Soffrire cristianamente

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«Sappiate soffrire tutto cristianamente e non temete che nessuna sofferenza, per quanto basso ne sia il suo motivo, resterà senza merito per la vita eterna
Padre Pio

Saper soffrire cristianamente significa accumulare meriti per la vita eterna. Padre Pio è molto chiaro a riguardo: «Nessuna sofferenza […] resterà senza merito per la vita eterna». Nessuna sofferenza: grande o piccola, lunga o breve, nota o nascosta, interiore o esteriore, fisica o morale, nessuna sofferenza – assicura il Santo – «resterà senza merito per la vita eterna».
Tutto ciò è confortante, è vero. Ma ad una condizione precisa, che consiste nel «soffrire tutto cristianamente». Il vero problema è esattamente questo: riesco io a soffrire «cristianamente»? E d’altra parte: che cosa significa soffrire «cristianamente»? La risposta è semplice: significa soffrire come Gesù Cristo. Ma qui si casca pressoché tutti. Gesù, infatti, ha sofferto unicamente e perfettissimamente per amore di Dio e per amore degli uomini da salvare, secondo quei primi e massimi comandamenti nei quali si racchiudono l’intera Legge e i Profeti: «Ama Dio con tutto il tuo cuore» (Mt 22,37).

Soffrire per amore e con amore, questo è il soffrire di Cristo, questo è il soffrire «cristianamente», come scrive Padre Pio. Soffrire per amore e con amore esclude, ovviamente, il soffrire con rabbia, con ribellione, con impazienza, reagendo con imprecazioni, risentimenti e sentimenti di avversione e di vendetta; soffrire per amore e con amore comporta pazienza, umiltà, rassegnazione, benevolenza, offerta, confidenza nell’aiuto di Dio. Se si saprà soffrire così, è certo che si realizzerà quel che scrive Padre Pio, ossia che «nessuna sofferenza, per quanto basso ne sia il motivo, resterà senza merito per la vita eterna»; è certo che si realizzerà ciò, perché chi soffre «cristianamente» soffre come Cristo, divenendo partecipe dei suoi meriti.
Il nostro esame di coscienza su questo punto è molto facile, purtroppo, perché noi avvertiamo davvero potente l’istinto di difesa e di rifiuto del dolore di ogni genere. L’amore di Dio e del prossimo è così debole che di solito la sofferenza viene respinta e sfuggita, o viene subita con amarezza, quando sia inevitabile, con la speranza che finisca il più presto possibile.

Tutto questo è amor proprio che dobbiamo imparare a sacrificare all’amore di Dio e all’amore del prossimo, ossia all’amore “cristiano”, alla carità, che è il carisma più grande, come insegna san Paolo dicendo che delle tre grandi virtù teologali – fede, speranza e carità – la «più grande è la carità» (1Cor 13,13). La vita di Padre Pio, a questo riguardo, è una scuola straordinaria e stupenda. Di lui si può certamente dire che ha avuto ogni genere di sofferenze – quelle massime e quelle di «basso motivo» – non lasciandone nessuna «senza merito per la vita eterna».

 


Padre Stefano Maria Manelli


Documento stampato il 09/10/2024