto di una nuova imponente luce, infiammati di una carità perfetta, forniti di una chiara cognizione della bontà infinita di Dio e di una sapienza celeste dei più alti e sublimi misteri, non si poterono contenere più fra le angustie di quelle mura, e usciti fuori prima di tutti parlò l'Apostolo san Pietro a tutta quella moltitudine di ebrei accorsa per la novità del prodigio, e parlò con tanta efficacia ed eloquenza, che a quel primo sermone si convertirono tremila persone, rimanendo gli altri tutti estatici per lo stupore nel sentire ognuno parlare l'Apostolo nella propria lingua. In quella stagione, per la corrente solennità, erano in molti, e molti fra gli ebrei erano venuti da lontani paesi e parlavano lingue straniere: perciò non potevano far a meno di ammirare il prodigio, sapendo che l'Apostolo era nato e cresciuto nella Galilea praticando la sola arte del povero pescatore.
Cessa però ogni meraviglia qualora brevemente si rifletta a quanto operò questo divino Spirito nella sua venuta. Diamo un'occhiata alla conversione del mondo provenuta dalla predicazione degli Apostoli. Non erano che dodici poveri pescatori della più bassa condizione del popolo, senza eloquenza né umana sapienza, senza appoggio e favore dei grandi e dei principi del mondo, eppure vinsero i più saggi filosofi, i più crudeli tiranni e morendo trionfarono sui tormenti e sulla morte riversando dalla sua sede il demonio, strappandogli di testa la corona e di mano lo scettro che aveva usurpato facendosi adorare come Dio, convertendo i cuori degli uomini, facendo loro credere che un Uomo crocifisso in mezzo a due ladri era vero Dio e come tale Lo ricevessero e si assoggettassero al giogo dolce della sua legge lasciando i loro vizi abominevoli e i loro brutali costumi.
Non vogliamo però credere che questo divino Spirito sia disceso soltanto sopra gli Apostoli, e che con la loro morte siano terminati gli effetti portentosi della sua venuta! Non è così: Egli dimorò e si trova al presente nella sua sposa, la santa Chiesa, e vi persevererà sempre secondo la promessa fatta da Gesù Cristo, in san Giovanni. Egli è pertanto nella sua Chiesa come l'anima è nel suo corpo. L'anima dà e mantiene la vita al corpo e a ciascuno dei membri; essa è la ragione per cui l'occhio vede, intende l'orecchio e parla la lingua, toccano ed operano le mani, si muovono i piedi e ciascun membro del corpo esercita il suo proprio particolare uffizio. Alla stessa maniera, questo divino Spirito, animando la sua Chiesa, la vivifica, la regola e governa, ed esercita parecchi uffizi per mezzo delle diverse sue membra, uffizi tutti necessari e molto convenienti per la conservazione del corpo mistico di nostro Signor Gesù Cristo. Egli infine viene invisibilmente ogni giorno nelle anime nostre, le santifica e vi dimora, accresce i suoi doni e le sue grazie e imprime nei nostri cuori le virtù; e qualora si mostri fedele l'anima cristiana, Egli vi dimora con la sua reale presenza come in suo tempio, perciò la purifica, la santifica e l'abbellisce con i suoi doni per renderla degna di un tanto divino Ospite.
Questo divino Spirito è rispetto all'anima del giusto ciò che è il sole rispetto al mondo che illumina, ciò che è un re riguardo al regno che governa, ciò che è un padre rispetto alla famiglia cui presiede, ciò che è un maestro rispetto alla scuola dove insegna, ciò che è un giardiniere rispetto al terreno che coltiva. Egli ci fa amare ciò che odieremmo, mortifica le nostre passioni, raddrizza le nostre prave intenzioni, compone e accomoda le nostre potenze. Egli è la riforma della nostra immagine, la perfezione del nostro spirito e la riparazione dell'anima nostra. Ogni volta che la Chiesa invoca questo divino Spirito, lo chiama Padre dei poveri, distributore dei doni, lume dei cuori, amabile consolatore, dolcissimo ospite, refrigerio dell'anima, riposo nei travagli, ombra gradita nei bollori dell'estate, sollievo e ristoro nei nostri pianti. Che cosa è l'uomo senza questo divino Spirito? Egli è nudo, disarmato ed esposto agli attacchi dei suoi nemici. Egli è un povero cieco che cammina in mezzo a mille pericoli. Non vede sopra di sé la collera di Dio, sotto ai suoi piedi l'inferno aperto, alla destra le ingannevoli prosperità, alla sinistra i travagli e avversità; avanti a sé il demonio che lo inganna, alle spalle la morte che sta per assalirlo, fuori di sé il mondo che lo tradisce, dentro di sé la carne che si ribella. Egli di tutto ciò nulla vede, perché privo della luce di questo Spirito, senza la quale ogni cosa è tenebre. Al contrario, se fate che quest’uomo resti illuminato da questo vivo Lume dei lumi, egli subito è così possente e così forte, che nulla teme, nulla lo spaventa, e contro le porte tutte degli inferi combatte e vince.
Per tutte queste cose, si vede la necessità che abbiamo d'invocare e supplicare questo divino Spirito, affinché venga a visitare l'anima nostra, e si compiaccia di dimorare in quella, di arricchirla e ornarla dei suoi celesti doni. Però, per poter ottenere un favore così distinto, è d'obbligo che ci prepariamo con le dovute disposizioni per riceverlo. Una continua e fervente orazione, e un sommo ardente desiderio della sua presenza e del suo amore furono le disposizioni degli Apostoli. Vogliamo esserne parte anche noi? Intendiamo che lo Spirito Santo viene volentieri sopra coloro che lo bramano, invocano con lacrime, sospiri, e con una profonda umiltà e con una vera cognizione della propria debolezza e miseria a Lui si presentano: aggiungiamo poi una piena confidenza fondata sopra la sua bontà e il suo amore infinito, che gli fa desiderare di comunicarsi con i suoi doni alle anime nostre, degnazione così grande e sorprendente che noi stessi non avremmo il coraggio d'invitarlo, conoscendo la nostra indegnità. Invochiamo dunque con tutto il maggior affetto la grazia di questo Santo Spirito, e supplichiamolo umilmente, perché si compiaccia di discendere ed abitare in noi, e di consacrare come suo tempio l'anima nostra, affinché siamo fatti partecipi della gioia e solennità di questa grande festa e del frutto indicibile che con l'odierna sua discesa sopra gli Apostoli sparse per tutto il mondo.
Padre Carlo Massini