L'Ordine

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Il fine ultimo della Chiesa è di glorificare Dio tramite la santificazione dei suoi membri. I mezzi con cui deve ottenere questo fine sono i tre poteri o uffici: quello di insegnare, di santificare, e di reggere: munera docendi, sanctificandi, et regendi. Il sacerdote è ministro della Chiesa, ed in quanto tale ha come fine ultimo e come mezzi per ottenerlo quelli stessi della Chiesa. Li riceve nel sacramento dell’Ordine, nel giorno in cui viene configurato a nostro Signore Sommo Sacerdote.

Dei tre poteri o uffici che riceve il sacerdote il principale è quello del santificare, soprattutto tramite i sacramenti. Il concilio di Trento dichiara esplicitamente in sessione 23 che: “Ai sacerdoti è stato tramandato il potere di consacrare, offrire, ed amministrare il corpo ed il sangue del Signore Salvatore, e di assolvere o tenere i peccati”; ed aggiunge nel canone 1 che se qualcuno negasse queste verità, sia Anatema. San Tommaso spiega che il sacramento dell'Ordine è indirizzato alla Santa Eucarestia, in quanto la Santa Eucarestia è il più grande di tutti i sacramenti: ‘Il Sacramento dei sacramenti’.

Il sacramento dell'Ordine, come abbiamo detto, conferisce anche i poteri o uffici di insegnare e di reggere (nel senso della pastorale), ma questi uffici sono secondari.

Il Concilio di Trento anatemizza coloro, come i protestanti, che pretendono che il sacerdozio sia solo un ministero di predicazione; e sarebbe altrettanto sbagliato presentare il sacerdozio come solo un ministero pastorale, come sembrano fare parecchi uomini di Chiesa già da qualche decenni.

L’ufficio principale del sacerdote è di santificare, dunque. Ciò viene espresso già dal nome sacerdos, sacerdote, che significa “colui che da il sacro” a differenza dei nomi “predicatore” e “pastore” di origine protestante, che collocano il sacerdozio nei suoi poteri secondari. Viene espresso anche con chiarezza dalle “parole essenziali” del sacramento dell'Ordine: Omnipotens Pater, innova in visceribus eorum Spiritum Sanctitatis.

L’ordine santifica il sacerdote: lo santifica per compiere il suo ufficio sacerdotale che è principalmente quello di santificare.

Questo ufficio di santificare ha come oggetto i membri della Chiesa, cominciando con il sacerdote stesso; ma anche, e questo in modo sublime, offre il pane e il vino nella santa Messa. Li oblata, li santifica, consacra, e transustanzia nel Sacrosanto Corpo e nel Preziosissimo Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, Che è la fonte di ogni ulteriore santificazione.

Questa santificazione che è la Transustanziazione, costituisce il sacrificio della santa Messa che sta al centro della vita del sacerdote, come sta al centro della vita della Chiesa, dell’universo, e della stessa storia dell'universo. Il sacrificio consiste in questo: nel segregare il pane e il vino dall'uso comune, nell'offrirlo a Dio, e nel cambiarne la sostanza. Il frutto di questo sacrificio è l’applicazione delle Grazie guadagnate da nostro Signore Gesù Cristo sul monte Calvario.

La Santa Messa, che sta al centro della vita del sacerdote, non è dunque “Una Cena”; non è “La Pasqua”; non è “Un raduno dei fedeli sotto la guida di un presidente”; non è la mera commemorazione dell'Ultima Cena o del Calvario; bensì, come vedremo nel sacramento dell'Eucarestia, è un sacrificio: il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo sull'altare: l'uno e l'unico sacrificio del monte Calvario, e questo per la salvezza del mondo alla gloria della santissima Trinità.

Vediamo la grandezza del sacerdote. Egli possiede un potere ed una dignità che superano ogni potere e dignità naturali e creati. Così che qualsiasi sacerdote, per quanto possa sembrare insignificante come persona, ha una dignità più alta di tutti i re e tutti gli imperatori che abbiano mai vissuto su questa terra. Anzi, lui condivide in un certo qual modo la posizione sopraelevata della Madonna e degli angeli, in quanto è mediatore tra Dio e gli uomini, dirigendo su di loro le divine grazie come raggi di eterna luce. Ma in un certo aspetto la sua posizione è ancor più alta di loro in quanto ha il potere, che loro non hanno, di rendere presente sull'altare nostro Signore Gesù Cristo, ossia nello stato di Immolazione; ed il potere di perdonare i peccati.

Quanto è grande dunque la dignità del sacerdozio! San Cassiano la chiama “celestiale”, San Dionisio “divina”, Sant'Efrem “infinita”, San Ignazio Martire “apice di ogni grandezza”, San Gregorio Nazianzieno dice che è “venerata con amore dagli stessi angeli”, tanto che “quando il sacerdote celebra il sacrificio divino, gli angeli stanno vicini a lui e in coro intonano un cantico di lode in onore di Colui Che si immola” (San Giovanni Crisostomo).

Ma al potere ed alla dignità del sacerdozio corrisponde una grave responsabilità: “Riconoscete ciò che fate” ammonisce il vescovo nel rito dell'Ordine: “Ciò che tratterete è una cosa assai pericolosa”. E' pericolosa perché a lui sarà affidata la salvezza di molte anime e dovrà rendere conto per loro nel giorno del suo giudizio: un conto rigoroso ed esigente, quando, secondo San Giovanni Crisostomo, non molti sacerdoti riusciranno a salvarsi.

Per questo, il sacerdote deve esercitarsi nella santificazione particolare del suo stato di vita: la santificazione sacerdotale; deve assimilarsi con il suo comportamento a nostro Signore Gesù Cristo Sommo Sacerdote, a Cui si è configurato nel sacramento dell'Ordine.

Il sacerdote è stato, nel senso vero, sacrificato nel sacramento dell'Ordine: nel senso che per mezzo di questo sacramento è stato segregato dagli uomini, offerto a Dio, e trasformato ontologicamente. Conseguentemente deve sacrificarsi nella sua vita intera in unione a nostro Signore Gesù Cristo sul monte Calvario, a nostro Signore Gesù Cristo nei sacri misteri della santa Messa. In una parola, di nuovo secondo l'espressione del rito dell'Ordine, deve “Imitare ciò che tratta”. Questa è la strada, l'unica strada, per il sacerdote, e più si sacrifica, più frutto ci sarà, e più grande sarà la sua gloria in cielo: più si avvicina a nostro Signore sulla terra più si avvicinerà a Lui in Cielo.

Preghiamo per i nostri sacerdoti, che non siano condannati alla morte eterna quando muoiono, ma assieme ad un vasto concorso degli eletti raggiungano la Terra Promessa del Cielo alla gloria della Santissima Trinità. Amen.

 

Padre Konrad Zu Loewenstein 


Documento stampato il 19/04/2024