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Le ragioni per opporsi all'eutanasia

Anche in Italia, l’idea di una legittimazione-legalizzazione dell’Eutanasia, trova, purtroppo, non pochi sostenitori. Certamente, molto ha influito la nota vicenda di Piergiorgio Welby (il malato di sclerosi laterale amiotrofica che chiese al Presidente della Repubblica di legalizzare l’eutanasia). I mezzi di comunicazione (specie quelli d’impostazione anticattolica) ne diedero molto risalto. Si è trattato del consueto caso umano, caso pietoso (in precedenza lo sono stati la donna maltrattata o violentata per il divorzio e l’aborto), utile per suscitare nella gente, un atteggiamento favorevole verso l’eutanasia. Il caso umano, lo sappiamo, provoca, facilmente, spavento, orrore; induce a pensare: e se capitasse proprio a me, cosa farei? Ecco allora penetrare nella coscienza l’idea che l’Eutanasia sia lecita, perché rappresenta un mezzo per non soffrire. 

Il Presidente della Repubblica, Napolitano rispose alla lettera di Welby, sollecitando così ad aprire un dibattito politico-parlamentare sull’argomento. In questo modo, i fautori dell’eutanasia, ottennero che l’argomento eutanasia entrasse nell’agenda politica, che l’argomento eutanasia venisse discusso nell’ambito parlamentare, in vista di una, auspicata, legalizzazione. Di fronte a tale dibattito, è normale chiedersi: se qualcuno vuole essere ucciso, perché non accontentarlo? che senso ha la vita terminale, o priva delle facoltà superiori? il divieto di uccidere chi soffre ha valore anche per chi non è cattolico?

Naturalmente, i fautori dell’eutanasia, preferiscono non chiamare l’eutanasia con il suo vero nome, preferiscono nascondere, in qualche modo, la sua vera natura omicida o suicida. Allora parlano di testamento biologico. Sembra innocuo, perché, apparentemente, darebbe al cittadino la possibilità di decidere quali cure vorrà ricevere in caso di malattia. In realtà, ci sembra (e non abbiamo paura di essere smentiti) un modo per legalizzare l’eutanasia. E che le cose stiano così lo deduciamo, dal fatto che, la gran parte dei cosiddetti “difensori della volontà del paziente” sono espliciti sostenitori dell’eutanasia legale. E tra questi, segnaliamo, ad esempio, Umberto Veronesi che ha ammesso, senza nessun problema, che il testamento biologico è almeno un primo passo verso l’eutanasia.

Proponiamo alcune argomentazioni da opporre sia all’eutanasia, in sé stessa, sia nella sua forma mitigata o nascosta di testamento biologico. Si tratta di argomentazione che possono essere comprese anche da chi non crede. Vogliamo così, innanzitutto, dimostrare che il problema dell’eutanasia non è da relegare esclusivamente in una visione di fede.

Le argomentazioni proposte, rivelano che legalizzare l’eutanasia, l’uccidere una persona per "motivi pietosi", la compassione che spinge a chiedere l’eutanasia per gli handicappati,  – come spiega bene il sociologo Pietro De Marco (Avvenire, 26 marzo 2005) – è un inganno psicologico, col quale i sani e tutelati si rifiutano di aiutare i malati e gli indifesi.

I fautori dell’eutanasia dicono: per chi non è cattolico, la sofferenza non ha alcun senso, e dunque è giusto che uno Stato laico (indifferente alla questione religiosa) legalizzi l’eutanasia. Questa tesi è irragionevole. Vediamo subito il perché della sua irragionevolezza.

1. La dignità della vita in senso giuridico, il poter stabilire quale vita è degna o meno di essere vissuta, quale vite valgono e quale si possono sacrificare, non è determinabile dai singoli o dalla collettività. Essi non possono arrogarsi un potere così assoluto. Si tratta di un problema filosofico e religioso che non spetta allo Stato determinare.

2. L’eutanasia legalizzata, renderebbe i medici funzionari dello Stato incaricati di dare a certe condizioni la morte. Ciò trasformerebbe il rapporto fiduciario con il paziente, che ogni volta si chiederebbe: ma oggi questo medico sta lavorando per curarmi, o per accelerare la mia fine?

3. Anche se la legge consentisse la sola eutanasia su richiesta, essa eserciterebbe una subdola pressione psicologica su molti pazienti cronici o terminali, i quali sarebbero indotti a pensare così: "Ecco, il mio vicino di letto ha scelto la dolce morte e io invece preferisco restare qui a dare disturbo alla mia famiglia e alla società: sono un egoista". In altri termini: l’eutanasia legale è un elegante invito a vecchi e malati a togliere il disturbo, senza fare troppo rumore.

4. Non si può dimenticare che il primo Stato ad attuare un piano articolato di eutanasia è stato la Germania nazista, che eliminò oltre 70.000 persone definite dal Führer "indegne di vivere". Sempre, è ovvio, per "motivi pietosi".

5. Non è la dignità a costituire il fondamento della vita umana, ma la vita umana: se questo non fosse vero, qualsiasi contrarietà o delusione potrebbe legittimare la richiesta di essere uccisi per "non soffrire".

7. Vi sono diritti, come ad esempio la libertà, che sono considerati, giustamente, "indisponibili", ossia  irrinunciabili. Se, ad esempio, volessi essere ridotto in schiavitù, lo Stato laico non me lo permetterebbe. E farebbe bene. Perché? Perché esistono azioni che all’apparenza sembrano riguardare soltanto me stesso, ma in realtà hanno una rilevanza sociale. Ecco perché, laicamente, uno stato di diritto non può ragionevolmente legalizzare l’eutanasia, in nessun caso.

Per tutte queste ragioni, noi diciamo no all’eutanasia  e ci opponiamo e chiediamo a tutti gli uomini di buona volontà di opporsi, naturalmente con i mezzi leciti, ad ogni tentativo di legalizzare l’eutanasia.

Padre Angelo Fiorentino

 

(Fonte: dalla rivista IL SETTIMANALE DI PADRE PIO)