La reazione di san Pio X al movimento modernista

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Per la prima ed ultima volta, dopo la perdita del potere temporale, la Chiesa Romana con l’elevazione al soglio pontificio di Giuseppe Sarto seppe reagire con energia ed efficacia al tentativo di erosione del cristianesimo dall’interno, operato dai teologi modernisti.

Nel 1907 col decreto Lamentabili sane exitu il Santo Padre condannò come insanabilmente eretiche 65 proposizioni; nel settembre dello stesso anno, con l’enciclica Pascendi Dominici gregis, identificò il movimento unitario soggiacente le tesi condannate, chiamandolo modernismo e bollandolo come “la cloaca che raccoglie tutte le eresie”.

Seguirono le scomuniche agli eretici. La scomunica vitando (riservata a persone che dovevano essere tenute a distanza dai fedeli) colpì Tyrrell nel 1907, Loisy nel 1908. A Laberthonnière fu proibita nel 1913 ogni ulteriore pubblicazione.

L’enciclica fu seguita nel 1910 dal giuramento obbligatorio antimodernista (motu proprio Sacrorum antistitum), cui erano tenuti tutti i vescovi, sacerdoti ed insegnanti cattolici[i].

Mons. Umberto Benigni (1862 – 1934) affiancò San Pio X nella lotta al modernismo organizzando la rete informativa Sodalitium Pianum (Sodalizio San Pio V, attivo dal 1909 al 1921) volta a segnalare le deviazioni ereticali di docenti e scrittori.

L’enciclica Pascendi

Dato il suo grande valore, sia per la fede, sia per i contenuti filosofici e la chiarezza espositiva, è utile rivedere i contenuti dell’enciclica.

Sunto dei contenuti teorici

Il punto di partenza del modernismo, dice il papa, è il principio secondo cui la ragione umana non può andare oltre il campo dei fenomeni e la loro concettualizzazione, operata dalla nostra mente e quindi di valore solo soggettivo. Con le parole del domenicano Réginald Garrigou-Lagrange (1877 – 1964): “l’homme est enfermé en lui-même et n’en peut sortir”: la possibilità di arrivare a Dio per via intellettuale è teoreticamente preclusa. Da questo soggettivismo razionalista discende che:

- fede e scienza hanno campi d’azione disgiunti: la scienza si occupa dei fenomeni in modo del tutto svincolato dalla fede, mentre la fede si occupa della realtà divina, che la scienza professa essere a sé inconoscibile. Non potranno mai incontrarsi, né contraddirsi, ma la fede è subordinata alla scienza in quanto le formule religiose e le proposizioni su Dio, non escono dal campo dei fenomeni e cadono quindi sotto il dominio della scienza;

- fede e storia hanno campi d’azione disgiunti: la storia si occupa solo dei fenomeni, la fede anche di realtà soprannaturali. Se trattasi di cosa in cui s'incontri un duplice elemento, divino ed umano come Cristo, la Chiesa, i Sacramenti e simili, dovrà dividersi in modo che ciò che è umano si dia alla storia, ciò che è divino alla fede. Per cui il Cristo storico non avrebbe dette le cose che non sembrano essere alla portata dell’umanità del tempo. Quindi dalla storia reale di Lui i modernisti cancellano tutte le allegorie e le rimettono al Cristo della fede: ne risulta un doppio Cristo, l'uno reale, storico, l'altro, mai veramente esistito, che è un costrutto della fede.

Di qui si apre la breccia alla penetrazione del razionalismo teologico. Mentre per la dottrina Cattolica le verità rivelate non devono e non possono essere adattate secondo i tempi ed i luoghi e la ricerca teologica può approfondire la loro conoscenza in modo deduttivo, ma sempre mantenendo la stessa formulazione e lo stesso significato, per i modernisti i dogmi ed i fenomeni religiosi possono e debbono essere vagliati; ma non da centri reclamanti un’autorità, bensì dalla scienza positiva se di carattere fisico o dalle teorie del subconscio se di carattere psichico.

In base a tali principi, per l’interpretazione delle Scritture e dei documenti, considerando obsolete le precedenti letture dei Padri e del magistero, scindono la parte relativa alla storia reale da quella riguardante la storia della fede (scetticismo assoluto verso le narrazioni vetero e neo-testamentarie che trattano di eventi non spiegabili con cause naturali). Dato poi che la narrazione è preceduta dal fatto e il fatto è preceduto dal bisogno spirituale essi distribuiscono in ordine di età gli elementi del testo: per i modernisti infatti quei libri non possono attribuirsi agli autori dei quali portano il nome, in quanto, da una breve narrazione primitiva, son venuti man mano crescendo, con aggiunte progressive, costituite per lo più da interpretazioni teologiche. La dissezione operata sui testi scritturali è volta a dimostrare l’evoluzione dei Libri sacri, originata dalla evoluzione della fede.

Il secondo punto è l'immanenza che ascrive l’origine prima di ogni fenomeno vitale ad un bisogno proveniente dal subconscio; il bisogno, nel manifestarsi, provoca un movimento del cuore. La fede si basa su un sentimento che nasce dal bisogno della divinità (fideismo). La rivelazione nasce nell’interiore, la via al divino è una esperienza soggettiva ineffabile ed incomunicabile per mezzo della quale Dio mette l'animo di ogni credente in contatto immediato con la Sua realtà, infondendogli una persuasione dell'esistenza di Lui che è superiore ad ogni convincimento razionale. Nel rivelarsi in questa forma personalistica, Dio manifesta non delle verità su di Sé, ma direttamente la Sua stessa natura (la deità o res divina).

Dai principi filosofici e teologici errati, causati dal connubio del criticismo illuminista con la fede, derivano una serie di proposizioni eterodosse e di vere e proprie eresie:

- le formule di fede sono dei simboli, semplici immagini della verità;

- Cristo è nulla più che un uomo, la cui coscienza religiosa, come quella di ogni altro uomo, si è formata a poco a poco;

- La Chiesa e i Sacramenti non si devono credere come istituiti da Cristo;

- Il culto risulta dal bisogno di dare alla religione alcunché di sensibile, unico mezzo per poterla propagare. Esso deve adattarsi agli usi ed alle tradizioni dei popoli;

- i Sacramenti sono simboli istituiti per nutrire e propagare la fede;

- i Libri sacri sono un lavoro umano fatto da uomini; parlano di Dio, ma in modo simile a quello che si avvera nell’ispirazione poetica;

- La Chiesa è frutto di due bisogni: quello del credente di comunicare l’esperienza religiosa e la propria fede e quello della collettività di raggrupparsi in società per conservare, accrescere e propagare il bene comune. Che cosa è dunque la Chiesa? un parto della coscienza collettiva. La trasmissione della esperienza religiosa d'una generazione all'altra, nella storia, avviene come il risultato del confronto dialettico tra la forza conservatrice, impersonata dall'autorità, ed una forza progressista, che nasce dalla vita e lavora nelle coscienze [ii]. Questo confronto forma la tradizione, la cui custodia non è di pertinenza esclusiva dell’autorità: i laici, come portatori delle proprie esperienze spirituali, plasmano la coscienza collettiva, che a sua volta preme sull'autorità. È la concezione nuova della tradizione vivente, indifferente a che lo sviluppo rimanga in armonia con la fede apostolica e solo preoccupata che l’istituzione Chiesa si evolva in modo da conformarsi alle condizioni storiche e si armonizzi alle forme del governo civile;

- il magistero nasce dall’esigenza di amalgamare le disomogeneità spirituali tra le persone, compattandole in unità. Allo scopo formalizza la fede in enunciati che meglio rispondono alla coscienza comune. Il magistero, sorgendo dalle coscienze, ad esse deve restare soggetto; deve inoltre avviarsi a forme democratiche, rimanere in spirito di servizio ed evitare ogni apparato esterno di magnificenza;

- Stato e Chiesa, estranei quanto al fine, devono rimanere separati. Allo stesso modo il cattolico, quando agisce da cittadino ha il diritto e dovere di non tener conto dei consigli, comandi e rimproveri della Chiesa, pena l’abuso di potere ecclesiastico (ingerenza);

- i dogmi della Chiesa riboccano di errori e contraddizioni, del tutto scusabili, visto il loro essere in fieri, e compatibili con la verità simbolica; i cui aspetti sono infiniti.

Quando si veste da apologista, il modernista porta questi argomenti a difesa (!) del cattolicesimo:

- la Chiesa, affermando sull'infinito cose contraddittorie, in realtà gli rende un omaggio che più nobile non può essere;

- nella religione cattolica, nonostante vicende poco commendevoli ed errori clamorosi, vi è tale virtù vitale, da costringere ad ammettere che nella sua storia si nasconda alcun che di incognito.

Nella veste di riformatori i modernisti chiedono, anzi esigono che:

- nei Seminari: si insegni ai giovani la filosofia moderna, unica vera e rispondente ai tempi, e una teologia fondata su di essa;

- in campo ecclesiale il regime divenga democratico;

- nelle questioni politiche e sociali, l'autorità ecclesiastica si tenga estranea dai civili ordinamenti, e si limiti a penetrarli del suo spirito;

- il clero ritorni all'antica umiltà e povertà;

- sia soppresso nel sacerdozio il dovere del celibato;

- in campo morale le virtù attive siano anteposte alle passive (pragmatismo pelagiano proprio dell’ideologia americanista);

- il culto si purifichi, diminuendo le devozioni esteriori.

L'enciclica nota di passaggio che, in una religione vivente, non solo i dogmi (e dunque: Chiesa, culto, Libri sacri) devono essere mutevoli, ma anzi tutto la fede stessa. Per i modernisti la forma primitiva della fede fu rudimentale e comune indistintamente a tutti gli uomini; giacché nasceva dalla natura e dalla vita. Il progresso si ebbe non per aggiunta di forme apportate dal di fuori, ma per una crescente penetrazione nella coscienza del sentimento religioso e per le illuminazioni dei geni religiosi, dei quali Cristo fu il sommo.

La conclusione del Santo Pontefice è che il modernismo è la sintesi di tutte le eresie ed ha in sé germi capaci di distruggere qualsiasi religione. Infatti:

- Non si può basare la fede sulle fantasie, quali che esse siano, generate da un sentimento religioso. Le perturbazioni dell'animo non sono di aiuto ma d'impedimento nella ricerca del vero: la natura del sentimento è quella di essere passibile di inganno;

- Le intime esperienze nulla possono aggiungere al sentimento, solo potranno renderlo più intenso: è somma imprudenza ritenerle per vere, senza esame di sorta;

- La dottrina del simbolismo rischia di rendere un simbolo anche il nome stesso di Dio (con ricaduta nel panteismo);

- La via personalistica alla rivelazione lascia indeterminata la questione se Dio sia distinto dall'uomo (religione cattolica) o meno (filosofia panteista) e svaluta la rivelazione esterna, archiviabile tra i miti.

Tattiche dei riformatori modernisti

Il papa individua due metodi nella prassi dei modernisti, infiltrazione e compattezza settaria.

Seguono una strategia di infiltrazione rimanendo entro la cerchia della Chiesa per poter cambiare a poco a poco la coscienza collettiva, perché è loro regola che l'autorità debba essere manovrata, non rovesciata. Per questo, ove colpiti da sanzioni disciplinari, piegano fintamente il capo, mentre con la mano e la mente proseguono con più ardimento il loro lavoro.

Quanto ai mezzi tattici utilizzati per imporre la loro teologia, il papa in primo luogo considera il modo usato per sbarazzarsi degli ostacoli che si frappongono al loro cammino, costituiti principalmente dalla teologia Scolastica (continuamente derisa e disprezzata), dalla tradizione (contro cui si scagliano spacciando temerariamente i Padri della Chiesa come ignorantissimi di critica e di storia, ancorché untuosamente scusandoli), dal magistero, la cui origine, natura e diritti pervertono sacrilegamente e contro il quale ricantano protervamente le calunnie dei nemici.

Lottando accanitamente contro questi tre pilastri della fede, i modernisti contribuiscono a creare un état d’esprit avverso ai cattolici, talché chi difende strenuamente la Chiesa viene fatto segno di somma malevolenza e livore.

La secondo prassi citata dal papa è la loro compattezza settaria: l'alleanza con cui sono legati fra loro prescinde da eventuali diversità di credenze. Con audacia indicibile se qualcuno viene attaccato da chicchessia o condannato dalla Chiesa, non solo non esitano ad erigersi per difenderlo, ma pubblicamente e profusamente lo encomiano e quasi lo venerano come martire della verità. Con analogo spirito, ogni stranezza che uno di loro proferisca, dagli altri è decantata quale nuovo ritrovato della scienza; con cui, chi la rifiuta trattano da ignorante, chi la accoglie e la difende è ricoperto di encomi.

Poco tempo dopo, nel motu proprio Sacrorum Antistitum, San Pio X denuncerà il modernismo come una vera “setta segreta” (clandestinum foedus)[iii], operante dentro la Chiesa, occultamente mirando a cambiare la sostanza della dottrina, mantenendo le sole apparenze.

Attitudini psicologiche e morali dei riformatori

L’enciclica analizza anche le caratteristiche psicologiche e morali di questi fautori dell'errore e le individua nell’astuzia, nell’ipocrisia e nella superbia.

I modernisti danno prova d’astuzia nello spacciarsi senza ritegno da riformatori e profeti, e nel trasformismo con cui indossano i panni dell’agnostico o del cattolico, a seconda della convenienza.

Danno prova d’ipocrisia nel celare un'incredibile audacia col velo di un'apparente umiltà, nel fingere di piegarsi alle sanzioni disciplinari, nel ripetere con una mal velata voluttà che gli errori e contraddizioni in materia dogmatica da loro segnalati nei testi di religione e di morale meritano scusa perché non provenienti da libri di scienza o di storia.

Sprezzanti di ogni autorità e di ogni freno, adagiati in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò che è prodotto dalla superbia e dall’ostinazione. Con presunzione si pongono come coloro che incarnano in sé i bisogni delle coscienze in quanto si trovano con queste a più stretto contatto di quanto non lo sia la potestà ecclesiastica. Presumono audacemente di se stessi, spacciandosi come norma di tutti e pensando solo a riformare gli altri.

Superbamente, si gloriano di essere già noti presso gli agnostici, anzi lodati da essi come militanti sotto la comune bandiera. Rôsi da smania di innovazione, cercano la verità fuori della Chiesa, mossi da una curiosità deviata, che è aberrazione dell'intelletto.

Conclusioni

Il modernismo nel mentre fa propri tutti i fermenti ereticali dal Rinascimento all’Ottocento, mostra infine la sua stretta connessione con la madre di tutte le eresie, la gnosi.

Secondo l’epistemologo Gusdorf, un elemento tipico dello gnosticismo è “la dottrina della Rivelazione come esperienza intima”, esattamente come nel modernismo. Sostituire l’esperienza intima alla Rivelazione significa disancorare la fede dalla verità, quindi dal Logos, lasciarla alla mercè del sentimento soggettivo, frammentando l’universalità del credo e dell’etica in un caleidoscopio di credenze e moralità autocostruite sulla sabbia delle pulsioni individuali.

Si noti come i più vari movimenti ereticali abbia sempre avuto di mira la via intellettuale al Verbo, quindi si accompagnano al disprezzo della filosofia greca e di San Tommaso: si può dimostrare che uno dei principali bersagli della gnosi è il principio di non contraddizione e che uno dei punti chiave della gnosi ermetica, rispolverato nel ‘600 dal mistico protestante Böhme, è l’opposto principio della conjunctio oppositorum, l’unione dei contrari presente nello storicismo immanentista di Hegel.

All’errore per difetto del fideismo personalistico fa da contrappunto, l’errore per eccesso di Loisy, ovvero la pretesa di sottomettere la Chiesa alla scienza storica.

Ambedue gli errori portano alla delegittimazione dell’autorità, alla cancellazione dei dogmi e dei sacramenti, alla rinuncia alla missione e al magistero, alla riduzione della liturgia a convegno di illuminati, all’apertura indiscriminata alle istanze filosofiche e politiche profane. È chiaro che se un tale pensiero fosse stato lasciato libero di penetrare nei seminari, nelle congregazioni e nelle famiglie, in pochi decenni avrebbe potuto inquinare l’intera Eccesia.

Ma proprio perché fu il primo tentativo sfrontato e di vasta portata di sovvertire dall’interno la religione cattolica, il movimento fu colpito dalla malattia infantile di tutte le rivoluzioni, l’estremismo[iv]: un attacco così frontale non poteva non suscitare, in una Chiesa ancora integra, la reazione del sistema immunitario. Grazie all’azione della Santa Sede questo primo assalto della sovversione interna fu quindi sconfitto, salvo ripresentarsi anni dopo, con la Nouvelle Théologie, in una forma nuova, che sotto la mite apparenza celava una carica aggressiva ancor più pericolosa.

La Chiesa, nonostante la sua debolezza politica, non rimase sola nel biasimare il modernismo.

Illustri intellettuali non cattolici si unirono alla sua voce.

Giuseppe Prezzolini (1882 – 1982) intravide il carattere demolitorio di questa eresia : “Le richieste dei modernisti avrebbero portato logicamente alla distruzione del cattolicesimo ed alla sua trasformazione in una religiosità vaga e generica, ed in fondo ad una cattiva copia del socialismo”[v]. Alla fine, la fede custodita dalla Chiesa Apostolica verrebbe infatti sostituita con una religiosità puramente umanitaria, appena schermata dietro il velame di un cristianesimo a dir loro purificato[vi], a-dogmatico ed antiautoritario. È quindi del tutto riduttivo chiamare il modernismo un’eresia: il modernismo è una religione altra, alternativa alla Rivelazione, più vicina al deismo illuminista e alle vie ascetiche orientali che non al Cristianesimo, del quale conserva solo la veste.

Anche l’ideologo del liberalismo Benedetto Croce (1866 – 1952) “affettò sempre un certo disprezzo per i modernisti, da lui definiti fratacci e pretacci senza fede, che avevano preteso di fare della loro piccola eresia nel seno della Chiesa Cattolica un grande rinnovamento di pensiero”[vii]. Il filosofo di Pescasseroli, riteneva che “il tentativo dei modernisti di reinterpretare il cristianesimo alla luce del pensiero moderno, fosse un ibridismo da evitare”, intimando: “chi vuole restare si sottometta, chi non può sottomettersi esca, e scriva senza preoccupazioni di censure”.

Analogamente pensava Giovanni Gentile (1875 – 1944), filosofo dell’attualismo, vicino al cristianesimo, ucciso a tradimento da un partigiano comunista mentre stava rincasando. Per Gentile le querule istanze moderniste erano solo uno starnazzare di papere impotenti.

I massoni italiani, al contrario, dopo l’enciclica Pascendi, manifestarono “solidarietà ai modernisti scomunicati; in effetti quello dei modernisti è un cattolicesimo, accettabile per i massoni”[viii].

(29/08/13 Fine seconda parte - Continua)

Oreste Sartore

 


 

[I] Il giuramento sarà abolito nel 1967 da Paolo VI

[II] È una tesi derivata da Böhme, ripetuta dai pietisti e resa universalmente nota da Hegel

[III] San Pio X, Sacrorum Antistitum, 1 settembre 1910

[IV] Lenin, 1920

[V] Giuseppe Prezzolini, Cos'è il modernismo, Milano 1908

[VI] È la nota di stampo cataro presente in questa gnosi

[VII] Benedetto Croce, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Bari, in Paolo Pasqualucci - Giovanni Gentile critico del modernismo, sito lostato.net

[VIII] don C. Nitoglia, Dalla Càbala al Post-modernismo, sito omonimo

 


Documento stampato il 19/04/2024