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Qual è la vera chiave di questo mondo?

Qual’ è la vera chiave, qual è l’inter­preta­zio­ne cristiana di questo mondo? Che cosa ci forni­sce la rivelazione per valutare e giudicare questo mondo? La risposta è nell’evento di questo perio­do liturgico: la Crocifissione del Figlio di Dio.

La morte dell’eterno Verbo fatto carne ci insegna precisamente che cosa dobbiamo pensare e che cosa dobbiamo dire di questo mondo. La sua Croce ha assegnato il giusto valore a tutto quanto vediamo, a tutte le fortune umane, a tutti gli onori, le dignità, i piaceri. Ha indicato il prez­zo delle contese e delle rivalità, delle speranze e dei timori, dei desideri, degli sforzi e dei trionfi di noi mortali. Tutto quanto sembrava disordina­to e privo di uno scopo, essa l’ha unificato e reso armonioso. Ci ha insegnato come dobbiamo vivere e come dobbiamo servirci del mondo, che cosa dobbiamo attendere, che cosa desiderare, che cosa operare. La Croce è il motivo centrale in cui devono definitivamente risolversi tutte le melodie del mondo presente.

Attorno alla Croce e a colui che da essa pende, tutte le cose si incontrano. Tutto ad essa è subordinato e legato. Essa ne è il centro e la spie­gazione, perché Gesù vi fu innalzato per trarre a sé “tutto”, uomini e cose (Gv, 12,32).

La dottrina della Croce non fa che insegnare, sia pure con efficacia infinitamente maggiore, quello che, dopo tutto, anche il mondo insegna a coloro che ci vivono a lungo, che ne hanno vasta esperienza, che lo conoscono. Dopo aver vissuto per molti anni, l’uomo finisce col far sua l’escla­mazione del saggio: “Vanità delle vanità, tutto è vanità” (Qo 1,2).

La Croce non fa quindi che insegnarci antici­patamente quale sarà la nostra esperienza del mondo. Possiamo star certi che l’insegnamento fornitoci dalla Croce è tutt’altro che superficiale. Le cose del mondo appaiono attraenti e la Croce appare invece dolorosa: le verità che essa ci rivela sono nascoste e a prima vista ci spaventano, tanto che possiamo esser tentati di ribellarci. Eppure il suo insegnamento è veritiero: la verità non sta alla superficie ma nel profondo.

Non dobbiamo figurarci il Vangelo come la religione della tristezza, per il semplice fatto che l’insegnamento della Croce ci richiama a senti­menti di grande serietà. Nessuno deve farsi l’idea che il Vangelo conduca ad una visione pessimisti­ca del mondo e della vita. Esso ci impedisce, senza dubbio, di diventare superficiali e di cerca­re nelle cose sensibili una gioia passeggera e vana: ma se ci proibisce un godimento immediato, è solo per assicurarci la gioia più vera e più piena che ci attende. Esso dice soltanto: “Se volete incominciare dal piacere, finirete poi con il dolo­re”. Il suo comando è, invece, di prendere le mosse dalla Croce di Cristo, perché, se è vero che dapprima la nostra croce si dimostrerà dolorosa, è anche vero che, a poco a poco, dalla sofferenza germoglieranno pace e consolazione.

La Croce di Cristo è la misura del mondo che valuta tutta la realtà umana. Di fronte alle vicende più disparate e drammatiche, di fronte alle ingiustizie o all’arroganza intellettuale degli uomini, guardate alla Croce di Cristo. Volete for­marvi un retto giudizio riguardo a tutte queste cose? Guardate alla Croce! Essa ci condurrà al pentimento, all’umiltà, alla preghiera e al digiu­no: spiritualmente uniti alle sofferenze del Salvatore, dovremo piangere i nostri peccati, ma una gioia molto più grande di quella che il mondo può dare accompagnerà il nostro pianto e ne segnerà il termine.

Guardiamoci, perciò, dal confidare nel mondo, dal consegnargli il nostro cuore; non dal mondo dobbiamo incominciare, ma dalla fede, dal Cristo, dalla sua Croce e dall’umiliazione a cui essa ci conduce. Cerchiamo “prima il Regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto ci sarà dato in sovrappiù” (Mt 6,33), perché solo chi ha scelto il mondo invisibile come punto di parten­za, potrà realmente godere anche del mondo visi­bile. Solo chi ha prima digiunato, potrà poi ralle­grarsi; solo chi ha imparato a non abusare dei beni della terra, potrà poi farne uso; solo chi interpreta le realtà terrene come immagini delle realtà future e quelle lascia per amore di queste, diverrà erede di tutto.

 

John Henry Newman  (Estratto del Sermone: The Cross of Christ the Measure of the World, PPS VI, 7 - NEWMANFRIENDSINTERNATIONAL.org)