Libertà, felicità e oblazione

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Se viviamo in grazia di Dio, la SS. Trinità inabita fisicamente e realmente nella nostra anima. I Santi ci invitano ad entrare nella parte più profonda di essa (lo “spirito”, che è l’anima elevata all’ordine soprannaturale) e a restarvi alla presenza amorosa di Dio. Anche nelle circostanze esterne più difficili e sfavorevoli, abbiamo dentro di noi uno spazio di pace interiore che nessuno può turbare, poiché vi è presente Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo. Questa è una verità di Fede che ogni cristiano dovrebbe conoscere, e che, una volta conosciuta e creduta, va vissuta e coltivata. Dio è presente in noi per conoscerci, amarci e convivere con noi e noi dobbiamo conoscerlo, amarlo e vivere assieme a Lui. Questa è la natura della vita spirituale o soprannaturale: Fede, Speranza e Carità vissute nella meditazione o colloquio con Dio. Sino a che non vivremo soprannaturalmente, saremo angustiati, monchi e privi della vera pace e libertà dell’anima, che solo Dio conosciuto, amato e convissuto può darci. San Paolo ce lo rivela: “Dove è lo Spirito del Signore, là c’è la libertà” (2 Cor., III, 17). Se vogliamo vivere, nonostante le prove e le croci della vita terrena, in pace con Dio, con noi stessi e possibilmente con il prossimo, dobbiamo approfondire nella meditazione questa verità e cercare di viverla quotidianamente. Solo allora nulla ci soffocherà interiormente, anche se esteriormente le vicissitudini potranno essere estremamente avverse e dolorose. 

L’uomo conquista la vera libertà interiore e la pace dell’animo nella misura in cui fortifica la sua Fede e la vive nella Speranza e nella Carità, mediante la orazione e i Sacramenti. 

Conditio sine qua non per fortificare le Virtù teologali è la vera umiltà di cuore, che consiste nel vuotarci del nostro amor proprio o del nostro “io” per far spazio a Dio che ci ama e vuole essere riamato. La vera libertà è la libertà dall’errore e dal peccato, che solo il Bene e il Vero ci danno. Il liberalismo è il pervertimento egocentrico di questa massima e fa della libertà non un mezzo ma un fine e un assoluto, una sorta di idolo o falsa divinità, che ci renderebbe padroni di fare ciò che vogliamo, anche il male e l’errore.  Gesù, invece ci ha rivelato: “la Verità vi farà liberi” (Giov., VII, 32), mentre “chi fa il peccato è schiavo del peccato”. Dio vuole che noi riconosciamo di essere un nulla e che Lui è tutto. “Io sono Colui che è, tu se colei che non è” disse Gesù a S. Caterina da Siena. Perciò non dobbiamo preoccuparci di ciò che non possiamo fare con le sole nostre forze. Dio è onnipotente e spesso vuole per noi ciò che noi non vorremmo, ma Egli può ciò che noi non possiamo fare. Per cui se ci chiama ad un compito abbiamo fiducia nella sua Provvidenza onnipotente e misericordiosa, la quale ci aiuterà a fare anche ciò che da soli non riusciremmo mai a compiere. 

L’uomo è stato creato per la Felicità o Beatitudine,  che potrà conseguire perfettamente solo in Paradiso, dopo aver attraversato molte prove o “croci” (“croce” viene dal latino “cruciari” ossia essere tormentato). Solo la via del calvario e del tormento porta alla Resurrezione. Su questo non dobbiamo farci illusioni. Ma neppure vedere giansenisticamente la vita come fatta solo di pene e di dolori. No. In questa vita terrena vi sono gioie e dolori, e il dolore deve essere vissuto positivamente come mezzo di affinamento spirituale che ci avvicina a Dio.  Non va assolutizzato, né rifiutato, è una realtà con la quale dobbiamo fare i conti tutti i giorni, ma che possiamo superare e trasmutare in “oro” con l’aiuto della grazia del Signore. 

L’anima è aperta all’infinito, pur essendo finita in se stessa. L’uomo ha il desiderio di conoscere e amare qualcosa di spirituale e illimitato che è Dio. Per cui non può né deve condurre una vita rachitica, striminzita.  S. Agostino dopo aver ricercato la felicità nei beni materiali, nei piaceri sensibili e nella filosofia manichea, ha scritto nelle Confessioni: “Tu ci hai fatti per Te, o Signore, e il nostro animo è infelice sino a che non trova pace in Te”. Solo qualcosa di infinito, il Summum Bonum et Verum, ossia Dio, può dare la vera pace – relativa su questa terra ed assoluta solo nell’aldilà – all’uomo, che ha un’anima spirituale aperta all’infinito e che non può essere soddisfatta dalle cose finite e limitate. La conoscenza e l’amore del Vero e del  Bene ci danno la felicità e la libertà, l’errore e il male ci rendono infelici e schiavi (S. Caterina da Siena, Dialogo, cap. 51). L’uomo sente il bisogno di essere conosciuto, benvoluto e riamato dal prossimo e soprattutto da Dio, il quale è l’unico che possa farlo perfettamente e secondo i nostri reali bisogni che gli uomini potrebbero non conoscere e certe volte sfuggono persino a noi stessi. 

La vera libertà interiore non è una “conquista sociale e politica dell’uomo moderno”, che si è emancipato da ogni autorità umana e divina (“né Dio né padrone”) per il cristianesimo e la sana filosofia la libertà è una facoltà che ci aiuta a scegliere i mezzi migliori per fare il bene e fuggire il male. Essa consiste nell’esatto contrario della “libertà” o meglio “licenza” moderna: libero è chi si uniforma e conforma alla realtà vera e buona e a Dio Autore della realtà creata. Dobbiamo chiedere a Dio di rafforzare in noi, feriti dal peccato originale, questa capacità, che è un mezzo e non un fine, di modo che possiamo essere veramente liberi e non abusare o usare male della libertà facendo il male e aderendo all’errore, i quali sono segno difettoso di libertà, ma non sono l’essenza della libertà, come ad esempio la malattia è segno di deficienza di vita: sono la virtù di forza e il dono i fortezza dello Spirito Santo che perfezionano in noi il volere e l’operare di modo che siano secondo natura, ossia finalizzati al vero e al bene e non contro natura e dis/ordinati all’errore e al male. Solo il santo, ossia il vero cristiano, è veramente libero, poiché – come insegna S. Paolo – ha perso il proprio “io” per far vivere in lui Gesù Cristo (“vivo jam non ego, sed Christus vivit in me”). Dopo il peccato originale la nostra personalità è vulnerata, un tantino “originale” e solo perdendo la nostra per acquistare quella di Gesù Cristo riusciamo ad avere una sana e piena personalità, libera e padrona di sé e degli avvenimenti e non schiava dell’amor proprio, dell’egoismo, di ciò che avviene attorno a noi: “Chi vuol preservare la sua vita la perderà, ma chi la perderà per amor mio la salverà” (Mt., XVI, 25). Solo ciò che avviene in noi può farci del bene o del male, nobilitarci o abbassarci. Ciò che accade attorno a noi non deve preoccuparci. Questa è la vera libertà, che potremo raggiungere soltanto con l’aiuto della grazia di Dio: “Sine Me nihil potestis facere” ci ha rivelato Gesù.  

Spesso ci inganniamo e pensiamo che la vera libertà e felicità siano un qualcosa di esterno, dipendente dalle circostanze che ci ruotano attorno. Anche S. Agostino prima di convertirsi aveva commesso questo sbaglio: “Quaerebam Te foras sed intus eras; Ti cercavo fuori di me ma tu eri dentro me ed io fuori di me” (Confessioni, lib. X). Ossia non sono le circostanze della vita a limitare la nostra libertà e la pace della nostra anima. Certamente anch’esse esercitano un certo influsso sul nostro animo, ma non lo determinano. È doveroso superare certi ostacoli esterni che ci impedirebbero di fare il bene ed evitare il male. Tuttavia l’essenziale non consiste nelle circostanze esterne a noi, ma nella nostra volontà. Non dobbiamo (e non possiamo)  cambiare la realtà, però possiamo e dobbiamo cambiare noi stessi in relazione a Dio e al prossimo. 

S. Tommaso d’Aquino insegna che “un uomo è detto buono, non perché ha buona intelligenza, ma perché ha buona volontà”. Quindi è sulla volontà nostra che dobbiamo lavorarle per migliorarla e renderla veramente libera e in pace con se stessa.  La volontà umana sarà libera se sottomessa a Dio e capace di comandare le passioni della sensibilità di modo che il corpo obbedisca all’anima e questa a Dio. La monotonia della  vita quotidiana e persino i sacrifici che ci fa affrontare possono essere trasformati e sublimati dall’uomo interiore che vive unito a Dio, il quale da Dio ottiene tutto (“io posso tutto in Colui che mi fortifica”, S. Paolo). L’amore che ci fa uscire da noi stessi e ci unisce a Dio, ci dilata e ci rende “partecipi”  in maniera limitata e finita della Natura stessa di Dio (2 Lettera di S. Pietro). Se ci sentiamo in difficoltà, angustiati o “allo stretto”, quasi imprigionati e privi di libertà e pace, il problema non si trova specialmente nel luogo ove viviamo ma soprattutto in noi, nella nostra anima e nella mancanza di vero amore soprannaturale per Dio e il prossimo, che ci rende freddi, egoisti, ripiegati su di noi e sterili. La libertà e la pace si trovano in noi stessi, nella nostra anima spirituale e libera, non nelle cose che ci circondano. Certamente alcune circostanze possono essere difficili, ma siamo noi a peggiorare la situazione per la nostra mancanza di Fede e di Amore. 

Se vedessimo ogni cosa alla luce della Fede e amassimo soprannaturalmente anche le croci più pesanti, tutto si trasformerebbe in meglio, in grazia; questo è il segreto. Il cristiano, mediante la grazia di Dio, ha la capacità reale di credere, sperare e amare in ogni circostanza e ciò lo rende capace di trarre un bene spirituale da ogni male che possa sfiorarlo o colpirlo. Anche in carcere, anche sul patibolo ci resta la capacità di credere, sperare e amare e quindi di essere liberi e in pace con Dio; certamente è una pace interiore della parte superiore dell’anima (intelletto e volontà), che non esclude la sofferenza della sensibilità. Gesù nel Getsemani volle provare “paura, noia e tristezza” nella parte sensibile della sua umanità, ma nello stesso tempo la sua anima godeva della Visione Beatifica. Non dobbiamo mai confondere il sentire con il volere. Se la sensibilità soffre in certe circostanze, l’anima con l’aiuto della grazia divina può sempre continuare a credere, sperare e amare in libertà e pace di spirito. 

La libertà interiore non consiste tanto nello scegliere ciò che vogliamo, ma nel dire ‘sì’ anche a ciò che non ci piace e che ci troviamo innanzi. La Madonna disse “fiat” all’Angelo che le annunciava la sua Maternità divina e il suo Calvario ai piedi di Gesù crocifisso. Questa è la vera libertà interiore che ci fa sormontare con amore anche le prove più ardue, perché in esse vediamo la mano di Dio e la amiamo. La libertà consiste più nel darsi che nel possedere o dominare. Occorre saper accettare la realtà quale essa è  e non come la vorremmo noi, con speranza ed amore, giorno dopo giorno, per farne un sacrificio a Dio. 

Il problema, la difficoltà comincia proprio quando bussa alla nostra porta ciò che non ci piace, che ci contraria e ci fa soffrire. Ma è appunto in questi frangenti che dobbiamo usare della volontà liberamente per conseguire la pace interiore, accettando ciò che non abbiamo progettato noi e persino che non avremmo mai voluto. Il segreto per ottenere la piena libertà interiore consiste nel rifiutare i nostri capricci, i nostri gusti, poiché la nostra natura è ferita dal peccato originale e ci fa tendere verso ciò che non è bene in sé ma sembra esserlo per noi (il bene apparente che non è bene reale). 

Accettare ciò che entra in collisione con la nostra “volontà di potenza”, che coincide con la “libertà” assoluta o meglio licenza, accettare i nostri limiti, dire sì ad una situazione imprevista e non voluta che la vita ci pone davanti è ciò che l’uomo moderno, impastato di liberalismo, non sa fare più ed è per questo che non è più veramente libero della “libertà dei figli di Dio”. Vorremmo controllare tutto, come un “dio”, ma ciò è impossibile e le situazioni che non riusciamo a “creare” secondo il nostro piacimento diventano occasione di disperazione e rivolta. Invece, se sapessimo accettarle con l’occhio della Fede, allora sarebbero occasioni di crescita spirituale e di uniformità alla volontà di Dio. 

Se riuscissimo ad accettare una realtà che a prima vista sembra negativa e può anche esserlo in sé e per sé, ma che accettata alla luce di Dio e amata in Dio può essere tramutata in qualcosa di buono, ogni difficoltà diverrebbe ascesa a Dio. Posso accettarmi nonostante i miei limiti, connaturali alla mia natura, perché so che Dio mi ama se io Lo amo malgrado le mie deficienze. Partendo dal nulla Dio ha creato il mondo, partendo dalle nostre miserie umane Dio può produrre cose splendide come la santità. Nell’accettazione di ciò che non ci piace vi è la Fede, la Speranza e l’Amore in Dio che da ogni male trae un bene. Per esempio, se sono povero e dico sì alla mia povertà con Fiducia amorosa verso Dio, la povertà diventa occasione di santificazione, come avvenne a Gesù. Come si vede non è la realtà a determinarci, ma il nostro modo di vederla e accettarla con fiducia o rifiutarla con rivolta disperata. La felicità dipende dalla nostra libera scelta, che, se è fatta secondo l’ordine voluto da Dio, è vera e buona e porta alla pace e beatitudine. Il buon ladrone accettò con amore la croce e si salvò mentre il cattivo ladrone la rifiutò, si rivoltò, morì disperato e si dannò. La stessa circostanza può essere occasione di felicità o infelicità a seconda dalla volontà con la quale la viviamo. La parte principale dipende da noi, sempre prevenuti e aiutati dalla grazia divina. 

Gli errori che si comprendono e si correggono sono il “concime” che fa crescere il nostro spirito. Se invece ci ostiniamo in essi e non vogliamo correggerli, restano “letame” e il nostro spirito non cresce ma si rotola nel fango.  “Errare humanum est, perseverare diabolicum”. Nella seconda parte vedremo l’accettazione di se stessi come via al conseguimento dalla pace dell’animo.

 

Don Curzio Nitoglia  (doncurzionitoglia.net)


Documento stampato il 24/04/2024