Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio all'infuori di Me

Home / Dottrina Cattolica / Catechismo di S.Pio X / Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio all'infuori di Me

Che ci ordina il primo Comandamento? Il primo Comandamento ci ordina di essere religiosi, cioè di credere in Dio e di amarlo, adorarlo e servirlo come l'unico vero Dio, Creatore e Signore di tutto.

Le parole “Io sono il Signore Dio tuo” non fanno parte del primo Comandamento, ma servono per mettere in risalto l'autorità di Dio, che impone la sua Legge divina.

Il primo Comandamento ci ordina di perseguire la religione: essa infatti è la virtù che ci fa riconoscere Dio come sovrano assoluto, che ci rende consapevoli di essere delle creature che sono state create per bontà di Dio, e quindi ci dispone l'animo alla completa dipendenza da Dio e a rendergli il culto e l'onore che Gli è dovuto.

Oltre la religione, dobbiamo altresì avere fede in Dio e avere carità: tutte e tre insieme le virtù esigono che noi obbediamo alla Legge di Dio. La fede e la carità verso Dio si manifestano soprattutto in due modi: tramite l'adorazione, con la quale riconosciamo che Dio è nostro sovrano e creatore e perciò esprimiamo la nostra sottomissione con atti esterni di culto; tramite il servizio, cioè compiendo le opere che la fede e la carità ci spingono a fare per amore di Dio, per la sua gloria, per la nostra salvezza e per la salvezza del prossimo.

RIFLETTO:

La virtù della religione, imposta dal primo comandamento, è la base più sicura dell'ordine individuale e sociale. Questo gli antichi legislatori compresero meglio di quelli odierni, e non dubitarono affatto che non sia possibile una società senza legge; nessuna legge senza morale; nessuna morale senza religione.

Che ci proibisce il primo Comandamento? Il primo Comandamento ci proibisce l'empietà, la superstizione, l'irreligiosità; inoltre l'apostasia, l'eresia, il dubbio volontario e l'ignoranza colpevole delle verità di Fede.

Che cos'è l'empietà? Empietà è il rifiuto a Dio d'ogni culto.

IL CULTO. Ogni atto che tende ad attestare l'eccellenza e la sovranità di Dio e la nostra dipendenza da Lui è un atto di culto. Quando gli atti sono esterni (prostrazione, genuflessioni, inchini...) allora il culto è esterno; quando gli atti sono interni (pensieri, affetti...) allora il culto è interno.

Il culto può essere liturgico o pubblico quando è reso a Dio a nome della Chiesa da persone legittimamente deputate a questo compito (sacerdoti), con atti che devono essere riferiti solo a Dio o ai santi e beati, ad esempio: le cerimonie e la Santa Messa, la recita corale dell'Uffizio divino, le processioni... Il culto può essere privato se non vi sono le condizioni richieste per il culto pubblico, ad esempio: coroncine, novene, preghiere personali...

Il culto è assoluto quando è indirizzato direttamente alle persone (Dio, la Santissima Vergine, i Santi...); relativo quando è rivolto ad un oggetto (un quadro, un'immagine, una statua...) o anche ad una persona, ma solo per la relazione che ha con colui al quale si vuole rendere onore e culto (un caro defunto...).

Il culto è diretto quando onora Dio in se stesso; indiretto quando Lo onora nelle creature più nobili e più vicine a Lui (Angeli e Santi). Infine, il culto destinato a Dio si chiama latria o adorazione; quello alla santissima Vergine si chiama di iperdulia; quello a S. Giuseppe di protodulia; quello ai santi di dulia.

ATTI DI CULTO IMPOSTI DAL PRIMO COMANDAMENTO. Il primo Comandamento ordina i seguenti atti:

1) la devozione, chè è l'offerta di noi stessi al divino servizio;

2) l'orazione, chè è un'elevazione dell'anima a Dio e la sottomissione a Lui;

3) l'adorazione, che sottomette a Dio anche il nostro corpo attraverso un'esternazione dell'atto interno della mente, come la genuflessione.

4) altri atti sono il sacrificio, l'offerta delle primizie e delle decime, il voto e il giuramento.

L'empietà è il vizio contrario alla virtù della pietà, che inclina a rendere l'onore e il culto dovuto ai genitori, ai congiunti, alla patria. Quando inclina a rendere il culto dovuto a Dio, la pietà si chiama religione.

Empio è chi rifiuta ogni atto di religione e non prega, non adora, non ringrazia, non rende propizio Dio, non fa alcun atto per riconoscere l'autorità divina. L'empio è chi rifiuta il culto o perché disprezza direttamente Dio, o lo disprezza indirettamente mettendo in ridicolo la religione, i suoi ministri, le cose sacre, le persone devote, ecc.

RIFLETTO:

L'empietà è uno dei peccati più gravi. Inizia con l'indifferenza verso Dio, le cose sacre, le pratiche di culto... questa tiepidezza conduce all'indifferentismo, che mette sullo stesso piano tutte le religioni. Quindi, per mettere in ridicolo la religione cattolica, e quindi Dio, il passo è breve.

Che cos'è la superstizione? Superstizione è il culto divino o di latria reso a chi non è Dio, o anche Dio ma in modo non conveniente: perciò l'idolatria o il culto di false divinità o creature; il ricorso al demonio, agli spiriti e ad ogni mezzo sospetto per ottenere cose umanamente impossibili; l'uso di riti sconvenienti, vani o proibiti dalla Chiesa.

Il culto di latria o adorazione è dovuto solo a Dio: indirizzarlo ad altri significa negare a Dio la sua infinita sovranità. Perciò l'idolatria è peccaminosa, perché offre il culto divino a chi non è Dio (come gli antichi Romani o Greci che adoravano le statue dei loro dèi falsi), o alle creature (come gli Egiziani adoravano il coccodrillo o il bue).

Il ricorso al demonio o ad altri spiriti è anch'esso superstizione, perché attribuisce al demonio, o chi per esso, la potenza propria unicamente di Dio. Il ricorso al demonio per sapere il futuro, per ottenere guarigioni o altri poteri straordinari, attribuisce al demonio una scienza e una potenza propria soltanto di Dio, riconoscendo lui e non Dio come sovrano della natura.

Il ricorso agli spiriti, già conosciuto nell'antichità, negli ultimi anni si è diffuso in modo pestilenziale: oggi non mancano quelli che considerano lo spiritismo come unica vera religione, con i suoi sacerdoti o “medimus” capaci di entrare in contatto col mondo invisibile. Vi sono tre tipi di manifestazioni spiritiche:

1. fenomeni di ordine fisiologico: sospensioni e mutamenti della vita fisiologica e delle sue funzioni, annullamento o crescita della sensibilità, ecc.

2. fenomeni di ordine fisico: tavolini o altri oggetti che si muovono da soli, contatti con mani invisibili, fiamme che compaiono da sole, ecc.

3. fenomeni di ordine intellettuale: conoscenza di cose occulte comunicata da voci e scritture ignote, apparizioni e locuzioni di pretesi spiriti, ecc.

I fenomeni delle prime due specie possono essere anche forse solo trucchi o raggiri; quelli invece della terza specie sono da attribuirsi all'intervento diabolico. Gli spiriti evocati non sono certo Dio, o gli angeli buoni o le anime sante; essi non si prestano certo a soddisfare la curiosità sciocca e truffaldina degli spiritisti: perciò, gli spiriti che intervengono sono esclusivamente diabolici.

Il ricorso al demonio è diretto quando ci si rivolge a lui senza intermediari; indiretto quando ci si rivolge a semplici creature per ottenere qualcosa di impossibile. Questo secondo modo di rivolgersi al demonio si divide in diverse specie, come l'astrologia (che pretende di conoscere gli eventi futuri osservando gli astri e non concepisce la libera volontà dell'uomo), l'oniromanzia (che interpreta i sogni), la chiromanzia (che vuole conoscere le disposizioni intime dalla conformazione della mano). Gli antichi etruschi o i romani osservavano il volo degli uccelli o scrutavano le viscere degli animali per conoscere buoni o cattivi presagi.

Nel popolo comune sono innumerevoli le forme di superstizione, come il portare un ciondolo, un cornetto, un ragno metallico per tener lontana la sfortuna o il malocchio; c'è chi crede che rovesciare il sale o l'olio, che viaggiare di venerdì porti male. Tutte queste forme di superstizione sono vana osservanza, e tale è pure l'arte degli indovini, delle carte, ecc.

La Chiesa proibisce come sconvenienti e vane certe devozioni e certe pratiche che si credono avere effetti immediati, quasi magici subito dopo averle attuate, e con la minaccia di terribili castighi divini per chi non compie queste particolari pratiche.

ESEMPIO:

S. Paolo ebbe da lottare assai contro i giudaizzanti, i quali pretendevano che nella Chiesa cristiana si continuassero a praticare i riti dell'Antica Legge con la circoncisione. Essi volevano onorare Dio con riti ormai inutili e sconvenienti, proibiti dalla Chiesa, perché essendo prefigurativi del Sacrificio della Croce, continuando a praticarli dopo la morte del Signore si negava la fede nel Sacrificio di Cristo e nella sua redenzione.

Che cos'è l'irreligiosità? Irreligiosità è l'irriverenza a Dio e alle cose divine, come la tentazione di Dio, il sacrilegio o profanazione di persona o cosa sacra, la simonia o compravendita di cose spirituali o connesse con le spirituali.

Tentare Dio significa pretendere da Lui un aiuto miracoloso quando non è necessario, come fa chi si getta dal quinto piano sperando che Dio lo salvi. Nel Medioevo era in uso il cosiddetto “giudizio di Dio”, dove si credeva che Dio avrebbe salvato l'accusato dalle fiamme se egli fosse stato innocente. Tenta il Signore anche chi spera in un aiuto miracoloso mettendo mano a imprese non richieste dalla gloria di Dio o dal bene delle anime, o chi si mette nell'occasione di peccare volontariamente. Tentare Dio è sempre peccato, e quando vi è l'intenzione di mettere alla prova la potenza, la scienza, la bontà od altre virtù divine, è peccato grave.

Il sacrilegio o profanazione di persone o cose sacre è peccato di particolare gravità: significa sottrarre la cosa o persona sacra al dominio di Dio e farne un uso diverso da quello a cui era destinata dalla consacrazione, trattandola come profana. Il sacrilegio è personale quando profana una persona sacra, cioè chi ha gli ordini sacri o è stretto da voti religiosi (ad esempio, percuotendola). E' reale quando profana una cosa sacra, o quando si riceve un sacramento senza le dovute disposizioni (ad esempio, utilizzando il calice sacro come semplice bicchiere, comunicarsi in peccato mortale). Quando la profanazione riguarda un luogo sacro, come una chiesa, è un sacrilegio locale (trasformare una chiesa in una stalla).

La simonia o compravendita di cose spirituali o connesse ad esse è il peccato di chi compra o vende per denaro le cose spirituali, equiparandole a quelle materiali, oppure compra e vende cose materiali connesse con le spirituali (rosario, medaglie, acqua santa...) senza tener conto del loro carattere sacro. Il nome “simonia” deriva da Simon Mago, un eretico che cercò di comprare col denaro lo Spirito Santo e il dono di fare miracoli.

ESEMPIO:

Nella Samaria un certo mago di nome Simone seduceva molti facendosi credere un grand'uomo ed esercitando la sua magia. Quando giunse il diacono Filippo e convertì molti al Vangelo di Cristo, i seguaci di Simone cominciarono a diminuire. Giunti gli apostoli Pietro e Giovanni, amministrarono il sacramento della cresima ai convertiti dando loro lo Spirito Santo che si manifestava con prodigi. Simone, per rialzare il suo prestigio, offerse agli apostoli del denaro dicendo: “Date anche a me questo potere di far ricevere lo Spirito Santo a quelli cui imporrò le mani”. Ma Pietro gli disse: “Vada il tuo denaro teco in perdizione, perché hai stimato che il dono di Dio possa essere comperato con i denari!” (At 8, 9-24).

Se il culto delle creature è superstizione, come non è superstizione il culto cattolico degli Angeli e dei Santi? Il culto cattolico degli Angeli e dei Santi non è superstizione perché non è culto divino o di adorazione dovuta a Dio solo: noi non li adoriamo come Dio, ma li veneriamo come amici di Dio e per i doni che hanno da Lui, quindi per onor di Dio stesso che negli Angeli e nei Santi opera meraviglie.

Se adorassimo gli Angeli e i Santi con il culto di latria, cioè di riconoscimento del loro supremo dominio su di noi, allora saremmo idolatri, perché tale culto è riservato solo a Dio. Invece, nel venerare gli Angeli e i Santi noi riconosciamo il loro onore, la loro dignità, la loro potenza e la loro superiorità, ma non riconosciamo loro il potere assoluto su tutte le creature. Li veneriamo quali amici prediletti e colmati di onore da Dio, e quando li preghiamo, l'onore diretto a loro sale fino a Dio e Lo glorifica come Datore di ogni bene.

Soprattutto quando onoriamo la Santissima Vergine, noi onoriamo ed esaltiamo soprattutto Colui che la elesse come Madre, la conservò Vergine Santissima, la fece Regina del cielo e della terra, Mediatrice di ogni grazia. Onorando i martiri onoriamo Colui che diede loro la forza dell'eroismo; onorando i Dottori della Chiesa onoriamo Colui che li riempì di sapienza; onorando i doni e le grandezze degli Angeli, onoriamo Colui che gli diede ogni dono di natura e di grazia.

Chi sono i Santi? I Santi sono coloro che, praticando eroicamente le virtù secondo gli insegnamenti e gli esempi di Gesù Cristo, meritarono special gloria in cielo e anche in terra, dove, per autorità della Chiesa, sono pubblicamente onorati e invocati.

In senso generale, si dicono Santi tutti coloro che hanno ricevuto la grazia santificante (quando si parla di “Comunione dei Santi”, si parla di tutti i cattolici in terra e in cielo, ad esempio); in senso stretto, si dicono santi coloro che in vita hanno praticato la virtù cristiana in modo eroico, e dopo la loro morte sono stati proclamati Santi dalla Chiesa. Durante la loro vita, i Santi hanno condiviso le pene della persecuzione a causa di Cristo; sono stati come Lui oppressi, calunniati, uccisi, umiliati... Quando essi salgono al cielo, Dio li glorifica permettendo che dopo la loro morte essi possano essere onorati ed esaltati dalla Chiesa grazie alle innumerevoli grazie che avvengono per loro intercessione a favore della Chiesa militante.

COME LA CHIESA PROCLAMA I SANTI:

Prima di elevare i santi agli onori degli altari, la Chiesa compie un lungo e accurato esame o processo riguardo all'eroicità delle virtù da loro praticate. Il processo ha tre stadi:

1. Processo informativo presso la curia della diocesi in cui è vissuto il santo, per accertare, mediante le testimonianze garantite da giuramento, se il “servo di Dio” ha veramente praticato la virtù cristiana in grado eroico. Se l'esito è positivo la “causa” viene introdotta a Roma presso la Congregazione dei riti.

2. Processo apostolico di beatificazione. Si svolge in due tempi. Prima di tutto vengono riesaminate le testimonianze del processo informativo diocesano e, se occorre, se ne cercano altre. Se anche questo secondo esame risulta positivo, viene emesso un decreto con cui si riconosce che il “servo di Dio” ha praticato le virtù cristiane in grado eroico e gli viene conferito il titolo di “venerabile”. Nella seconda fase, si esaminano i miracoli. Se risulta con assoluta certezza che Dio, per intercessione del venerabile, ha operato almeno due miracoli, viene emesso il decreto che dichiara “beato” il venerabile, e viene permesso che gli sia attribuito un culto pubblico in alcuni luoghi particolari.

3. Processo di canonizzazione. Se, dopo un nuovo processo, risulta che Dio per intercessione del beato ha operato altri due miracoli, il Papa lo iscrive solennemente nel canone o elenco dei santi e lo propone col titolo di “santo” alla venerazione e all'invocazione di tutta la Chiesa.

Perché veneriamo anche il corpo dei Santi? Noi veneriamo anche il corpo dei Santi, perché servì loro ad esercitare virtù eroiche, fu certamente tempio dello Spirito Santo e risorgerà glorioso alla vita eterna.

Il corpo è unito strettamente all'anima, ed insieme a questa forma una sola persona, e le serve come strumento inseparabile per compiere le sue azioni. L'anima con le sue facoltà spirituali pensa e decide di compiere le virtù, ma per farlo ha bisogno del corpo: ad esempio, col senso della vista l'anima può vedere le miserie del nostro prossimo, decide di agire con compassione e si serve di nuovo del corpo per eseguire le azioni che la pietà impone (con le gambe si avvicina al misero uomo, con la bocca pronuncia parole di conforto, con le mani gli dona cibo e vestiario, ecc.).

I Santi si sono serviti del loro corpo per operare instancabilmente opere di penitenza e di misericordia, per pregare e predicare, per recarsi nei luoghi dove c'era bisogno... Tutte le forze del loro corpo furono impegnate esclusivamente al servizio di Dio in grado eroico. E' quindi giusto che anche il loro corpo benedetto da così tanta carità sia onorato e partecipi all'onore attribuito all'anima. Inoltre, il corpo dei santi fu certamente un vivo tempio dello Spirito Santo, perché si mantenne sempre, con la grazia dei sacramenti, sacro e inviolabile, un vero tabernacolo della Santissima Trinità.

RIFLETTO:

Imitiamo i santi nel conservare il nostro corpo con la purezza, affinché possa essere un degno tempio dello Spirito Santo, come S. Paolo c'insegna. Non profaniamolo con il peccato, perché Dio castiga chi profana il suo tempio!

Perché veneriamo anche le minime reliquie e le immagini dei Santi? Veneriamo anche le minime reliquie e le immagini dei Santi per loro memoria e onore, riferendo ad essi tutta la venerazione, affatto diversamente dagli idolatri, che rendono alle immagini o idoli un culto divino.

Se si venerano i corpi dei Santi, è giusto che si venerino anche le parti che ci restano, siano esse reliquie insigni (il corpo intero o una parte importante di esso, come il capo, un braccio, una tibia, il cuore, la lingua, il sangue), siano notabili (un dito, un osso del femore o dell'avambraccio), o minime (un dente, una scheggia ossea, una ciocca di capelli), sia infine una reliquia in senso largo (oggetti appartenuti al Santo o che hanno toccato le sue ossa o il suo sepolcro). Tutta la venerazione attribuita alle reliquie e all'immagine del Santo va al Santo stesso, perciò noi onoriamo tali reliquie o immagini solo in senso relativo, perché l'onore è diretto al Santo, non alla reliquia, come invece facevano i pagani.

Dio nel Vecchio Testamento non proibì severamente le immagini? Dio nel Vecchio Testamento proibì severamente le immagini da adorare, anzi quasi tutte le immagini, come occasione prossima di idolatria per gli Ebrei, i quali vivevano fra gli idolatri ed erano molti inclinati alla superstizione.

Nella storia degli Ebrei narrata nell'Antico Testamento, leggiamo che questo popolo alternava tempi di devozione e vero culto a Dio con tempi di rivolte a Dio con peccati di idolatria; il Signore interveniva con moniti e castighi, permetteva che il suo popolo venisse schiavizzato dai pagani per far sì che questo si ravvedesse e implorasse perdono del peccato, allora Dio mandava qualcuno a ridonargli la libertà, ma il popolo dopo poco ricadeva nell'idolatria. Se Dio dunque avesse permesso agli Ebrei di fabbricarsi immagini e statue, essi sarebbero caduti nell'idolatria e non se ne sarebbero più ravveduti. Basti pensare con quanta facilità gli Ebrei si erano prostrati ad adorare il vitello d'oro al posto di Dio, nonostante tutti i prodigi che il Signore aveva concesso per permettere loro di essere salvi dagli Egiziani e raggiungere la terra promessa!


Veronica Tribbia - Dal Catechismo di San Pio X


Documento stampato il 19/04/2024