Et ne nos inducas in tentationem

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05/12/2018 - Nella nuova chiesa conciliare dove la parola d'ordine è “cambiamento” e dove è d'obbligo la repulsione verso tutto ciò che riguarda la Sacra Tradizione, non ci si poteva aspettare altro che la sostituzione delle preghiere tradizionali con le nuove invocazioni moderniste.

Ecco pronto un nuovo e infido colpo da maestro per annientare la fede passando attraverso il linguaggio moderno: manipolando i termini, infettando di ambiguità le parole e imponendo alla massa un'equivoca forma mentis, si ottiene facilmente la dittatura delle menti. Questo è il metodo utilizzato da chi vuole corrompere l'anima e la Verità. Basta che le nuove formule rivestite di distorto significato diventino un'abitudine, ed ecco diffusa l'anormalità nella consuetudine di vita, così che ognuno rigetti e disconosca ciò che è oggettivo e autentico. D'altronde, l’ambiguità e l’astuzia dell’essere umano possono raggiungere vette somme quando si tratta di scansare una norma di vita che gli è indigesta.

La prova più eclatante di quanto detto, è proprio la recente manipolazione, da parte della chiesa corrotta, delle preghiere del Pater Noster e del Gloria in excelsis Deo. Questione di tempo: dopo aver devastato la Sacra Liturgia e raso al suolo l’autentica Dottrina, ora ci si può “dedicare” alle preghiere: cosa vi è infatti di più tradizionale?

Dunque ecco mettere mano proprio al Pater Noster, la preghiera perfettissima. E a questa preghiera, viene sostituito ciò che disse Nostro Signore con una frase che confonde alquanto le idee: non più si deve recitare "non ci indurre in tentazione", bensì "non abbandonarci alla tentazione".

Ora alla domanda: perché questo cambiamento? ci sentiamo rispondere che "c'è più ricchezza di significato" oppure che è "maggiormente concorde con l'insegnamento di Gesù". A prima vista quindi sembrerebbe una giusta modifica, se non fosse che proprio Nostro Signore Gesù Cristo ha pregato il Padre dicendo testualmente "et ne nos inducas in tentationem". Perché il clero conciliare si arroghi il diritto di cambiare le parole di Cristo con il pretesto di spiegare la traduzione dal latino è evidente: quei termini cozzano contro la nuova religione imposta dal nuovo corso conciliare.

Come già spiegava san Tommaso d'Aquino nella Summa Theologica, con la frase "non ci indurre in tentazione" non chiediamo di non essere tentati in alcun modo, ma di non essere vinti dalla tentazione. Dio infatti, come insegna la Chiesa attraverso le Sacre Scritture, può permettere che l'uomo sia “indotto in tentazione”, per cui in Sir 2 si legge: Figlio, se ti presenti per servire il Signore, sta nella giustizia e nel timore e prepara la tua anima alla tentazione. Quando la Scrittura parla delle tentazioni di Dio, usa il termine “tentazione” in senso lato: Dio consente che siamo provati dai nostri nemici spirituali per offrirci l'occasione di maggiori meriti, ma non permetterà mai che siamo tentati sopra le nostre forze. Ciò che l'espressione di sant'Agostino vuol significare (Dio inclina la volontà al bene e al male) è che Dio inclina direttamente la volontà al bene, e la inclina al male in quanto non lo impedisce, il che però dipende sempre dai sentimenti di chi già li ha volti a fare del male. Ma è chiaro che Dio non tenta mai nessuno incitandolo al male: questa è esclusivamente l'opera di Satana. In sintesi, in quella supplica del Pater Noster imploriamo Dio di non permettere che il Maligno possa prevalere sulla nostra debolezza.

Difatti, solo attraverso le prove e le tentazioni l'uomo può rendersi conto della propria natura di creatura che nulla può senza la Grazia; solo attraverso le prove e le tentazioni l'uomo può dimostrare a Dio la sua fedeltà. E ciò è necessario per la propria santificazione e per la salvezza dell'anima: questi sono i due obiettivi a cui ogni fedele deve tendere.

Il magistero perenne della Chiesa ha sempre spiegato che Dio viene certo in soccorso al fedele che lo cerca, anche nelle avversità, purché con cuore sincero; ma l’uomo che si ostina a peccare e vuole prendersi gioco dei Suoi insegnamenti, può anche essere abbandonato da Dio alla tentazione, al peccato e alle sue perversità (Dio li ha abbandonati ai loro perversi pensieri - Rom 1, 28).

Ma questa Sacra Dottrina non è tollerata dalla chiesa modernista: non può esistere, non deve esistere la buona battaglia in cui l’uomo è inevitabilmente invischiato per raggiungere la vita eterna in Paradiso. Non può esistere una giustizia che premia i buoni e castiga i cattivi: i Novissimi sono solo un retaggio del passato, non hanno più posto nella neo chiesa rahneriana. Non si può più credere che l'uomo combatte quotidianamente contro Satana, il mondo e la carne, perciò non è corretto chiedere a Dio di “non indurci in tentazione”. Dio è solo misericordia, e quindi bisogna chiedere “non abbandonarci alla tentazione”, altrimenti come si potrebbe predicare che anche chi conduce una vita dissoluta può raggiungere il Paradiso?

Non devono stupire quindi anche le modifiche apportate al testo del Gloria in excelsis Deo: "e pace in terra agli uomini di buona volontà", diviene "e pace in terra agli uomini amati dal Signore".

Nel messale romano autentico (ossia del 1962, quando per l'ultima volta ci fu la ristampa del messale tridentino definito da Papa Pio V) vi è annotata la sottolineatura che il Gloria in excelsis Deo, per le sue prime parole, ripete il canto degli angeli a Betlemme la notte di Natale (Et subito facta est cum Angelo moltitudo militiae caelestis, laudantium Deum, et dicentium: Gloria in altissimis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis.).

Le angeliche parole parlano dunque di “uomini di buona volontà” lasciando intendere che vi sono anche uomini che non hanno buona volontà, i quali quindi non meritano la pace di Dio poiché, col loro stato, non possono essere in comunione con Lui.

Ecco che anche in questa preghiera non si sta parlando solo dell'amore di Dio, ma è ancora legato un monito: gli uomini che non sono in comunione con Gesù Cristo andranno incontro al castigo eterno. Dio appare come Misericordia e Giustizia insieme, e così dev'essere, come anche san Tommaso ricordava: non può esserci misericordia e non giustizia, perché la misericordia senza la giustizia è l'inizio della dissoluzione. Dal Vangelo sappiamo che il mondo infatti è popolato da chi è per Gesù Cristo e chi è contro di Lui: I primi si salveranno, i secondi si danneranno (Chi non è con me è contro di me, Mt 12, 30).

Ma per la chiesa conciliare, ecumenica e “misericordiosa”, non esiste niente di tutto questo. Esistono Rahner, Lutero, Pannella (chi più ne ha...). E la loro perversa dottrina suggerisce di cambiare gli “uomini di buona volontà” con gli “uomini amati dal Signore”, nel senso che tutti gli uomini possono avere la pace di Dio a prescindere dalla loro buona o cattiva volontà. E tutto questo sostituendo solo tre termini, che diventano così un pozzo di eresie e ambiguità... per andare a finire dove?


 L'Alfiere

 

 


Documento stampato il 19/03/2024