S.Francesco di Sales - Quanto desidera Dio che l'amiamo

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Benché la redenzione del Salvatore ci venga applicata in altrettante differenti maniere, quante vi sono di anime; Egli è però certo che il mezzo universale della nostra salute è l'amore, il quale entra in tutto, e senza il quale niente avviene di salutare. E quel cherubino (Gen. III.24), che con fiammeggiante spada fu posto alla porta del paradiso terrestre, ci fa conoscere che nessuno entrerà nel paradiso celeste, se non sarà trapassato dalla spada dell'amore. Per questo, o Teotimo, il dolce Gesù, che ci ha redenti col sangue suo, infinitamente desidera che l'amiamo, acciocché andiamo salvi in eterno; e che ci salviamo, acciocché in eterno Lo amiamo; essendo l'amor suo ordinato alla nostra salute, e la salute nostra al suo amore.

Ah! dice Egli, “Io sono venuto ad accendere fuoco nel mondo, e che pretendo Io altro, se non ch'egli arda?” (Luc. XII.49). Ma ben dichiara Egli ancora più vivamente l'ardore di questo suo desiderio coi termini meravigliosi, con cui questo amore ci comanda. “Tu amerai, dice, il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze: quest'è il primo ed il massimo comandamento (Mat. XXII. 37, 38).

Dio buono! quanto è mai, o Teotimo, innamorato il Cuore divino del nostro amore! Non bastava forse, ch'Egli pubblicasse una permissione con che ci desse licenza d'amarlo, come permise già Labano a Giacobbe (Gen. XXIX. 19) d'amare la sua bella Rachele, e di meritarsela coi suoi servigi? Ma no, molto più avanti va Egli in dichiarare la sua passione amorosa verso di noi; e comandaci che a tutto nostro potere l'amiamo, affinché né la considerazione della sua maestà e della nostra miseria, per le quali passa tra Lui e noi una disparità e disuguaglianza così infinita, né nessun altro pretesto, ci distogliesse mai dall'amarlo.

Nel che dimostra ben Egli, o Teotimo, di non averci lasciata quella inclinazione naturale ad amarlo, che noi abbiamo, per nulla; se, affinché non resti essa oziosa, ci stimola tanto ad usarla con questo generale comandamento e perché possa un tale comandamento osservarsi, non lascia uomo che viva, cui largamente non somministri tutti quei mezzi, che si richiedono a quest'effetto.

Il sole visibile riscalda ogni cosa col suo calore vivificante, e qual amante universale delle cose inferiori, a tutte dà il vigore necessario per fare le loro produzioni; e la divina bontà anima essa pure tutte le anime, e tutti i cuori incuora al suo amore, senza che uomo alcuno al calore di lei si sottragga (Psal.XVIII.7).

L'eterna Sapienza, dice Salomone, predica in pubblico; nelle piazze fa risonare la sua voce: grida e rigrida dinanzi ai popoli, e sta all'entrare delle porte delle città parlando a tutti e dicendo: E sino a quando, o bamboli, amerete l'infanzia? sino a quando brameranno gli stolti ciò che loro nuoce, ed avranno gli sciocchi in odio la scienza? Convertitevi all'avviso mio, ritornate a Me. Ecco ch'Io vi offro il mio spirito e vi spiegherò le mie parole” (Prov. I 20). E non sia chi dica (segue a dire questa stessa Sapienza per Ezechiele (c.XXXIII. 10. 11.): “Io sono in mezzo ai peccati come potrò dunque rivivere? Ah! no, poiché vivo Io, dice Dio Signore, e quanto è vero ch'Io vivo, altrettanto è vero ch'Io non voglio la morte dell'empio, ma ch'Egli si converta dal suo mal fare e che viva”. Ora vivere secondo Dio vale amare, “e chi non ama sta nella morte” (1. Giov. III. 14.). Vedete voi dunque, o Teotimo, se Dio desidera che noi l'amiamo?

Ma non si contenta già Egli di manifestare così in pubblico questo sommo suo desiderio d'essere amato, onde possa ognuno aver parte del suo amabile invito. Va in oltre di porta in porta picchiando, battendo, e protestandosi che, se troverà chi gli apra, gli entrerà in casa e cenerà seco (Apoc. III.20); cioè a dire, userà a lui ogni più domestica benevolenza. E che altro significa tutto questo, o Teotimo, se non che Dio non ci dà solamente una semplice sufficienza di mezzi per amarlo ed amandolo per salvarci, ma una sufficienza oltre modo ricca ed ampia e magnifica, ed in somma tale, quale deve aspettarsi da una bontà così grande com'è la sua?

Il grande Apostolo, parlando col peccatore ostinato, “Disprezzi tu dunque, dice, le ricchezze della bontà, della pazienza e della longanimità di Dio? Ignori tu che la benignità di Dio ti conduce a penitenza? Ma tu colla tua durezza e coll'impenitente tuo cuore ti aduni un tesoro d'ira nel dì dell'ira”(Rom. II. 4. 5.).

No dunque, mio caro Teotimo, non usa Dio solamente, a conversione degli ostinati, una semplice sufficienza di rimedi: Egli impiega a tal fine le ricchezze di sua bontà. L'Apostolo, come vedete, oppone le ricchezze della bontà di Dio ai tesori della malizia del cuore impenitente: e dice, il cuore malizioso essere sì ricco in iniquità, che giunge fino a disprezzare le ricchezze di quella benignità con che Dio l'attrae a penitenza: dove osservate che non disprezza già l'ostinato semplicemente le ricchezze della bontà divina, ma le ricchezze di lei traenti a penitenza, ricchezze che non si possono in alcun modo ignorare.

In fatti cotesta ricca, abbondante e pienissima sufficienza di mezzi, che Dio comparte ai peccatori perché Lo amino, non appare nella Scrittura quasi per tutto? Mirate questo divino Amante alla porta: Egli non batte semplicemente; si ferma a battere (Apoc. III, 20), chiama l'anima: “Su levati, diletta mia, spedisciti; aprimi”; e ricerca pur colla mano (Cant. V. 2. 4.), se gli riuscisse d'aprire la serratura. Se Egli predica nelle piazze, non predica semplicemente, ma va gridando (Prov. I 21), cioè a dire continua a gridare. Se Egli esclama che ci convertiamo, pare che Egli non abbia mai ripetuto abbastanza: “Convertitevi, convertitevi, fate penitenza, tornate a Me, vivete; perché morrete voi, o casa d'Israele?” (Ezech. XXXIII. 11. e XVIII 30. etc.).

Insomma questo divin Salvatore nulla omette per far vedere che le sue miserazioni sono sopra tutte le opere sue (Psal CXLIV. 9.), che la sua misericordia si solleva al di sopra del suo giudizio (Jacob. II.13.), che la sua redenzione è copiosa (Psalmus CXXIX. 7.), che il suo amore è infinito; e come dice l'Apostolo, che Egli è ricco di misericordia (Ephes. II. 4.), e che per conseguenza Egli vorrebbe che tutti gli uomini si salvassero e che nessuno perisse (1. Tim. II. 4. et 2. Petr III. 9).


S.Francesco di Sales (Il Teotimo ossia Il Trattato dell'Amor di Dio)

 


Documento stampato il 27/04/2024