Secondo Precetto della Chiesa
Che ci proibisce il secondo precetto: “Non mangiar carne nel venerdì e negli altri giorni di astinenza”? Il secondo precetto ci proibisce di mangiar carne nel venerdì (giorno della Passione e Morte di Gesù Cristo) e in alcuni giorni di digiuno.
Il peccato crea un debito di colpa, che viene tolto col perdono, e un debito di pena, che si sconta con la penitenza. La prima penitenza necessaria per ottenere il perdono della colpa e la remissione della pena è il pentimento; è difficile però che il pentimento sia così perfetto da meritare il condono di tutta la pena: ordinariamente infatti ottiene la remissione solo di una parte della pena, l'altra parte dovrà essere scontata con le mortificazioni o penitenze volontarie della vita o con le pene del Purgatorio. Vediamo dunque come sono importanti le mortificazioni e l'offerta a Dio di tutte le nostre sofferenze della vita.
Siccome però difficilmente siamo portati a mortificarci e a fare penitenza volontariamente, la Chiesa ci viene in aiuto con il secondo precetto: esso infatti ci ricorda il nostro dovere di mortificazione e ci prescrive alcune forme di penitenza, il digiuno e l'astinenza, in determinati giorni.
La Santa Sede prescrive l'astinenza tutti i venerdì dell'anno, il mercoledì delle Ceneri, la vigilia dell'Immacolata Concezione e la vigilia di Natale, con facoltà di anticiparla il 23 dicembre. Non è più obbligatoria, ma è consigliabile, l'astinenza nei sabati di Quaresima, nei tre giorni (mercoledì, venerdì e sabato) delle Quattro Tempora, nella vigilia di Pentecoste, nella vigilia dell'Assunzione e di tutti i Santi.
L'astinenza è l'astensione dalla carne e dal brodo di carne. Per carne si intende quella degli animali a sangue caldo (bovini, ovini, pollame, uccelli). Non è proibita la carne degli animali a sangue freddo (pesci, lumache, rane, ostriche, gamberi, lontre, castori...). La legge dell'astinenza obbliga sotto pena di peccato grave (eccetto si tratti di piccole quantità, inferiori a una porzione di carne) tutti quelli che hanno compiuto sette anni e che non siano scusati da una causa grava o da dispensa legittima. Ad esempio, sono scusati i mendicanti, i malati che hanno bisogno di carne, quelli che fanno lavori pesanti, i dipendenti ai quali non è permesso mangiare di magro (eccetto il caso che questo sia fatto in dispregio delle leggi della Chiesa), i militari, i viaggiatori, quelli che non possono trovare cibi di magro.
ESEMPIO:
San Paolo eremita, che visse nella solitudine del deserto dall'età di quindici anni fino a quella di centotredici, non prese mai più di un pasto al giorno, che consisteva in frutti di palme e in un mezzo pane, che gli veniva portato da un corvo misterioso.
Che cosa ordina il secondo precetto: Digiunare nei giorni prescritti? Il secondo precetto ordina di osservare il digiuno ecclesiastico.
La Chiesa ha imposto ai suoi figli la penitenza del digiuno, seguendo l'esempio di Gesù Cristo che digiunò per quaranta giorni e quaranta notti nel deserto, affinché i cristiani si rafforzino nell'esercizio delle virtù, specialmente quella della temperanza, che serve a domare le passioni più forti ed esigenti del nostro corpo, il quale vorrebbe soddisfare tutti i suoi gusti.
L'obbligo del digiuno è limitato al mercoledì delle Ceneri, al Venerdì Santo, alla Vigilia dell'Immacolata Concezione e alla Vigilia di Natale, che può essere anticipata al 23. Non è più in vigore l'antica legislazione ecclesiastica che prescriveva il digiuno in Quaresima, nelle Quattro Tempora e nelle vigilie di Pentecoste, dell'Assunzione e di tutti i Santi. Il Sommo Pontefice Pio XII esortò i fedeli a esercitarsi nella pratica delle virtù cristiane, specialmente in opere di carità verso i bisognosi.
RIFLETTO:
Chi osserva fedelmente i digiuni e le astinenza prescritte dalla Chiesa adempie indubbiamente l'obbligo della penitenza e soddisfa in gran parte le pene dovute ai suoi peccati.
A che obbliga il digiuno ecclesiastico? Il digiuno ecclesiastico obbliga all'astinenza da determinati cibi e da altri pasti oltre il pranzo: è consentita però una seconda refezione leggera.
Il digiuno impone alla persona di fare un solo pasto al giorno, come prescritto dal Codice di Diritto Canonico. Il pranzo unico è solitamente quello di mezzogiorno, ed è permesso mangiare quello che si vuole quanto si vuole, salva sempre la virtù della temperanza ed eccettuati i giorni di astinenza dalle carni. Le bevande non sono comprese nel digiuno ecclesiastico.
Tuttavia, è consentito un piccolo pasto (detto boccone teologico) la mattina, dove si include una bevanda (caffè, the, cioccolata, etc.) e una piccola porzione di cibo solido (pane, brioche, biscotti, etc.) che non superi i 70 grammi.
È consentito anche un pasto serale con una porzione di cibi che non superi i 200-250 grammi. La vigilia di Natale invece è permessa una razione doppia.
In queste due piccole refezioni del mattino e della sera non è consentito l'uso della carne o del brodo di carne, mentre sono permessi latticini e uova.
Chi è obbligato al digiuno ecclesiastico? Al digiuno ecclesiastico è obbligato ogni fedele dai ventun anni compiuti ai sessanta incominciati, se non ne sia scusato per infermità, per lavori gravosi o per altra giusta ragione.
I giovani sotto i ventun anni non sono obbligati al digiuno ecclesiastico, poiché il cibo serve loro per crescere e irrobustirsi, e tale digiuno sarebbe nocivo. I vecchi oltre i sessant'anni potrebbero invece essere indeboliti dal digiuno, perciò sono dispensati. La Chiesa è madre dei suoi figli, e non vuole nuocere alla loro salute.
Chi, oltre al pasto principale e alle due refezioni, prende una quantità di cibo corrispondente ad un terzo del pasto principale, non è esente dal peccato grave, eccetto il caso che non abbia l'età prescritta per il digiuno o l'abbia superata, oppure ne sia scusato per i seguenti motivi:
1. per infermità. - Sono scusati dal digiuno i malati, i convalescenti, le persone malaticce, quanti soffrono di forti emicranie o non riescono a riposare, le donne gravide, le allattanti, le donne nel periodo mestruale se dovessero soffrire;
2. per lavori gravosi. - Sono scusati i contadini nei campi, i braccianti, operai, fabbri, facchini, sarti, ecc. ai quali il digiuno causerebbe debolezza nociva al lavoro. Sono scusati anche i viaggiatori, eccetto quando si viaggia per divertimento. Sono inoltre scusati i predicatori, conferenzieri, insegnanti e studenti, quando non possono convenientemente compiere i loro doveri professionali.
3. per altra giusta ragione. - La povertà che costringe a mendicare o a lavorare per non dover vivere di solo pane e legumi, la mancanza di libertà dei figli e dipendenti (eccetto il caso che i genitori o superiori non lascino digiunare in disprezzo alla legge ecclesiastica), la dispensa legittima dall'autorità ecclesiastica sono giusti motivi per l'esonero dal digiuno.
Perché la Chiesa ci impone astinenze e digiuni? La Chiesa c'impone, in conformità dell'esempio e della dottrina di Gesù Cristo, astinenze e digiuni, per penitenza dei peccati, per mortificazione della gola e delle passioni, e per altre necessità particolari.
Gesù Cristo stesso ci ha dato l'esempio del digiuno e della mortificazione prima di cominciare la sua vita pubblica, trascorrendo il periodo di quaranta giorni e notti nel deserto. Poi, insegnò la rinuncia a se stessi per poter essere suoi discepoli, l'accettazione della propria croce per poterlo seguire e ribadì l'importanza del digiuno e della preghiera per non cedere alle tentazioni che altrimenti non possono essere vinte.
La Chiesa dunque ha stabilito la legge dell'astinenza e del digiuno, oltre che per indurci a imitare Cristo, anche per i seguenti motivi:
1. per penitenza dei nostri peccati. - I nostri peccati, come già spiegato precedentemente, creano un debito di pena che si deve scontare o con la penitenza in questa vita o con la sofferenza nel Purgatorio. La penitenza e il digiuno in questa vita, oltre a scontarci la pena terribile del Purgatorio, accrescono in noi i meriti, cosa che non può avvenire nel Purgatorio.
2. per mortificazione della gola e delle passioni. - Le passioni, specie la gola e la lussuria, sono forze cieche, che spingono continuamente al male e al piacere peccaminoso proibito dalla legge di Dio. Le passioni sono più forti quando il corpo è ben pasciuto e accontentato in tutti i suoi capricci. L'astinenza e il digiuno contribuiscono invece a mantenere sano il corpo, a dare maggior forza e padronanza alla volontà, in modo da dominare le passioni e servirsene per il bene. Il digiuno comprime i vizi, innalza la mente, concede virtù e merita il premio.
3. e per altre necessità particolari. - Il digiuno e l'astinenza ci rendono propizia la divina misericordia, ci aumentano l'abbondanza della grazia, allontanano i castighi divini, ci preparano al Cielo.
RIFLETTO:
Quando vogliamo chiedere a Dio qualche grazia particolare, alla preghiera uniamo sempre il digiuno e il sacrificio: Dio ci ascolterà più facilmente!
ESEMPIO:
Quando un parroco si era recato dal santo curato d'Ars per lamentarsi dei suoi parrocchiani cattivi e infedeli, il santo gli domandò se pregava per loro. Il sacerdote gli rispose che pregava molto, quindi il santo gli chiese: “Vi siete flagellato qualche volta?”, e il sacerdote gli rispose di no. Allora, il santo gli consigliò di fare un po' più di penitenza, che avrebbe sicuramente ottenuto da Dio la grazia di trasformare la parrocchia in breve tempo.
Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X