Il Modernismo

Home / Rubriche / Lupi travestiti da agnelli / Il Modernismo

È di per sé noto che la verità non respinge l’errore a intermittenza, vale a dire a volte sì e a volte no, ma che lo respinge sempre. Ergo è di per sé noto che la verità è verità da sempre e per sempre, cioè eternamente. Di conseguenza la verità sta salda e non muta; ciò che muta, cambia e diviene è, invece, l’ opinione umana. 

Il modernismo è solito avanzare l’obiezione che la verità non può calare dall’alto per essere imposta all’uomo. E, insistendo sulla Incarnazione della verità in Nostro Signore, insegna che la verità non è un concetto arido e astratto ma una Persona concreta, reale, come se l’Incarnazione avesse tolto alla verità il suo valore assoluto in luogo di confermarlo. Peccato che l’Uomo-Dio in cui si è incarnata la verità si esprime assolutamente e non ipoteticamente: si esprime per comandamenti. [...] Ma non è un mistero [...] il sogno impossibile del modernismo: che Dio rinunci ad essere verità per dar valore alle fallaci opinioni umane ed accoglierle nel Suo Regno.

Il modernismo non ama la verità, perché la verità è già fatta, è già da sempre, senza nessun umano contributo. Contrariamente a quanto esso insegna, la verità cala proprio dall’alto; è stata rivelata dal Figlio di Dio, perché l’uomo, da solo, non l’avrebbe mai scoperta nei suoi misteri che superano la ragione e per ciò che è accessibile alla ragione non da tutti, non senza errori, non in tempo utile sarebbe stata scoperta. E poiché è calata dall’alto, la verità si applica a tutti gli uomini senza eccezione, separandoli con quella spada a due tagli di cui parla il salmo.

Per il modernismo tale concezione della verità è autoritaria, e la rifiuta. Esso non ammette che l’errore venga escluso; e anche là dove concede l’esistenza dell’errore, trova ugualmente immotivata ed ingiusta la sua esclusione dal Regno di Dio, giacché, per il modernismo, l’uomo non è un suddito ma un cittadino del Regno e il cittadino, a differenza del suddito, ha dei diritti; diritti che si riassumono e si riducono ad uno solo: quello di errare senza pagarne lo scotto.

Si dice che sia la lezione democratica della storia ad imporre al modernismo la difesa del diritto di errare. Ammettiamolo pure; ma nessuno sembra notare che questa lezione si fonda su di una ipocrisia colossale. Dove e in quale ambito umano la verità accoglie ciò che, a torto o a ragione, considera errore? A scuola? sul lavoro? nello sport? nell’arte? Dove? Forse tra gli uomini di Chiesa modernisti, dai quali la verità tramandata è addirittura perseguitata?

Si obbietta anche che la lezione democratica sa distinguere tra l’errore e l’errante. Altra ipocrisia spudorata. L’errante è il portatore  dell’errore, o di quel che si ritiene tale, senza di lui l’errore non sarebbe, sì che in tutti gli ambiti umani è l’errante ad essere escluso: dalle scuole alle discoteche, dall’agricoltura alla finanza, dall’arte alla scienza, allo sport, così come nella “chiesa modernista” non si espelle l’errore salvando l’errante, ma l’errante medesimo. E si espelle l’errante perché è lui, il titolare dell’errore, che appare, è lui che porta all’essere l’errore, o quello che si considera tale.

Nessuna attività umana accoglie ciò che si considera un errore, ma solo Dio lo deve accogliere e lo deve all’uomo; per cui si vieta a Dio ciò che è, invece, lecito all’uomo.

Come si vede, non c’è nessuna ragione logica alla base della pretesa che Dio accolga l’errore nel suo Regno. Neppure l’uomo lo fa nei propri risibili domini. Perciò che l’errore non venga escluso dal Regno di Dio è pura e semplice volontà dell’uomo: volontà che Dio si pieghi all’uomo. È hybris (letteralmente: tracotanza, eccesso; è un topos, un luogo comune della tragedia e della letteratura greca). Vale a dire il più abominevole dei peccati che la creatura possa commettere contro il Suo Creatore. Chi rifiuta la forma assoluta ed escludente della verità, intende, infatti, comandare a Dio ciò che deve e non deve fare. E intende comandarlo  in quella stessa forma assoluta ed escludente che nega Dio

Questa è dunque la base concettuale dell’odierna apostasia: ci si rivolta contro la verità perché la verità esclude l’errore. E poiché l’ insegnamento modernista è quello di cercare ciò che unisce piuttosto che ciò che divide, allora bisogna, innanzi tutto, escludere Nostro Signore, dato che è Lui a dichiarare nettamente che l’errore (intellettuale e morale) non verrà accolto nel Suo Regno. È necessario, dunque, e non casuale, che chi non ama la verità in ragione della sua forma assoluta ed escludente non ama il Regno di Dio e Colui che l’annuncia.

Chi accetta la lectio democratica non può amare un Regno di Dio fatto di soli sudditi, di servi inutili, come dice il Vangelo. Un Regno dove uno solo comanda e gli altri ubbidiscono, per certe menti male illuminate, coinciderebbe con un sistema politico totalitario già rigettato dalla storia. Un Regno siffatto sarebbe perciò improponibile all’uomo moderno. Occorre quindi inventarsene un altro, quello, appunto, della sola misericordia. Un Regno, cioè, dove la giustizia è esclusa dalla misericordia non per altro motivo che questo: perché la giustizia del Regno di Dio, escludendo l’errore, è giudicata ingiusta

In realtà, l’insegnamento modernista secondo il quale la verità non può calare dall’alto per essere imposta all’uomo va ben oltre la semplice adesione alla lectio democratica della storia. In perfetta sintonia con la filosofia moderna, esso asserisce che una verità a priori che cali dall’alto con la pretesa di determinare la vita umana fin dal suo sorgere, ossia prima di essere vissuta, non può essere ammessa. Ora, è noto che la verità è soltanto a priori, cioè è prima di noi; ciò che viene dopo, ed è nostro, non è verità ma opinione. Infatti, quando diciamo la verità – e la Verità eterna è Nostro Signore Gesù Cristo – noi non diciamo nulla di nostro e, quando diciamo qualcosa di nostro, diciamo l’errore, di cui siamo portatori.

Dunque, che lo si sappia o no, se l’insegnamento modernista dice che non può esistere una verità a priori, allora la fede non può essere una dottrina da apprendere innanzi tutto concettualmente ma un’esperienza da fare.

E la differenza è evidente. La dottrina è data a priori, cioè prima di ogni possibile esperienza, proprio perché l’esperienza sia regolata su di essa. Cos’è infatti la dottrina cattolica tradizionale se non la verità che Nostro Signore ci ha consegnato appunto per predeterminare su di essa la nostra vita onde evitare l’errore, cioè il peccato? Non è un caso che la dottrina cattolica vieti a priori certi comportamenti. Non è un caso che essa sia già compiuta e formata senza il nostro contributo; né è un caso che venga dall’alto. La verità è fatta così. È questa la sua sola, unica forma: a priori, indipendente dall’uomo e dal pensiero. E, per quanto il modernismo s’ingegni a strologare, un'altra forma non esiste. Ma se, come insegna il modernismo, la fede è una esperienza, segue che le parti si invertono. In tal caso, l’esperienza viene prima della dottrina, la vita prima della morale, e la dottrina e la morale devono inseguire la vita, ondeggiando paurosamente insieme ad essa, come di fatto avviene oggi, dappertutto

A questo punto appare chiaro perché il modernismo insegna che la verità non può calare dall’alto per essere imposta all’uomo: perché essa finirebbe inevitabilmente col soffocarne la libertà. Di quale libertà si parli è già stato detto: certamente non quella che si oppone alla dottrina luterana della predestinazione, ma quella tutta moderna di poter errare senza pagarne lo scotto.

La lectio democratica insegna che bisogna salvare la libertà dell’uomo ad ogni costo e, ovviamente, la libertà dell’uomo si salva solo se non esiste nessuna verità a priori che la ostacoli, cioè solo se il Regno di Dio si ritrae, o, meglio ancora, stando a certi filosofi, se scompare. Si comprende da questo che il paragone tra regno di Dio e Stato totalitario, di certe menti poco brillanti è pura ideologia.

La differenza tra il Regno di Dio e uno Stato totalitario, dal punto di vista della libertà,  è evidentissima: lo Stato può soltanto dirigere i corpi, tormentarli, ucciderli e poi null’ altro. Se, a partire dalla rivoluzione francese, gli uomini hanno preferito i regni del terrore e del sangue pur di non tornare al giogo soave della divina verità è perché sotto quei regni criminali si poteva ancora sperare o immaginare la propria libertà; non solo, ma anche viverla, sia pure in certe forme limitate. Il potere politico, infatti, pur volendolo, non riesce a giungere dappertutto, né può, per quanto si sforzi, penetrare le coscienze. Sotto un regno tirannico l’uomo può ancora coltivare la speranza di riacquistare la libertà. Nel Regno della verità divina la libertà concessa è una e una sola: quella di accettare o rifiutare Dio. Un’altra libertà non esiste. Se infatti esistesse un’altra libertà, sarebbe solo libertà di errare. Lo si vede chiaramente nel regno del calcolo aritmetico: qui la sola libertà concessa è quella di affermare che 2 + 2 = 5. Ha  senso, allora, difendere una tale libertà ? Eppure è questo che fa il modernismo: difende l’indifendibile. Esso difende il diritto all’errore, ma non attaccando direttamente la verità divina e Chi l’annuncia, come fanno gli atei, bensì facendo ricadere tutta la colpa dell’esclusione dell’errore sulla Tradizione Cattolica che avrebbe male interpretato la buona novella, deformandola per fini di potere. Per chi vuol vedere, è  tutto perfettamente chiaro: il modernismo è obbligato a odiare la Tradizione, affinché non si scopra che esso odia Dio.

Come ormai si capisce, il modernismo non può rivelare all’uomo la sua reale condizione nell’ordine ontologico, non perché gli manchi il coraggio, come comunemente si crede, ma più semplicemente perché non l’accetta. Il modernismo concepisce se stesso come un movimento di emancipazione e di conseguenza non potrà mai arrendersi alla dura lezione del Vangelo. Non si abbasserà mai a considerare l’uomo come il portatore dell’errore in un Regno, quello di Dio, perfetto in se stesso. Esso non ascrive a giustizia la concezione che il Vangelo offre dell’uomo, anzi nasce proprio per riscattare l’uomo dall’ingiustizia di un Regno che esclude l’errore. Quindi, con la tracotanza che gli è propria, pretende di imporre a Dio di riscattare l’ingiustizia del Suo Regno con la sola misericordia. Appunto: hybris in misericordia.

 

(sisinono.org)


Documento stampato il 19/04/2024