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Un cattolicesimo sempre più clericale e sempre meno cattolico

Dinanzi a coloro che hanno manifestato qualche perplessità in merito all’opportunità della rinuncia di Benedetto XVI c’è chi ha parlato di “papalini” che hanno avuto la pretesa di mettersi al di sopra del papa. Come se non essere eventualmente d’accordo su atti che non coinvolgono l’infallibilità del Sommo Pontefice possa essere letto come un rifiuto dell’autorità dello Stesso. 

Ovviamente nessuno di noi può entrare nella coscienza di Benedetto XVI e pretendere di giudicare soggettivamente. Il suo gesto non solo è stato canonicamente legittimo, ma è stato anche – come lui stesso ha tenuto a precisare – sofferto e preso dopo un’intensa preghiera. Oltretutto, da credenti, non si può nemmeno escludere che Benedetto XVI abbia ricevuto un segno dall’alto che lo abbia spinto a fare ciò che ha fatto. Chi, a tal riguardo, può permettersi un giudizio? Ma – come molti dovrebbero sapere – un conto è il giudizio in campo soggettivo, altro quello in campo oggettivo. Fermo restando l’impossibilità e l’illegittimità del primo, non si è costretti a dispensarsi dal secondo. Ebbene, oggettivamente, non vi è nulla di scandaloso nel ritenere la rinuncia di un Pontefice come atto poco opportuno… soprattutto in questo momento storico. 

 

Tutta una serie di elementi possono indurre ad un giudizio in tal senso. Il primo è quello di pensare che un tale atto possa far passare in secondo piano o addirittura annullare la dimensione misterica del Primato Petrino. Molti già parlano di Papato a termine. E anche il successore di Benedetto XVI (che ovviamente non avrà nessun obbligo a riguardo) quando raggiungerà gli 80/85 anni potrà trovarsi nell’imbarazzo di dover continuare e forse potrà anche essere oggetto di inopportune pressioni da parte di chi volesse contestargli il magistero.  

Per non parlare del titolo di “Papa emerito” che non certo facilita la chiarezza a riguardo. Non a caso padre Ghirlanda su La Civiltà Cattolica (anche se il numero della rivista è stato dato alle stampe prima della decisione ufficiale) dice che si tratta di un titolo inopportuno, ambiguo. Meglio sarebbe (stato) “Già Papa” o “Già Sommo Pontefice”. Infatti la carica primaziale è data direttamente da Cristo al Vescovo di Roma e si perde quando non si è più Papa. Due papi non possono coesistere, è una contraddizione in termini.  

Ma torniamo al punto da cui siamo partiti. E cioè il presunto “scandalo” di ritenere oggettivamente poco opportuno il gesto compiuto da Benedetto XVI. Sembra proprio che si sia realizzato ciò che qualcuno ha definito come “clericalismo non cattolico”, nel senso che ormai siamo diventati un po’ tutti clericali ma sempre meno cattolici. Chiarisco.  

Cosa significa sottomettersi al Papa? Cosa significa riconoscere davvero il Papa?  

Significa riconoscere il suo ruolo. Significa riconoscere il suo magistero. Non dobbiamo confondere l’obbedienza al Papa, la giusta riverenza e il giusto rispetto… con la “papolatria”, che è un’altra cosa. Rispettare il Papa non significa necessariamente andare a battere le mani sotto la sua finestra, cantare “Giovani Paolo, Giovanni Paolo …” o “Benedetto, Benedetto …”, cantare o ballare da papaboys … e tornare a casa per dimenticare ciò che il Papa insegna e ha insegnato. L’obbedienza al Papa è riconoscere il suo magistero, sostituire il proprio criterio di giudizio con quello di Pietro, vivere – costi quel che costi – ciò che la Chiesa insegna con il governo del Vicario di Cristo. Questo è riconoscere il Papa. Il resto è contorno… che se c’è va anche bene, ma è sempre e solo contorno.  

Porrei questa domanda a tutti coloro che hanno ritenuto che un gesto come quello di Benedetto XVI non si potesse oggettivamente (sottolineo “oggettivamente” non “soggettivamente) giudicare: in molti cattolici cosa ne è di tutto ciò che Benedetto XVI ha insegnato in questi anni? Cosa ne è – per esempio – dei cosiddetti “principi non negoziabili” (vita, famiglia, libertà di educazione)? Quanti cattolici, quanti di quelli che si sono commossi dinanzi ad un papa che andava via sull’elicottero, quanti di quelli che stavano sotto la sua finestra, hanno tenuto in prima considerazione questi principi quando sono andati a votare alle recenti elezioni?  

Insomma, da decenni ormai stiamo vivendo un paradosso, che è quello di non discutere sugli atti e sulla persona dei papi, ma di mettere in discussione il Magistero di Pietro, Vicario di Cristo. Un tempo era diverso: non si metteva in discussione il ruolo del Papa e il suo insegnamento… si metteva però in discussione ciò che di per sé non riguarda l’infallibilità e si era convinti che non tutti i papi ricevono lo stesso giudizio da Dio.  

Noi no. Noi siamo nel paradosso di un cattolicesimo che è sempre più “clericale” … e sempre meno “cattolico”.  

Corrado Gnerre 

 

(Fonte: IL GIUDIZIOCATTOLICO.com)