Quarto e Quinto Precetto della Chiesa
Che ci ordina il quarto precetto: “Soccorrere alle necessità della Chiesa, contribuendo secondo le leggi o le usanze”? Il quarto precetto ci ordina di fare le offerte stabilite dall'autorità o dall'uso, per il conveniente esercizio del culto e per l'onesto sostentamento dei ministri di Dio.
L'esercizio del culto pubblico, prescritto dalla Legge di Dio, comporta: la costruzione e la manutenzione degli edifici sacri, funzioni e cerimonie solenni e dispendiose, una moltitudine di ministri sacri, la celebrazione del divino Sacrificio, l'amministrazione dei Sacramenti, l'educazione religiosa del popolo, le opere apostoliche e missionarie... e qualsiasi altra necessità che abbia l'intento unicamente agli interessi della gloria di Dio e al bene delle anime.
È dunque palese come queste opere indispensabili debbano essere mantenute a grandi spese, e non possono certo essere i ministri di Dio a sostenerne i costi: innanzitutto perché non possono esercitare alcun mestiere o professione a intento di lucro (che sarebbe assai disdicevole per uomini consacrati a Dio), e poi perché non ne avrebbero né tempo né la possibilità, perché ciò li distoglierebbe dai loro sacri doveri.
Dunque, siccome tutte queste opere (edifici, Messe, cerimonie, missioni, ecc.) sono sono per il bene del popolo, è dovere dei cristiani contribuire alle spese. L'obbligo di religione, di giustizia e di carità a cui sono vincolati i fedeli, comporta anche il soccorrere materialmente alle necessità della Chiesa di Dio.
Specialmente nel passato, era prescritta la misura del contributo che i fedeli dovevano dare; ma dove manca una legislazione apposita vi è l'uso dei buoni cattolici, al quale ciascuno deve conformarsi e dare secondo le necessità della Chiesa, dei ministri e secondo le sue possibilità. Chi si sottrae completamente a questo dovere non è scusato da colpa mortale.
ESEMPIO:
Gesù, levando poi gli occhi, osservò i ricchi che gettavano le offerte nella cassetta del tempio, e vide anche una povera vedova gettare due oboli. Allora disse: “Vi dico in verità che questa vedova povera ha messo più che non tutti gli altri, perché tutti costoro hanno messo nelle offerte a Dio di quello che loro sopravanzava; essa invece nella sua miseria ha messo quanto aveva per sostentarsi” (Lc 21, 1-4).
Che ci proibisce il quinto precetto: “Non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti”? Il quinto precetto proibisce la Messa con la benedizione speciale degli sposi dall'Avvento a tutto il giorno di Natale, e dal primo giorno di Quaresima a tutto il giorno di Pasqua.
Ciò che rende solenne la celebrazione delle nozze nella liturgia è la Messa con la speciale benedizione per gli sposi, celebrata dopo che essi si sono uniti in matrimonio davanti al parroco.
Gli sposalizi comportano sempre, oltre la celebrazione in chiesa, anche i vari festeggiamenti, dal pranzo festivo alle musiche, ai canti e balli, e altre manifestazioni di gioia esterna e rumorosa, che nel periodo di Avvento e di Quaresima sono assai disdicevoli, poiché periodi penitenziali. L'Avvento infatti deve preparare alla santa e intima gioia del Natale, mentre la Quaresima alla mortificazione, al dolore dei peccati e alle opere di pietà in preparazione alla gioia della Pasqua.
La Chiesa però non ha proibito in modo assoluto la celebrazione delle nozze in questi tempi, ma nega la Messa con la benedizione solenne, che solo i vescovi possono permettere in caso vi sia un grave e urgente bisogno di celebrare le nozze.
RIFLETTO:
Conformiamoci il più possibile ai diversi sentimenti che la Chiesa vuole inculcare nei vari tempi liturgici dell'anno.
ESEMPIO:
Il re Alessandro di Scozia nel giorno delle sue nozze aveva organizzato conviti, danze e spettacoli licenziosi. Nel mezzo della festa, comparve uno scheletro umano e cominciò a danzare invitando i convitati a ballare con lui. Tutti fuggirono terrorizzati. Pochi giorni dopo, il re fu sbalzato da cavallo e morì improvvisamente. Dopo quel fatto, vennero proibite in tutta la Scozia tali manifestazioni licenziose e profane nella celebrazione delle nozze, santificate dal sacramento divino e dalla preghiera della Chiesa.
Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X