Le visioni di Natale

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CARATTERISTICHE GENERALI DELLE VISIONI

Quello delle visioni è un fenomeno molto antico, conosciuto da sempre, applicato in genere alla storia delle religioni e ritenuto strumento di rivelazioni soprannaturali. Oltre alle visioni singole, destinate a persone dal temperamento mistico, si conoscono anche le visioni collettive, di cui è partecipe un gruppo o addirittura una folla; e si conoscono le visioni legate al luogo, come quelle famose del tempio di Asclepio a Epidauro, dove il dio appariva in sogno a tutti coloro che venivano a consultarlo. Le visioni ricorrono sia nelle religioni primitive sia in quelle superiori, e accompagnano la maggior parte delle forme mistiche e profetiche: i fondatori di religioni hanno visioni che sovente costituiscono il punto di partenza della loro conversione. Le visioni possono produrre anche fatti di importanza storica, come la famosa visione di Costantino. I profeti di Israele ebbero visioni, e sulle visioni si basa l'Apocalisse di san Giovanni; ne parlano inoltre san Paolo nella seconda lettera ai Corinzi (c. 12) e i Padri della Chiesa. Nella storia della mistica le visioni sono diffusissime.

Concretamente, le visioni sono impressioni ottiche ricevute a occhi aperti durante l'estasi dai veggenti, i quali partecipano con movimenti del corpo e degli occhi agli eventi che vedono svolgersi davanti a sé: essi « vedono » con gli occhi della mente, in quanto i loro nervi ottici non possono in realtà registrare altro che quello che si trova nell'ambiente circostante. I sogni avvengono invece ad occhi chiusi, e in questo si differenziano dalle visioni. Le allucinazioni possono provocare impressioni vive al pari delle visioni, ma si distinguono da queste in quanto sono prodotte o da disposizioni patologiche fisiche o da immissione nel corpo di determinate sostanze stimolanti, e sono quindi provocate artificialmente. Si può parlare di visione soltanto se non c'è alcun intervento del veggente e se il contenuto della visione stessa fa pensare a un'illuminazione. L'autentica visione è indipendente dalla volontà di chi la riceve e da qualsiasi manipolazione o suggestione. In molti casi la visione è collegata all'audizione, cioè il veggente sente rumori, suoni e soprattutto parole e dialoghi delle persone che vede muoversi e agire. Altre volte sono implicati altri sensi, come l'odorato (Teresa Neumann sentiva per esempio il profumo dei balsami), oppure vengono avvertite sensazioni di caldo o freddo. Le visioni iniziano di solito inaspettatamente con una sorta di raptus, che consiste nell'essere di colpo strappati via dalla realtà circostante e dal colloquio con le persone con le quali si è in compagnia, e nell'essere trasportati in un'altra realtà, con tutta l'attenzione concentrata sulla nuova dimensione e sulle impressioni che da questa giungono. Data la difficoltà di valutare la realtà o meno delle visioni, la Chiesa le considera con molto riserbo e prudenza e parla di « rivelazioni private »; analizza le doti morali del visionario, le sue virtù, l'eroicità della sua vita, la sua capacità di farsi autentico seguace di Cristo. Controlla anche se le doti visionarie siano accompagnate da altri carismi, quali le stigmate, il digiuno, la bilocazione, la levitazione, la capacità di leggere nell'animo altrui, di conoscere eventi lontani, di riconoscere le reliquie, e altro ancora. Abbiamo visto come Teresa Neumann presentasse gran parte di questa fenomenologia, riscontrabile peraltro nella vita di altri mistici cristiani. Basti pensare a Policarpo di Smirne, Francesco d'Assisi, Ildegarda di Bingen, Angela di Foligno, Caterina da Siena, Teresa d'Avila, Giovanni della Croce, Nikolaus de la Flùe, Anna Katharina Emmerich, Teresa di Lisieux, Gemma Galgani, Padre Pio. […]

LE VISIONI DI NATALE 

22 dicembre: partenza da Nazaret per Betlemme Giuseppe rientra e annuncia a Maria che per ordine dell'imperatore Augusto era stato disposto un censimento di tutta la popolazione dell'impero romano; dato che bisognava farsi censire nella città natale, bisognava partire subito per Betlemme. Maria attendeva per i prossimi giorni il parto, per cui quest'ordine per lei era duro da accettare. Tuttavia disse che non restava altro da fare che obbedire. Giuseppe temeva che il viaggio fosse troppo pesante per Maria e propose di viaggiare da solo. Maria però gli rispose che Dio avrebbe aiutato e che era bene obbedire alle autorità. Così si prepararono per il viaggio. Come animale da trasporto e insieme come cavalcatura presero un'asina, per poterne usare il latte. Fu caricata la tenda grigia e sopra di questa una coperta grigia di lana. Il resto del bagaglio fu appeso ai fianchi dell'asina, a sinistra un pacco contenente una coperta di lana per Giuseppe, dentro la quale erano custoditi pane, frutta e un vestito caldo per lui. A destra c'erano due pacchi: quello davanti, più piccolo, consisteva di una semplice coperta di lana che poteva all'occorrenza essere tagliata per farne dei pannolini; dentro a questa coperta c'erano le camicine e i pannolini per il bambino che doveva nascere. L'altro pacco conteneva un abito caldo per Maria e altro cibo. A questo pacco erano fissati orizzontalmente i tre pali della tenda. La partenza avvenne verso le sei del mattino. Maria si sedette sull'asina, con i piedi verso sinistra, Giuseppe camminava davanti a sinistra accanto all' animale che era legato a briglie di pelle. Nella mano sinistra Giuseppe aveva un bastone da viaggio, nella destra le briglie. Indossava una veste di colore giallo scuro e un mantello marrone. Maria indossava un caldo mantello grigio scuro, veste marrone rossiccio e scialle giallo di lana sotto al mantello. Il tempo era piuttosto freddo e piovoso, le strade sdrucciolevoli e fangose. Il viaggio in quella prima giornata fu buono, però non riuscirono a trovare una locanda per pernottare; così la sera montarono la tenda all'aperto in una zona deserta presso alcuni alberi e dormirono sulle coperte che avevano portato con sé. L'asina fu legata a un albero.

23 dicembre: sulla via per Betlemme Al mattino dopo Maria e Giuseppe si misero in viaggio alle 5 e mezzo circa. Procedettero senza fermarsi fino a mezzogiorno, e per risparmiare l'asina Maria ogni tanto faceva dei tratti a piedi. Verso mezzogiorno Maria si sentì stanca e vedendo in lontananza una casa ringraziarono Dio e vi si diressero. Qui viveva una coppia di sposi piuttosto anziani, con un ragazzo e una ragazza. Giuseppe entrò nella casetta e chiese aiuto per le cose indispensabili. L'uomo uscì, andò incontro a Maria e la pregò di entrare. Prima non si erano mai conosciuti. Vedendo Maria in avanzato stato di gravidanza e molto pallida - in genere però il suo aspetto era forte e sano - i due sposi offrirono a, lei e Giuseppe il loro pranzo caldo. Il Salvatore in seguito li ricompensò. I due vecchi morirono essendo ancora pagani, però molto buoni. I due ragazzi divennero cristiani. Prima sentirono le prediche di Giovanni Battista e il fratello si fece battezzare da lui. Poi segui il Salvatore e fu tra i primi settantadue discepoli; la sorella si occupò della casa e appunto mentre stava togliendo dall'abitazione tutto ciò che era pagano e in particolare voleva levare dal tetto l'immagine di un idolo, arrivarono i suoi parenti e la fecero precipitare dal tetto facendola morire. La seconda notte Giuseppe e Maria la passarono in una piccola locanda dove dovettero pagare per l'alloggio. Dormirono molto bene e presero forza per la successiva giornata di viaggio.

24 dicembre: ricerca di un ricovero Alle sei Maria e Giuseppe si misero di nuovo in viaggio. Dopo mezzogiorno l'asina camminava con molta fatica e in una piccola località ottennero gratuitamente del cibo per lei. Il tempo era piovoso e freddo. Verso sera erano alle porte di Betlemme: Maria scese dall'asina davanti alla porta settentrionale e poi entrò seguendo Giuseppe. Betlemme contava allora circa mille e cento abitanti. Le case, come a Gerusalemme, avevano il tetto piatto. Avevano finestre quadrate, piccole, o anche rotonde, senza vetri, con inferriate di legno e tende. Per la strada erano già accesi dei fuochi. Le strade erano lastricate con grandi pietre e quindi scivolose. Giuseppe entrò in una casa a destra della strada, mentre Maria teneva stretta l'asina. Ben presto Giuseppe uscì, e con espressione triste comunicò a Maria che qui non potevano pernottare. Proseguirono e Giuseppe chiese alloggio in una locanda poco oltre, una casa grande e lunga. Gli fu detto che non c'era più posto. Turbato, tornò da Maria che cercò di consolarlo. Cercarono poi, senza successo, in altre case, in particolare in una casa a sinistra della strada, quella dove Giuseppe era nato e dove doveva farsi censire. C'era molta gente, per cui Giuseppe pensò di rimandare la cosa al giorno dopo. Maria però lo sollecitò a provvedere subito, perché sentiva che la sua ora era vicina. Attesero quindi che ci fosse meno gente e si fecero censire. Nel frattempo si era fatta notte piena. Infine Giuseppe chiese a un altro uomo dove potesse alloggiare con Maria. L'uomo era gentile; disse loro che in città non c'era più posto, e suggerì loro di andare al settore meridionale e di uscire dalla città seguendo la strada per un breve tratto: li avrebbero trovato, a destra, una stalla dov'egli consentiva loro di alloggiare: infatti era comproprietario di quella stalla. I suoi pastori erano tra quelli che in seguito adorarono Gesù. Maria e Giuseppe seguirono l'indicazione; per raggiungere la stalla Giuseppe accese la lampada che aveva portato con sé; poi seguirono a piedi la strada per circa duecento metri e a destra trovarono la stalla che distava circa cinquanta metri dalla strada. Alle otto circa Giuseppe, Maria e l'asina entravano nella stalla. La stalla era lunga circa sette metri e larga quattro. Era costruita sul dorsale orientale di una collina, accanto a una caverna che si apriva nella roccia. Il tetto era fatto di legno vecchio e spesso, come anche le pareti laterali e quella anteriore della stalla. Alla parete di destra c'era una piccola finestra. Giuseppe legò l'asina a un palo, e più tardi a un altro palo accanto al bambino, perché lo scaldasse. Appese la lampada al soffitto al centro della stalla. Poi preparò il giaciglio per Maria e per sé. Per Maria stese su della paglia il telo della tenda e la coperta grigia di lana, per sé usò una coperta di lana e paglia. Maria doveva dormire a destra della stalla, lui a sinistra. Il cielo era coperto di nubi.

24-25 dicembre: notte santa La visione della notte di Natale avveniva sempre per Teresa in tempi reali, cioè verso la mezzanotte del 24 dicembre. Ad essa assistettero più volte padre Naber, il dottor Gerlich, il professor Wutz, Steiner e altri amici di Teresa. Durante questa visione il suo viso era raggiante di gioia. Teresa non vedeva la nascita vera e propria di Gesù. In base alle annotazioni del pastore Naber, basate sulle descrizioni di Teresa nello stato di quiete, i fatti venivano da lei visti in questo modo (riportiamo letteralmente le note del sacerdote): « Verso le undici di sera Maria entra in estasi. Si solleva in ginocchio e incrocia le braccia sul petto. Il bambino divino lascia verso mezzanotte il grembo materno, che si richiude subito intatto e incontaminato; non ci sono dolori né prima né dopo. Giuseppe aveva riempito una mangiatoia di paglia: sotto paglia di frumento e sopra morbidi giunchi. La mangiatoia era lunga circa un metro, non tutte le mangiatoie erano uguali. In questa mangiatoia Maria pose il bambino, dopo averlo asciugato, avvolto in pannolini, coperto di ùna camicina a maniche lunghe e di una copertina di lana. Poi pregarono, Giuseppe a destra e Maria a sinistra del bambino, Giuseppe a mani giunte, Maria a braccia incrociate sul petto. Alla nascita di Gesù il cielo divenne chiaro e pieno di stelle ». Teresa aggiunse che il bambino aveva gli occhi azzurro-scuri e i capelli chiari.

L'ANNUNCIO AI PASTORI

La visione dell'annuncio ai pastori della nascita di Cristo iniziava una mezz'ora circa dopo mezzanotte. Teresa Neumann si vedeva trasportata davanti a una capanna che distava circa mezz'ora dalla stalla, in direzione sud, su una collina a cinquanta metri dalla strada. Tutta la zona era collinosa. La capanna era alta meno di due metri, coperta di giunchi, appoggiata e inserita in una roccia. Era grande circa la metà della stalla di Betlemme. In questa capanna otto pastori avevano il loro riparo notturno; dormivano su giunchi e si coprivano con coperte e pelli di pecora. C'erano anche tredici pecore grandi e piccole, bianche e marroni, e due cani, uno grande nero e uno piccolo marrone, col pelo lungo e le orecchie pendenti. Questi stavano dentro la capanna; fuori c'erano circa cinquecento pecore. All'improvviso si fece chiaro, e tutti nella capanna si spaventarono. Con circospezione i pastori spiarono fuori della capanna per vedere quale potesse essere la causa della luminosità. E che cosa videro? A una distanza di circa tre metri, a un'altezza di circa tre metri, davanti al lato occidentale della capanna, su una nube lucente stava un angelo, una figura di giovinetto fatto di luce, con la veste bianca splendente dalle maniche lunghe e la cintura. Era quello che aveva detto a Maria « Schelam lich Mirjam ». I suoi capelli lunghi avevano la discriminatura al centro. La mano sinistra era posata sul petto, la destra era alzata. Non aveva ali. Tutto il paesaggio circostante era illuminato dalla luce che emanava dall'angelo. L'angelo parlò ai pastori in maniera da tranquillizzarli, con voce chiara, amichevole e solenne; parlò loro nella loro lingua. Due volte indicò con la mano destra verso sinistra. Quando finì di parlare, intorno a lui apparvero molti altri angeli (angeli normali, circa seicento), anch'essi luminosi e su nubi lucenti. Quando ebbero innalzato un meraviglioso canto con i pastori che ascoltavano con grande attenzione, la schiera celeste scomparve. I pastori ora discussero fra loro per circa un quarto d'ora; poi si mossero in direzione di Betlemme. Le tredici pecore e i due cani che erano nella capanna andarono con loro. La stalla in cui era nato il Redentore apparteneva al padrone di questi pastori. In questa stalla i pastori speravano di trovare il bambino neonato. La loro speranza crebbe quando dalla strada videro la luce uscire dalla finestra della stalla. Giunti alla stalla, i pastori adorarono il bambino. Regalarono alla sacra famiglia una pecora e un agnello. In seguito Giuseppe li vendette per comprare col ricavato le cose più necessarie al bambino.

I RE MAGI

In base alle visioni di Teresa Neumann, i nomi di questi tre re, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, tramandati dalla tradizione ecclesiastica, sono più o meno esatti. Essi erano autentici principi regnanti, molto ricchi, non autoritari e prepotenti, ma cordiali con la gente. Baldassarre veniva dalla Nubia, un paese ricco d'oro. Aveva poco più di 40 anni e viaggiava con settanta servitori, venti soldati, otto saggi (ognuno dei quali aveva due servitori e una moglie). Baldassarre aveva circa venti sapienti presso di sé. Melchiorre veniva dall'Arabia, un paese ricco di messi e di spezie. Aveva circa 55 anni e aveva portato con sé circa quaranta servitori, cinquanta soldati, cinque sapienti ognuno dei quali aveva due servitori e due mogli. Gaspare veniva dalla Media, un paese ricco di incenso, frutta e resine. Aveva circa 45 anni ed era accompagnato da circa venti servitori, quaranta soldati e quattro saggi ognuno con due servitori. In questi tre paesi veniva praticata con grande attenzione l'arte di scrutare le stelle, in particolare nella Media. Erano state costruite torri alte di legno, appunto per osservare le stelle. I principi tenevano ad avere presso di sé dei sapienti esperti nell'osservazione delle stelle, i magi. I giudei che vivevano nei loro paesi avevano portato la conoscenza del vero Dio e del Salvatore promesso, in particolare anche la profezia di Balaam: «Sorgerà una stella da Giacobbe» (Nm 24,17). In Nubia la stella era stata vista già tre settimane prima della nascita del Salvatore da due magi, che erano poi andati dal re e gli avevano raccontato di aver visto in cielo una stella speciale: essa era di grandezza straordinaria ed emanava una luce particolarmente forte; aveva inoltre una coda speciale, lunga e piegata verso la fine. Il re aveva quindi riunito i sapienti del suo regno, i quali non avevano saputo come spiegarsi il fatto, per cui il re aveva inviato messaggeri al suo amico, il re Melchiorre d'Arabia, nella fiducia che lui ne sapesse di più. In Arabia e in Media la stella era visibile come in Nubia, però in quei giorni nessun astronomo era salito sulla torre. Soltanto in Arabia uno era stato lassù, aveva visto la strana stella e aveva detto che era necessario studiarla a fondo. Però i magi non erano tutti presenti, così la cosa era stata tralasciata; anche il re non se ne era occupato oltre. Ora però salì lui stesso sulla torre e poi inviò messaggeri in Media per sapere se anche li fosse stata vista quella stella così particolare. In Media il re era salito personalmente sulla torre nei giorni della nascita del Salvatore e aveva scoperto la stella; aveva allora chiamato a consiglio i suoi sapienti, che però non avevano saputo dirgli nulla di preciso. Quando però tornarono i messaggeri dall'Arabia e riferirono ciò che avevano saputo, il re capì e ordinò di predisporre subito il viaggio per l'Arabia per discutere la cosa. Mentre i messaggeri arabi erano in viaggio per la Media, il re di Nubia cavalcò verso l'Arabia e proseguì poi col re di questo paese per la Media, dove giunsero mentre il re del paese stava facendo i preparativi per il viaggio in Arabia. Partirono quindi tutti e tre dalla Media seguendo la stella, che spesso non era visibile per giorni e settimane (a causa delle nubi) e quindi il viaggio fu ritardato. I re erano monoteisti, conoscevano la profezia di Balaam e credevano di avere ora davanti a sé la stella che egli aveva preannunciato. La visione dell'arrivo dei re magi avvenne il 6 gennaio 1929: verso mezzogiorno. Teresa vide i tre saggi principi, con un seguito di circa trecento persone (sapienti, servitori, soldati e anche donne) arrivare a Gerusalemme. Erano un negro dalla Nubia, uno di pelle scura dall'Arabia, un giallo dalla Media. Una cometa li guidava. Dopo una prima indagine presso Erode al quale chiesero dove fosse il re neonato, i re si mossero verso una Betlemme in direzione nord. Soltanto dopo una seconda indagine si mossero verso la Betlemme giusta. La stella però li condusse ben oltre Betlemme, verso una stalla in muratura dove la sacra famiglia, che stava allora fuggendo verso l'Egitto, viveva già da qualche tempo. Da principio i re sono delusi dalla semplicità e povertà che trovano e credono di essersi sbagliati. Tuttavia bussano alla porta. Giuseppe apre con circospezione. Soltanto il re di Arabia sa parlare una lingua che Giuseppe può capire. Egli si presenta e chiede di parlare con la madre. Poi vede Gesù bambino, che ha ora quasi due anni, con uno «sguardo divino»: e subito i re riconoscono in quel bimbo la meta delle loro ricerche, si gettano al suolo e con la fronte a terra adorano il piccolo. Teresa Neumann sente le catene che portano al collo tintinnare toccando la terra... Poi i re presentano i loro doni. Pregano la madre di conceder loro di tenere fra le braccia il bambino, e vengono accontentati. Teresa li invidia molto, perché possono tenere fra le braccia il bambino. Viene però ricompensata perché quando il bambino ha preso congedo dai re guarda lei con affetto, corre verso di lei con le manine tese e lei può tenerlo fra le braccia. Lo sente caldo e grassottello, ed è felicissima. Teresa visse questa esperienza per la prima volta nel 1931, e poi da allora tutti gli anni il 6 gennaio.

GESÙ BAMBINO A NAZARET

Teresa vede Gesù che è ormai un ragazzino di qualche anno. Giuseppe va al lavoro. Gesù vuole andare con lui, ma sua madre non glielo permette. Quando la sera Giuseppe torna a casa, Gesù gli corre incontro affettuosamente. Dopo il ritorno dall'Egitto, la sacra famiglia aveva avuto in dono un certo numero di pecore, e il bambino Gesù doveva custodirle. La mamma gli dava la colazione da portare con sé mentre era al pascolo. Una volta andò da lui un uomo molto malato, lebbroso. Gesù bambino, compassionevole, divide con lui il suo pasto. Poi sfiora il viso dell'uomo. L'uomo va via; strada facendo si guarda e si accorge che la sua lebbra è sparita. Quest'uomo in seguito arrivò ad avere una posizione importante. Era presente alla riunione quando Gesù fu condannato a morte. Come alcuni altri, non fu d'accordo col giudizio di morte. Gesù bambino giocava volentieri con gli altri bambini di Nazaret.

IL BATTESIMO DI GESÙ

Questa visione avvenne il 13 gennaio del 1952 (o 1953) ed è stata descritta da Johannes Steiner. Le circostanze sono le seguenti: insieme a padre Naber, Teresa e un nipote quindicenne di lei, Steiner era stato a vedere il film Bernadette tratto dal romanzo di Franz Werfel. Sulla via del ritorno a casa, mentre discutevano del film e dei buoni effetti che poteva avere sulla gente, Teresa all'improvviso tacque: il nipote (Teresa era la madrina di battesimo del ragazzo), che sedeva con lei sul sedile posteriore, disse: « La madrina ha una visione ». Steiner fermò la macchina dove gli fu possibile e accese le luci di posizione. Tutti si misero a osservare i gesti e l'espressione estatica del suo viso, che esprimeva gioia, attenzione, stupore, paura. Era una serata molto fredda, con circa 10 gradi sotto zero, e in una macchina ferma ci si raffredda facilmente. Teresa invece, osserva Steiner, si levò lo scialle e si aveva l'impressione che sudasse. Il pastore Naber fece osservare che il Vangelo del giorno prevedeva il battesimo di Gesù (Gv 1,29-34), e che probabilmente questo era appunto l'oggetto della visione di Teresa. Quando, finita la visione, Teresa entro nello stato di quiete, riprese subito lo scialle e se lo avvolse sulle spalle; poi disse, come al solito, in dialetto: « Che freddo fa qui, e proprio ora il sole scottava così forte sulle spalle! ». Il parroco le chiese allora dove fosse stata, e lei rispose: « Su un fiume, non grande però e non con l'acqua ferma (si riferiva al lago di Genazareth), ma con l'acqua corrente, quello dove sono passati i tre uomini con tutta la loro gente e gli animali (si riferisce ai tre re magi, di cui aveva avuto la visione il 6 gennaio; il fiume era il Giordano, che bisogna attraversare per andare a Gerusalemme). Qui c'è quello vestito di pelle di animale (intende Giovanni il Battista) e ora arriva il Salvatore. Parlano insieme...». Teresa raccontò anche che Giovanni aveva salutato il Salvatore inchinandosi e da principio non voleva che entrasse nell'acqua. Dopo però aveva parlato con Gesù e gli aveva versato l'acqua sul capo. E appena il Salvatore era uscito dall'acqua, all'improvviso un uccello bianco fatto di luce vivente era apparso su di lui e si era sentita una voce forte che parlava dal cielo, sembrava una voce di tuono. « Io mi sono spaventata », disse Teresa. Aveva aggiunto però: « Com'era bello l'uccello di luce!». Dopo la visione e lo stato di quiete, Teresa in genere aveva un breve sonno, di cui i suoi compagni approfittarono per rimettere in moto l'automobile e proseguire il viaggio fino a casa.

LE NOZZE DI CANA

Per comprendere a fondo questo episodio, è bene sapere quanto il professor Wutz, docente di esegesi veterotestamentana, fece a suo tempo notare: al tempo di Gesù, era abitudine festeggiare i matrimoni per otto giorni di seguito; era quindi consuetudine che gli ospiti portassero con sé un certo quantitativo di cibo e bevande. Dato che questo evidentemente non era avvenuto, Maria si sentì a disagio quando il vino cominciò a scarseggiare. Teresa ebbe questa visione nel 1931; era presente padre Naber, che ne fece una descrizione. Alle otto di sera Teresa era nella stanza di soggiorno della casa paterna, circondata da una ventina di parenti e amici. Era seduta a un tavolo sul quale alcuni stavano giocando a dadi, quando improvvisamente fu trasportata lontano e assistette alle nozze di Cana. Nel successivo stato di quiete raccontò quanto aveva visto, disse cioè cosa aveva fatto il Salvatore, in che modo avesse tagliato l'agnello arrosto che gli avevano portato, come si fosse mosso tra gli ospiti intrattenendosi con loro, come Maria avesse aiutato a servire gli ospiti. Aveva aggiùnto che, se avesse potuto, sarebbe stata felice di aiutare Maria. La visione si ripeté regolarmente negli anni successivi; in base alle varie descrizioni che ci sono pervenute, i fatti si svolgevano in questo modo: Teresa si trova in una grande sala, con molta gente; c'è una festa. Sono stati predisposti parecchi lunghi tavoli, uomini e donne siedono separati, fra di loro è stesa una tenda. Così è l'uso. Però si può vedere al di sopra della tenda, che è bassa. Tra gli ospiti Teresa vede il Salvatore, sua madre e alcuni degli uomini che stanno col Salvatore, non tutti; il giovane Giovanni è presente. Evidentemente sono imparentati con i padroni di casa, o almeno molto amici, perché la madre di Gesù aiuta a servire gli ospiti. Hanno mangiato e bevuto e il Salvatore ha parlato. Il giorno successivo la madre va dal Salvatore e gli dice qualcosa. Il Salvatore risponde meravigliato, ma cordiale. Teresa non ha capito cosa si dicano. Dopo questo colloquio la madre esce e va in un ampio corridoio dove sono « grandi pentoloni » (orci). Essi hanno una bella forma, sembrano grandi vasi, hanno le pareti spesse, sembrano di pietra, e sono collocati su supporti fatti in modo tale che si possono piegare per versare il contenuto. « Altrimenti sarebbero stati difficili da sollevare, perché erano molto grossi ». Teresa non sapeva quanti fossero esattamente, disse però che ce n'era una fila intera. Accanto ai recipienti ci sono alcuni servi, ai quali Maria dice qualcosa (secondo il Vangelo, ella dice loro di fare ciò che Gesù avrebbe detto loro). Qualche tempo dopo entra il Salvatore e parla agli uomini. Essi riempiono i recipienti. Quando sono pieni, il Salvatore si avvicina, stende le mani su di essi, guarda verso il cielo e dice qualcosa. Poi parla ancora ai servitori. Loro attingono dai recipienti; uno di loro, che sembra essere il capo, assaggia. Non sapendo cosa fosse accaduto, si irrita e va dal padrone; sono poi i servitori a raccontare. Il padrone e anche Maria sono molto contenti. Tutto si è svolto molto in fretta. Teresa aggiunse che questo era niente per il Salvatore, che si era limitato a fare in modo che l'acqua che era stata messa nei recipienti avesse un sapore migliore.

LA TEMPESTA

Questa visione fu trascritta dal dottor Mayr il 31.1.1954. Dopo cena erano nella cucina del parroco; Teresa era presente e discuteva animatamente con gli amici. All'improvviso fu rapita in una visione. Dapprima il suo sguardo era molto tranquillo, poi all'improvviso si illuminò e Teresa cominciò a sorridere: evidentemente vedeva il Salvatore. In seguito espresse sorpresa, paura, attenzione, gioia. Alle domande che le furono fatte nello stato di quiete, raccontò di aver visto i discepoli e il Salvatore salire su un'imbarcazione; non c'erano tutti i discepoli e non c'era nessuna persona estranea. Parecchie altre imbarcazioni erano in movimento nella stessa direzione. C'era vento ed era già tardi. Si vedevano le stelle. Il Salvatore si sistemò nella parte posteriore dell'imbarcazione per dormire. Poco dopo, la tempesta si fece molto forte, con «montagne d'acqua» che minacciavano di inghiottire la barca. I discepoli avevano paura, però per un pezzo non osarono svegliare il Salvatore. Sollecitarono il « giovane » (Giovanni) perché lo facesse lui. Costui sembrava avere meno paura degli altri e molta più fiducia. Egli rifiutò di svegliare il Salvatore. Allora lo fece Pietro. Dovette scuotere forte il Salvatore prima che si svegliasse per bene. Il Salvatore parlò poi ai discepoli, evidentemente rimproverando loro di essere dei codardi. Poi si mise in piedi sulla barca che ondeggiava molto violentemente, stese le braccia sull'acqua e subito il vento e le acque si placarono. I discepoli guardarono il Salvatore con sguardo stupito e spaventato. Questo gesto del Salvatore fece a Resì una profonda impressione. Era infatti molto eccitata, orgogliosa e piena di gioia di questa dimostrazione di potere del Salvatore.

RISURREZIONE DI LAZZARO

Per capire questa visione è necessario premettere alcune cose, che conosciamo dai Vangeli: in occasione della festa al Tempio Gesù si era recato a Gerusalemme; e qui i giudei gli avevano chiesto se fosse il Messia, al che egli aveva risposto affermativamente: « Io e il Padre siamo una cosa sola...». Per questo i giudei volevano lapidarlo come bestemmiatore, ma « lui sfuggi alle loro mani ». Evitò Gerusalemme e si recò sulla riva orientale del Giordano, verso nord (Gv 10,22-42). Forse si diresse verso la casa dei suoi amici a Betania, dove lo trovarono i messaggeri di cui si parlerà tra breve. Nella prima visione Teresa vede il Salvatore e gli apostoli nelle vicinanze della zona dove era stato battezzato da Giovanni. Vengono degli uomini che riferiscono qualcosa al Salvatore (sono i messaggeri di Marta e Maria di Betania, che gli dicono della malattia di Lazzaro). Il Salvatore li rimanda via. Nella seconda visione, che segue immediatamente la prima, Teresa vede il Salvatore nella stessa regione: evidentemente sta dando un incarico agli apostoli. Essi lo contraddicono, Pietro addirittura batte per terra con i piedi. Tuttavia quando finiscono di parlare seguono il Salvatore. (Evidentemente gli apostoli temono che Gesù venga trovato e lapidato. Gesù però li informa della malattia mortale di Lazzaro ed essi lo seguono). Nella terza visione il Salvatore e i suoi accompagnatori arrivano a Betania. Marta gli viene incontro e parla a lungo con lui. Egli la consola. Lei torna verso casa e ritorna con sua sorella Maria e molta altra gente. Maria si getta ai piedi del Salvatore e gli parla piangendo: « Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto ». Allora anche il Salvatore piange - e Teresa anche - e si fa condurre al sepolcro. Qui giunto indica una pietra posta sulla tomba; questa era in una cavità del terreno; la pietra era posta quasi orizzontalmente, e una serie di scalini conduceva verso il basso. Il Salvatore vuole evidentemente che tolgano la pietra, ma Marta vorrebbe impedirlo (Lazzaro è sepolto già da quattro giorni). Il Salvatore le parla con severità, dopodiché la pietra viene levata. Dal sepolcro sembra uscire un nauseante odore di putrefazione, perché Teresa, che nella visione si trova accanto al sepolcro, si tappa il naso. Il Salvatore guarda verso il cielo e poi parla a voce molto alta rivolto al sepolcro: « Laasaar alla », cioè: « Lazzaro, torna in te! ». Allora il morto appare davanti alla porta del sepolcro: è uno spettacolo pauroso, perché Lazzaro si alza dalla tomba con mani e piedi fasciati e il volto coperto. Tutti sono muti e fissano l'apparizione. Subito però il Salvatore lo libera dalle bende con una parola, e Lazzaro viene avvolto in un mantello e condotto in casa. I presenti non riescono quasi a capire cosa è avvenuto e non osano gioirne, finché si rendono conto che Lazzaro è di nuovo vivo e scoppiano in lacrime di felicità. Anche Resì piange alla fine della visione, ma questa volta le sue lacrime sono di gioia. (Continua) 

 

(Fonte: ENTRAEVEDI.org) 


Documento stampato il 28/03/2024