Le conseguenze della nuova messa promulgata dal Concilio Vaticano II/1

Home / Rubriche / Mons. Marcel Lefebvre / Le conseguenze della nuova messa promulgata dal Concilio Vaticano II/1

Le conseguenze della riforma liturgica nella società, nella Chiesa, nei seminari, per quanto riguarda il sacerdote, per quanto riguarda la spiritualità in generale, sono estremamente gravi.

Quando si affievoliscono le verità fondamentali della nostra fede, si perde lo spirito soprannaturale, si perde lo spirito di sacrificio, si perde lo spirito di offerta.

Vorrei mostrarvi le ragioni profonde per le quali noi ci opponiamo alla riforma liturgica. Non è, evidentemente, per il piacere di opporci a Roma. Non è per darci una certa importanza, o per un attaccamento a una certa tradizione che non è necessaria, no.

Se ci opponiamo e se ci siamo opposti fino ad ora alla riforma liturgica, è per delle ragioni gravi, delle ragioni di fede, che condizionano tutta la nostra vita cattolica, la nostra vita spirituale.

Non è una piccola cosa. I frutti della nuova messa sono sempre gli stessi, sempre disastrosi.

C'è veramente un legame profondo tra la nostra fede e la liturgia? La liturgia è puramente una serie di azioni rituali, puramente formali, che non hanno dei legami profondi con la fede? È ciò che attualmente pretenderebbero facilmente molti progressisti e modernisti. Per loro poco importa il modo con cui si organizza la liturgia. La liturgia non sarebbe che una questione puramente disciplinare e non avrebbe niente a che vedere con la fede, con il dogma.

Noi non siamo attaccati a un rito speciale, a un modo particolare di celebrare la Messa, a una cosa antica perché è antica, ma perché è una questione di fede.

Esistono il rito siro-malabarico, il rito greco, il rito maronita e altri riti orientali che, intendiamoci bene, sono altrettanti riti cattolici. Questi differenti riti si basano sulla medesima dottrina, gli stessi dogmi, esprimono la stessa fede, qualche volta direi con ancora più espressività, con più sentimento e più calore del rito latino, che è il rito romano.

I romani erano gente misurata, moderata; non sono degli orientali e il loro rito fa più appello alla ragione che ai sentimenti e all'espressione esteriore della fede. Ma ci sono dei riti, per esempio come, se non erro, il rito siro-malabarico, in cui il sacerdote, al momento della consacrazione, tira una tenda dietro di sé, si separa dall'assemblea per essere come nel Santo dei santi al tempo dell'Antico Testamento, in cui il sommo sacerdote entrava solo una volta all'anno.

Ebbene, allo stesso modo, anche il sacerdote, nel rito malabarico, entra nel Santo dei santi e si trova, in qualche modo, solo con Dio per offrire il sacrificio e farlo discendere sull'altare. In seguito, si apre la tenda e il sacerdote passa tra i fedeli presentando il Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo, mentre tutte le persone si inginocchiano per adorare.

Che ci siano dei riti differenti, poco importa, purché questi riti mantengano l'idea di sacrificio che è essenziale, la presenza reale di Nostro Signore come vittima, il carattere sacerdotale del prete, che è un carattere specifico che non hanno i fedeli.

Se la Santa Chiesa ha voluto custodire, nel corso dei secoli, questo tesoro prezioso del rito della santa Messa, canonizzato da san Pio V, non è per caso. È perché in questa Messa si trova tutta la nostra fede, tutta la fede cattolica: la fede nella Santa Trinità, la fede nella Divinità di Nostro Signore Gesù cristo, la fede nella Redenzione per mezzo di Nostro Signore Gesù Cristo, la fede nel Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, che è stato versato per la Redenzione dei nostri peccati, la fede nella grazia soprannaturale.

Questa fede ci viene dal santo sacrificio della Messa, della Croce, ci viene da tutti i sacramenti.

Ecco ciò che crediamo celebrando il santo sacrificio della Messa di sempre.

Questa Messa è una lezione di fede, indispensabile per noi in questa epoca in cui la nostra fede è attaccata da tute le parti.

La riforma liturgica fa assumere degli atteggiamenti che non sono più atteggiamenti di fede, ci impone un culto naturalistico e umanista. Per questo si prova fastidio a fare la genuflessione: non si vuole più manifestare l'adorazione che è dovuta a Dio, si vuole ridurre il sacro al profano.

In virtù dell'adagio che è della Chiesa da secoli e secoli: “La legge della preghiera è la legge della fede”, se si cambia l'espressione della nostra fede in una maniera talmente grave, talmente importante, fino ad avere cambiato le parole della consacrazione, per esempio, si rischia di alterare la stessa fede. Questo è grave, molto grave. Di conseguenza, la liturgia non è semplicemente una legge disciplinare.

La nuova messa non è eretica, non è formalmente eretica, ma favorisce indirettamente l'eresia, perché introduce in un clima che non afferma più sufficientemente le verità fondamentali della santa Messa. San Pio X diceva che il baluardo della fede è la liturgia.

La Santa Messa è il baluardo della nostra fede. Ma adesso, questo baluardo è stato demolito. Come meravigliarsi, allora, che la fede scompaia e la gente non creda più a niente e non conosca più gli elementi della propria fede? È fatale, è una logica conseguenza.

 


Mons.Marcel LefebvreLa Messa di sempre, editrice Ichthys


Documento stampato il 19/04/2024