S.Benedetto - La preghiera di domanda

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Dio è creatore. L'Onnipotente dà l'esistenza; e a ogni essere, così come egli è, egli dà una certa partecipazione alle sue insondabili ricchezze: la vita, una parte di conoscenza e di attrazione proporzionale ad ogni grado dell’ essere; al limite: lo spirito, la luce e l'amore ... A queste creature spirituali dà se stesso, nella grazia e poi nella gloria.

Dio dona. Dio, poiché egli è l'amore, diffonde liberamente tutti i beni.

Quando crea, questo atto, se così si può dire, non è difficile per lui: egli non incontra alcun ostacolo  alla sua generosità.

Ma poi, durante tutta la nostra vita, quando desidera supplirci, gli occorre un'arte e un’infinita pazienza con noi: siamo spesso refrattari ai migliori doni; o non riusciamo a riconoscerli, o ce ne serviamo come se fossero un ornamento per la nostra vanità; come un alimento per il nostro orgoglio.  

Ed è per questo che nella sua saggezza ha istituito la preghiera di domanda. E c'è spesso nel Vangelo: chiedete! Chiedete e vi sarà dato. Chi cerca trova ... Chiedete.

Quando gli Apostoli chiedono a Cristo: "Signore, insegnaci a pregare" (Lc.1l, l), egli non fa loro un trattato sulla preghiera. Insegna loro a chiedere: cosa chiedere e come chiedere. Egli formula per noi queste richieste che costituiscono la preghiera perfetta del figlio del Padre.  

Accade, però, che la preghiera di domanda sia a volte molto disprezzata dagli "spirituali", che credono che  altre forme siano più elevate, come 1'adorazione, la lode, il ringraziamento. In realtà, molte persone conoscono solo una forma rudimentale della preghiera di domanda, molto vicina ad alcune pratiche magiche o infra-religiose: preghiamo per ritrovare la propria borsa, si fanno dire messe per superare un esame... Indubbiamente occorre chiedere i doni materiali: panem nostrum quotidianum - ma nella misura in cui sono necessari come il pane, e nella misura in cui essi sono ordinati ai beni essenziali.

 Una volta che un’anima comincia ad avvicinarsi al Signore, diventa un po’ più consapevole della grandezza di Dio e del primato dello spirituale; ed è bene che rifiuti, nella misura in cui sono impure e facilmente egoistiche, le richieste interessate, sempre aggrappate ad oggetti materiali e immediati.

Ma sarebbe un peccato se nello stesso tempo cominciasse ad ignorare la grandezza e la assoluta necessità della preghiera di domanda, quella che riguarda i più veri beni: in primo luogo ciò che riguarda la gloria di Dio, l'avanzamento del regno, l’aggregazione di tutti i popoli e tutte le nazioni nell’ovile del solo Pastore, il ritorno del Signore... E anche i beni spirituali di cui noi abbiamo bisogno ora: tutte le grazie, le virtù, le luci ...

Ma questi beni, non è Dio stesso che vuole donarceli? Sicuramente, egli vuole darceli. Ed è per questo che ce li fa domandare.

Qui cominciamo ad intravedere la doppia funzione della preghiera di domanda: da essa noi riconosciamo in primo luogo che tutti questi beni provengono da Dio, e questo è un valore di omaggio insostituibile. E inoltre la domanda scava in noi il passaggio per i beni che chiediamo: ci mette in un atteggiamento di umiltà che lascia Dio libero di colmarci secondo la sua misura divina.  

Dobbiamo chiedere i beni spirituali con perseveranza, con  violenza, come Giacobbe che lotta davanti all'angelo: " Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!" (Gn.32,27) Bisogna stancare Dio con un’insistenza ostinata, scuotendo la porta fino a farla cedere.

Questa è la lezione di quelle meravigliose parabole sulla preghiera, quella dell'amico importuno che chiede tre pani; e lui che riposa nella sua casa, determinato a fare il sordo, finalmente si alza: gli dà i pani, non perché è commosso dal bisogno dell’altro, non perché è generoso; non perché il richiedente è un suo amico, ma per stare in  pace. L’importuno ha fatto un tale subbuglio che in casa sono ormai tutti svegli. E lo fa con tanta insistenza, si capisce che non se ne andrà via, ecco i suoi tre pani e ci lasci in pace!

E ancora più audace la parabola del giudice iniquo - il Padre che ci ama paragonato a un giudice ingiusto! Alla fine fa giustizia alla vedova che reclama la sua eredità, non perché lei ha ragione, non perché è giusto, non perché ha pietà di lei, ma "importunitatem propter" perché la sua importunità ha superato il limite.

Sappiamo gridare abbastanza forte per chiedere quello che ci è più necessario del pane: la grazia, la fede e l'amore....? Sappiamo importunare abbastanza Dio per i beni che sono realmente parte della nostra eredità? Se siamo veramente figli adottivi, noi abbiamo "diritto", in questa logica ammirevole della grazia, a tutta l'eredità: e comprende tutto ciò che costituisce una vita cristiana, tutto ciò che ci rende capaci di vivere come figli della luce, secondo le Beatitudini e il Discorso della Montagna.  

Allo stesso modo i beni del Regno fanno parte dell’eredità della Chiesa. E dobbiamo chiederli: che tutti gli uomini conoscano il Padre e colui che egli ha inviato, Gesù Cristo; la riunificazione del popolo di Dio, l'unità dei cristiani e la pace nel mondo... 

L'eredità dipende solo dalla libera volontà di Dio. Ma possiamo reclamarla con clamore in quanto lui stesso ci ha adottati. Sappiamo insistere abbastanza, implorare, supplicare, senza mai stancarci (Lc.18,l)? Bisogna insistere quanto la vedova che si sfinisce nel domandare. Occorre chiedere come i poveri mendicanti di una volta molestavano un turista apparentemente agiato. E’ un’eccellente preghiera.  

A volte non sappiamo cosa dire o fare durante la nostra preghiera? Imploriamo. 

Il Signore è nel suo paradiso con tutti i suoi beati nel riposo dell'ottavo giorno, ed egli ci lascia lì, privi di tutti quei beni così necessari che non gli costerebbero nulla! Occorre insistere e agitare la porta fino a quando finalmente si decide a farci l'elemosina di un po'di questo pane. Gridiamo incessantemente:  

Dammi l'umiltà, dammi l'umiltà, dammi l'umiltà...  

Oppure: dammi la fede... dammi la carità...

E di nuovo: dona ai cristiani l'unità...

Poi, se ci accorgiamo di essere sul punto di cedere:

Dammi la perseveranza nella domanda, dammi la forza di insistere abbastanza di fronte a te...  

Questi beni, Dio ce li vuole dare molto di più di quanto noi possiamo desiderare di averli, perché egli conosce meglio di noi il loro prezzo, e un po’ della sua gloria dipende dalla santità dei suoi figli. Se egli vuole che noi li chiediamo, è perché non c'è modo migliore per renderci capaci di riceverli: la preghiera aumenta l'intensità del desiderio; apre nella nostra anima la capacità di accogliere; crea già in noi l'atteggiamento che corrisponde a ciò che noi chiediamo.  

Chiedere la carità in questo modo è, allo stesso tempo, aumentare la propria carità.

Richiedere la fede è già un atto di fede: lo si sa bene quando si arriva a far decidere un non credente!

E quale migliore atto di umiltà della perseveranza a mendicare umilmente l’umiltà: è riconoscere che non l’abbiamo per niente e che solo Dio può svilupparla in noi.

Allo stesso modo il fatto di pregare il Signore insieme per raggiungere l'unità, unisce già i cristiani nella supplica concorde e tramite essa.

A forza di aver così pregato, forse finalmente ci saremo aperti e Dio potrà colmarci senza troppi rischi; la domanda umile e perseverante avrà forse ridotto i nostri riflessi di vanità o di orgoglio; l'insistenza a chiedere supplicando avrà inscritto nella parte più profonda del nostro cuore la fiducia che tutti questi beni sono doni gratuiti della  liberalità divina.  

E allo stesso tempo la preghiera di domanda così concepita è uno dei migliori tributi che possiamo rendere al Signore, alla sua onnipotenza, alla sua bontà, alla sua paternità: essa afferma concretamente il suo dominio assoluto su ogni essere e su ogni bene.

Fatta in queste condizioni, la preghiera di domanda è necessariamente efficace. Ed è per questo che si conclude in rendimento di grazia, nella fede. Ma la sua prima efficacia è di insegnarci che tutto è grazia. 


San Benedetto da Norcia 


Documento stampato il 20/04/2024