S. Anna, madre di Maria Santissima

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La vita

Betlemme, città di Davide attinente alla tribù di Giuda, fu la patria della gloriosa sant'Anna. Generata da Natan, sacerdote della tribù di Levi e della famiglia di Aronne, e da sua madre Maria della tribù di Giuda, ella aveva origini considerevoli, ma molto più si distinse per la sua immensa carità.

Sin dalla culla, sotto la grazia delle divine misericordie, Anna divenne la delizia dei suoi genitori, entrambi illustri per lo splendore dell'integrità della loro vita. Nella piccola Anna, erano evidenti numerose virtù, tra le quali la saggezza, la modestia e la pietà che la rendevano ammirabile presso i suoi cittadini. Anna non fu mai desiderosa delle belle cose che il mondo le offriva, anzi, il suo carattere dedito al ritiro, all'orazione e al lavoro faceva sì che la sua mente fosse tutta incline a gustare Dio e le cose divine, cercando in ogni modo di piacere al Signore; mai, neppure i passatempi più innocenti, avevano il predominio sul cuore di Anna. Unita soltanto a Dio, distante dal mondo, si può credere che Anna avrebbe passato la sua vita nello stato di verginità, virtù quasi sconosciuta a quei tempi, se la provvidenza divina non l'avesse eletta per essere la più graziata di tutte le madri.

Infatti, molti tra i più ragguardevoli della nazione, conosciute le splendide qualità di Anna, l'avevano chiesta in sposa, ed infine ella fu affidata a Gioacchino, abitante di Nazareth e discendente della famiglia reale di Davide. Fu così che la stirpe sacerdotale di Aronne si unì col sangue reale di Davide, il che era assolutamente necessario, perché da tale unione sarebbe poi nata la Madre di Dio.

Divenuta s. Anna sposa dell'uomo più santo che vivesse in quei tempi, quei due cuori formati dalla grazia vivevano uniti coi più dolci legami del più perfetto amore. Animati ambedue gli sposi dello stesso spirito, si vedeva in essi un perfetto modello della vita interiore. Gioacchino sopra il monte offriva di continuo i suoi voti al cielo per accelerare la redenzione d'Israele, ed Anna ritirata nell'orto della sua casa si sacrificava al Signore nel fervore della sua orazione. Qualora compariva in pubblico, la sua modestia, il suo aspetto, i suoi discorsi incutevano una grande ammirazione e rispetto. Quantunque i beni di fortuna non corrispondessero alla nobiltà della sua condizione e del suo sangue, pure i poveri da essa adottati come figli trovavano in essa nelle loro miserie ristoro e sollievo.

Virtù cosi distinte erano da Dio coronate con la tribolazione, la quale non è solita mancare alle anime più giuste, per accrescimento di merito. Erano quasi 40 anni che Anna non aveva raccolto frutto alcuno dal suo matrimonio. La sterilità in quei tempi era una specie di obbrobrio e di infamia presso gli ebrei, venendo considerata come un contrassegno di riprovazione e come la maledizione di una famiglia, perché veniva esclusa dalla speranza di poter avere discendente dalla propria stirpe il sospirato Messia, che secondo le divine promesse doveva nascere da una donna ebrea.

La sottomissione perfetta di s. Anna ai divini voleri le faceva soffrire in pace questa triste umiliazione e le amarezze del suo stato, senza speranza alcuna di poterne uscire, data la sua età. Ciononostante, triste per questo funesto stato, spargeva l'afflizione del suo cuore dinnanzi a Dio, e ricordevole di quanto era avvenuto ad un'altra Anna madre di Samuele, animata dallo stesso spirito supplicava ardentemente il Signore a guardare benignamente la sua afflizione, promettendogli di destinare al servizio del tempio la prole che alla sua serva si fosse degnato di concedere.

Un'orazione così perseverante e fervorosa fu finalmente esaudita, e per mezzo di un angelo fu avvisato Gioacchino; non passò molto tempo che sant'Anna si avvide della sua gravidanza, e di essere stata liberata dall'ignominia della sua sterilità. Esultò la santa donna, gioì il santo sposo ma di gran lunga maggiore fu il gaudio e la solenne festa che si celebrò dagli angeli in cielo, poiché videro venuta al mondo quella beata creatura concepita senza macchia di peccato, e sin da quel primo istante la più cara e grata agli occhi di Dio e di tutti i santi, la quale doveva essere la Madre del Verbo incarnato, la Regina del cielo e della terra.

È facile concepire quali tesori di benedizioni, quale abbondanza di grazie si sparsero nell'anima di sant'Anna, perché questo prezioso tesoro fu depositato proprio nel suo grembo, e si può immaginare quale sia stato l'accrescimento di quelle grazie celesti nell'arco dei nove mesi che ebbe la sorte di essere così strettamente unita a Maria Santissima.

La nascila di questa beata bambina colmò di gioia i suoi genitori, ma anche gli angeli del cielo, perché gli uni e gli altri poterono contemplare quel volto tutto bello e senza macchia, e venerare la madre di un Uomo Dio. È superfluo raccontare quali siano state le accuratezze, le premure, e la tenerezza di una tal madre verso una così privilegiata figlia.

Sant'Anna conobbe ben presto come la grazia suppliva alla sua educazione eppure non tralasciò alcuno dei suoi doveri. Scoprì nella figliuola una mente illuminata dai lumi più puri, un cuore mansueto, docile, formato da Dio per essere capace della più eminente santità, e tutte le altre qualità dell'anima e del corpo in lei riunite, le quali, pur rendendola il tesoro più caro e più dilettevole della madre, sant'Anna esigeva quanto una santa madre suole pretendere da una santa figlia.

Cresciuta la bambina all'età di tre anni, sant'Anna non dimenticò la promessa fatta al Signore e capì di non poter più rimandare la sua esecuzione. Per quanto forti fossero i legami che stringevano insieme questi due purissimi cuori, fu necessario per obbedire a Dio che fossero separati, per farne un prezioso seppur doloroso sacrificio all'Altissimo.

Sant'Anna pertanto condusse al tempio di Gerusalemme l’amabilissima e innocente figlia, che già apparteneva a Dio prima della sua nascila. La presentò al sommo sacerdote, e nel momento stesso con un atto eroico la consacrò ben volentieri a Dio, che chiaramente dava a conoscere di non averla creata che per Se stesso. Non si era mai vista in quel famoso tempio per tutti i secoli un'oblazione di tanto valore, né una vittima di tanta purezza. Vi fu accolta la Vergine con tutti i segni di stima e di venerazione, e da quel punto fu destinata al ministero del tempio insieme con le altre vergini, che vi avevano un appartamento separato, e servivano Dio sotto la direzione dei ministri del santuario.

Compiuto il gran sacrificio, non ebbero cuore i santi genitori di Maria di allontanarsi dalla loro amata figlia, che era l'unica loro consolazione, e il soggetto di tutto il loro amore. Dunque, lasciata la città di Nazareth, si stabilirono in Gerusalemme, provvedendo di abitare vicino al santo tempio.

Si dice che Gioacchino sopravvisse poco tempo dopo la solenne offerta fatta della figlia al tempio; pieno di meriti, fra le lacrime di sant'Anna, all'età di ottant'anni si compì il corso della sua vita terrena. La nostra Santa, divenuta vedova, trascorse il rimanente dei suoi giorni in un ritiro più rigoroso, e in un maggior fervore. La sua vita non fu più che una continua orazione. Il suo cuore acceso dalle più pure fiamme dell’amor divino, non sospirava più che per l'unico oggetto di tutti i suoi desideri: altro non bramava che di unirsi a Dio, al suo sommo Bene, al suo ultimo fine.

Ebbe sant'Anna la consolazione di veder crescere sotto i suoi occhi la diletta figlia, per il tempo di undici anni, in sapienza, in virtù, e in ogni sorta di perfezione.

Finalmente consumata dalle dolci violenze dell’amor suo, all'età di settanta anni, quasi dolcemente dormisse, rese tranquilla lo spirito nelle mani del suo Creatore. Fu seppellita presso il suo sposo san Gioacchino, dal cui luogo ebbero più tardi i fedeli la cura di trasportare la sua sacra spoglia nella chiesa del sepolcro di nostra Signora nella valle di Giosafat, dove si vede anche ai giorni nostri il suo sepolcro in una cappella.

Riflessioni

È opportuno riportare le belle parole di elogio di san Giovanni Damasceno con cui si lodano le virtù e i privilegi di sant'Anna.

Se dal frutto si conosce il merito dell’albero, quale idea non ci porge di vostra innocenza, e di vostra sublime virtù, l'essere voi stata destinata ad esser madre della madre di un Uomo Dio? Era ben necessario che la santità della vostra vita corrispondesse alla santità della figliuola che avete posta al mondo, eletta ad esser genitrice del Verbo Umanato. Oh fra tutte le madri la più felice! Quale gloria non fu per voi nutrire colei che doveva allattare quel Signore che nutre l’universo? Voi siete veramente felice per aver data la vita ad una figlia cui il cielo ricolmò delle sue grazie, ed ebbe l’onore di partorire ai mondo Gesù Cristo, sorgente perenne di tutti i beni. E chi non vede quale e quanta sovrabbondanza di beni non ridondò ancora in voi: se tutti i santi patriarchi, tutti i re che sono stati gli avi di Gesù Cristo secondo la carne, hanno avuta sì gran parte nel benefizio della redenzione, e furono sì privilegiati a cagione di un'affinità sì lontana, quale sarà stata 1'abbondanza delle grazie, la moltitudine dei doni e privilegi, l'alto grado di santità a cui sarete giunta, quando la vostra parentela con Gesù fu con ella sì stretta e sì vicina?”.


Veronica Tribbia


Documento stampato il 27/04/2024