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Intervista a ROBERTO GALBIATI e a MARIA GRAZIA BOTTONI

La Corsia dei Servi intervista il Dott. Roberto Galbiati e la Dott.sa Prof.sa Maria Grazia Bottoni Galbiati, componenti della Direzione Editoriale della rivista “QUADERNI DI SAN RAFFAELE”, organo dell’ Associazione Cattolica degli Infermieri e Medici (A.C.I.M.).

 

1-Dr. Galbiati, lei è Presidente  dell'Associazione Cattolica degli Infermieri e Medici (A.C.I.M.). Com'è nata questa associazione e perché? 

L’ A.C.I.M. è nata nel 2005 a Milano. L’ Associazione, come da statuto, riunisce medici, infermieri ed altre figure professionali, che si prefiggono lo studio dei fatti rilevanti che oggi investono la medicina, la biologia, la salute fisica e mentale, la morte ed ogni altra manifestazione esistenziale dell’uomo suscettibile di manipolazioni. 

Tali fenomeni vengono tutti interpretati alla luce del Magistero Tradizionale di Santa Romana Chiesa. 

I “Quaderni di San Raffaele” (nulla a che vedere con il famoso ospedale milanese) sono uno strumento editoriale dell’Associazione tramite il quale  vengono analizzati non solo fatti concreti che pongono problemi di bioetica, come  l’utilizzo delle cellule staminali embrionali, la  fivet, l’ aborto, l’eutanasia, i trapianti d’organo ecc. ma anche  tematiche più genericamente  esistenziali, quali quelle dell’uomo di fronte alla sofferenza, alla morte, alla crisi del concetto di  famiglia ecc.;   in altre parole vengono affrontati gli argomenti cruciali che si presentano all’uomo contemporaneo, cercando di codificarne l’essenza con  una sorta di “epicrisi” in chiave cattolica. 

La finalità dell’associazione può essere connotata come una sorta di apostolato culturale,  indirizzata a tutti, non solo agli addetti ai lavori della sanità. Questo apostolato è assolutamente necessario; stiamo in effetti vivendo un periodo storico caratterizzato da un grave stato di calamità culturale e di apostasia. 

Mi sono reso conto che le persone non colgono i problemi nella loro essenza, in quanto l’informazione culturale e l’approfondimento etico sono sempre più frequentemente relegati alla passiva  fruizione dei canali   televisivi e a testate giornalistiche (in genere di impostazione laicista), quando non addirittura ad attori, cantanti, soubrettes, ecc assurti a ruolo di “opinions leaders” e che non hanno alcuna approfondita conoscenza delle specifiche problematiche che trattano. 

 

2- Per un medico, cosa significa essere obiettore di coscienza in una società che calpesta i valori non negoziabili in virtù della modernità? 

Ci sono medici che per la loro specialità sono a più stretto contatto con le problematiche di etica: si pensi ad un ginecologo che deve scegliere tra fare o non fare l’abortista. Fin qui è rispettata la scelta senza importanti ripercussioni negative sul medico, in quanto previste dalla legge. Vi sono però delle obiezioni di coscienza più intime, non protette dalla normativa, in cui la coerenza del medico cattolico è messa duramente alla prova.  Mi riferisco al medico che si sente richiedere una  prescrizione  di  anticoncezionali. Molti non sanno che l’utilizzo della pillola anticoncezionale è in realtà un metodo  che può essere abortivo; conosco  medici che hanno avuto grossi problemi pratici per non aver prescritto tali pillole, essendo stati accusati di non assolvere al loro ruolo istituzionale. 

Un altro collega, obiettore di coscienza, di cui non faccio il nome, che lavora come primario ospedaliero, ha subito gravi persecuzioni sul piano personale perché  non si limita a dire “io mi astengo” dal fare interventi  abortivi, ma  opera attivamente cercando di dissuadere le donne  dal sottoporsi a tale pratica. 

Queste sono figure eroiche della professione medica e restano degli esempi per tutti in quanto ci mettono del proprio: la fede che professano non è a fini carrieristici, ma al servizio della verità innanzi tutto. 

Tanto per essere chiari, La legge 194 è una legge immorale che non dovrebbe proprio esistere; non è pensabile apportare modifiche per rendere tale legge più o meno duttile; è una legge intrinsecamente sbagliata e come tale crea cose sbagliate. Tutti i contribuenti, cattolici compresi, sono costretti a finanziare ospedali che commettono omicidi sugli indifesi; che assumono personale disposto a collaborare al genocidio; che infine fanno credere che, siccome la legge di stato lo permette, l’omicidio dell’innocente non sia da viversi con orrore. 

E’ tutta una cascata di immoralità che nasce da una legge immorale  e che dovrebbe essere abolita. 

Non ci sono altre possibilità.  

 

3- Che senso ha la sofferenza per lei Dott Galbiati e per lei Dott. ssa Bottoni? 

La sofferenza è un male in quanto deriva dal peccato originale: l’uomo soffre perché è decaduto. 

Per poter dare un senso alla sofferenza bisogna fare un salto  che va al di fuori dell’antropologico, altrimenti essa non è giustificabile. Questo è il vero problema della nostra cultura attuale. 

Per un cattolico c’è la speranza di dare un senso alla sofferenza, un senso che non sia solo razionalizzato o intellettualizzato, ma fatto proprio, interiorizzato. Il tentativo dell’imitazione di Cristo è il centro del cattolicesimo; non c’e altro.  Cristo ha offerto il suo soffrire e la sua morte per la salvezza eterna. Il cattolico ha a disposizione questa grande opportunità: riuscire a dare un senso alla sofferenza offrendola a Dio,  insieme a Cristo, per la salvezza eterna, propria e del mondo. E’ l’acme della preghiera. E’ il mezzo che Dio ha scelto per salvare l’umanità. Questo non significa che la sofferenza sia un bene auspicabile e che con più si soffre, più ci si salva, anzi essa è spesso una grande tentazione, ma che può essere trasformata in un potente mezzo di intercessione. 

Se noi alla sofferenza diamo un significato di tipo salvifico, cioè la offriamo con quella del Cristo per la salvezza nostra e di molti (come avviene nel sacrificio  della Santa Messa), noi riusciamo in qualche maniera a ingannare il demonio facendogli, come dire, una specie di contropiede, per parlare in termini calcistici. 

Sfruttiamo forse il più potente attacco di  satana, volto alla nostra perdizione eterna, per salvarci! Se noi con la grazia e la preghiera riuscissimo  a riappropriarci del senso cattolico della sofferenza, allora noi saremo  in grado anche di viverla meglio; essa non è più incomprensibile e sterile, ma mezzo di santificazione. 

Questo è un grosso problema nell’ambito della cultura moderna, perché tali concetti, per una sorta di apostasia del cattolicesimo, sono andati lentamente e forse inconsapevolmente  perduti. 

Si vive per il “qui ed ora” e come ovvia conseguenza  la sofferenza e la morte diventano il male assoluto. 

Ricordate le prime scene della “Passione di Cristo” di Mel Gibson? ricordate quando Cristo nell’orto del Getsemani  piange e suda sangue perché sa  quello a cui andrà incontro? Chi si aggira intorno a Lui? Il demonio. E sempre il demonio passa quando Gesù viene svillaneggiato e subisce tutti gli oltraggi. Perché compare il demonio in quelle sequenze?  Perché il demonio si aggira proprio nella sofferenza per tentare: nella sofferenza c’è la tentazione del rifiuto a Dio! Ecco svelato il pericolo! Ma la sofferenza, per paradosso, è stata scelta da Dio per conoscerLo!   In altre parole, come ha fatto Dio a salvarci? Attraverso la sofferenza, un passaggio che è scandalo e obbrobrio per chi non capisce. Ma è il momento più tragico perché in certe pesantissime circostanze è possibile rinnegare Gesù, rifiutarLo e perdersi eternamente.   

Noi facciamo di tutto per guarire, ma a dire il vero, quello che conta è la salvezza eterna. Questo è un messaggio molto forte perché ha a che far con la morte, con un qualcosa che si rifiuta. A cascata poi accade che se si rifiuta la sofferenza e quindi la morte, si decide  di non affrontarla usando qualsiasi mezzo. 

Al limite si sceglie l’eutanasia  e con questo atto luciferino si diventa   arbitri della propria sorte e ci si sottrae alla volontà divina. 

La sofferenza e la morte sono molto legate tra di loro. Se uno non trova senso nella sofferenza, la morte non può essere accettata, la si rifiuta, è un non -  senso, un qualcosa di tremendo. 

Nell’ambito della pratica medica questi sono argomenti che pongono una serie di problemi. Si pensi al Sacramento dell’Estrema Unzione il cui utilizzo negli ospedali non è più prassi. Ricordo in merito un aneddoto: una volta mi chiamarono in pronto soccorso per fare una consulenza cardiologica ad un paziente che era praticamente moribondo, di 95 anni, agonico. Avevo chiesto ai parenti se il paziente fosse una persona religiosa, cattolica, di fede e mi risposero affermativamente.  Allora proposi di chiamare il cappellano  per  l’Estrema Unzione. I parenti acconsentirono di buon grado. Verbalizzai quindi la mia consulenza: paziente con queste caratteristiche… ecc ecc. Le condizioni si ritengono irreversibili: consiglio il Sacramento dell’Estrema Unzione. La dottoressa del pronto soccorso alla lettura sobbalza e esclama: come l’Estrema Unzione! Ma questa cosa messa così….è una prassi inconsueta! 

Ecco, inconsueta! Perché? perché la morte fa paura e fa paura anche al medico. 

Questo a volte vive la morte  del paziente come un proprio fallimento; non si rende  conto che, perdendo di vista il senso della sofferenza e della morte,  rischia di praticare un medicina che ha come obiettivo la più lunga vita possibile a qualunque costo. In fondo, a pensarci bene, è quello che la gente desidera e il medico del servizio sanitario è chiamato a dare risposta alle richieste dei pazienti - “clienti”. 

 

4- Per voi felicità e sofferenza possono coesistere? 

Dobbiamo chiarire su cosa si intenda per felicità: se per felicità si intende essere in pace col proprio spirito, in persone molto, molto avanti con l’ascesi, pensiamo sia possibile la coesistenza tra felicità e sofferenza. Ma nella media, la persona che soffre non è felice. Ci sono tanti santi, anche non riconosciuti dalla Chiesa, che hanno accettato di soffrire fino all’ultimo. Padre Pio, attraverso la sofferenza, riusciva ad avere una compenetrazione tale col mistero di Gesù che in parecchi scritti lui dice:” Preferisco soffrire e sentirTi come Ti sento piuttosto che no”. 

Però la sofferenza in sé rimane un male ed è tanto più male quanto più riesce a distoglierti dal punto finale che è mantenere lo spirito retto. Questa è la cosa più devastante che una sofferenza può fare in un uomo nella sua completezza: fargli perdere la felicità eterna. 

Nel merito, un  problema molto pratico  è quello che riguarda l’assistenza della sofferenza nei pazienti che hanno una prognosi infausta a breve termine. Problema delicato, perché da un punto di vista tecnico la sofferenza si può togliere. Abbiamo a disposizione farmaci potentissimi ma che comportano, a certi dosaggi,   la perdita della consapevolezza. 

Le sofferenze, orribili di per sè, rischiano  di  travolgere il paziente anche dal punto di vista spirituale   proprio nel momento principale della sua esistenza, quello della morte e dell’abbandono finale. 

Non vissuta in chiave cattolica, questo tipo di assistenza è ridotta al paradigma: tu soffri, io ti tolgo la coscienza; tu non soffri più, io ho fatto una cosa buona. Vista in questi i termini la sofferenza è il male assoluto. Questo non vuol dire che non bisogna togliere la sofferenza alle persone che soffrono: anzi, se  te lo  chiedono, diventa un dovere. Ma dal punto di vista del paziente cattolico, bisogna sentire bene quello che egli desidera: se il paziente non vuole che gli venga  spenta la lucidità e la mente negli ultimi momenti, allora è doveroso dosare il farmaco! Questa  è una scelta molto delicata; spetta al medico  capire che davanti a sé, in quel momento, non ha solo una persona che soffre, ma una persona che sta rendendo l’anima al Padre Eterno. Il porsi quanto meno il problema significa preoccuparsi in maniera completa del sofferente che si ha  in cura. 

Ovviamente, per sgombrare il campo da possibili equivoci,  non sto dicendo che sono contrario alle cure palliative; ritengo anzi che necessitino di maggiori investimenti.  Ma parimente ritengo che in questo campo di assistenza sia necessario sviluppare delle sensibilità particolari che comprendano  l’attenzione alla cura dello spirito. Bisogna dare la possibilità al paziente di morire bene anche spiritualmente. Credo che il concentrarsi esclusivamente sulla abolizione totale della sofferenza  a costo della incoscienza e senza il benestare del paziente, pur essendo un atto tecnico ippocraticamente ineccepibile, rischi di scippare il diritto alla buona  morte cattolica. Sarebbe uno degli abusi più terribili. 

Poi è chiaro che viviamo in una società multietnica o a contatto con cattolici  che hanno perso la dottrina e che quindi semplicemente non sono più cattolici. In tal caso basta la tecnica analgesica. 

Bisognerebbe recuperare tutta una serie di consapevolezze che sono perse. E’ quello che cerchiamo di fare  nei nostri Quaderni di San Raffaele.  

 

5- Sulla vostra rivista trimestrale “Quaderni di San Raffaele”, affrontate spesso il dramma dell'aborto. L'OMS ha calcolato che negli ultimi vent'anni siano stati eseguiti un miliardo di aborti nel mondo. In Italia nel 2008 l'ISTAT ne stima 121406 l'anno in rapporto a 569224 nascite, il che significa una vita soppressa ogni quattro. Sono dati sconvolgenti che hanno la portata di un crimine contro l'umanità. Perché allora questo genocidio viene ancora visto come una conquista? 

La risposta è molto semplice: l’uomo non vive più per Dio, ma per se stesso. 

Ha ricusato prometeicamente la Sua legge naturale, sostituendola con un arbitrio proprio. E’ sempre la tentazione del peccato originale che si ripropone.Togliendo questo  vincolo esistenziale, tutto ciò che pare essere vantaggioso alla persona assume valenza positiva. 

Ma tutto ciò che va contro la legge naturale prima o dopo lo si paga, non c’è niente da fare. 

Viene presentato come una conquista sociale di libertà, di autodeterminazione, perdendo di vista che l’uomo è  lasciato libero di fare scelte sbagliate, ma che la felicità, anche su questa terra, passa per l’aderenza quanto più possibile con le leggi divine. 

Una persona che non crede in Dio e alla legge naturale dirà di voler essere libera di autodeterminarsi sempre e comunque; questo atteggiamento è comprensibilissimo da un punto di vista della comune mentalità  antropocentrica;  è incomprensibile dal punto di vista teologico e cattolico. Purtroppo dobbiamo constatare un’ apostasia silenziosa dei cattolici che hanno perduto  quelli che erano i valori cardine della strutturazione sociale, a partire dalla famiglia. Li si sente ragionare così: “io sono contro l’aborto, il divorzio, ecc., ma non posso impedire ad altri, che non sono cattolici, di praticare queste cose”. 

In realtà si ha a che fare con un grosso problema: la lotta per il Regno Sociale di Cristo, Re dei re, sulla terra. Non è lecito abdicare a questa missione in nome della democrazia. 

Esiste anche un problema di coerenza e di autorità all’interno delle gerarchie ecclesiastiche. Alcuni “pastori” si sono fatti papi e hanno contribuito con le loro inopportune esternazioni a creare scandalo o disorientamento tra i fedeli. 

 

6- La scienza al servizio della dissoluzione: quali sono le vostre riflessioni in merito a questo assunto?  

Quando il significato della scienza, applicato alla medicina,  perde di vista l’obiettivo uomo nella sua interezza (quindi  fatto di anima e corpo), si rischia di privilegiare la salute corporea a scapito della salute dello spirito. Non è a caso che il motivo per cui viene invocata la legge 194 è la salute mentale e fisica della madre. Intanto però si  uccide una persona.   

I media spesso camuffano come progresso della civiltà quello che progresso non è; basti ad esempio il problema della fecondazione in provetta con trasferimento di embrione (FIVET). C’è tutta una serie di argomentazioni logiche che inducono a conclusioni trionfalistiche sulle conquiste della medicina: una coppia sterile non riesce ad avere un bambino e ricorre alla FIVET. Che c’è di male? La medicina moderna può a volte risolvere un problema, ma non  viene sottolineato che per ogni bambino prodotto si eliminano 7/8 embrioni umani. Alla Fivet hanno fatto ricorso, verosimilmente in buona fede, anche numerose coppie di cattolici praticanti. Perché ? perché non c’è una corretta cultura, neppure nelle parrocchie. Eppure il Magistero della Chiesa si è ufficialmente  espresso  in modo negativo a proposito di tale pratica e non solo perché abortigena. 

Si assiste quindi ad un attacco dissolutorio prima di tutto nei confronti della  famiglia. 

L’aborto mina alla base la finalità cattolica della costituzione familiare che ha come scopo  quello della procreazione ed educazione cattolica di tutti i figli che la provvidenza dona. 

La fecondazione assistita, svincolando  la procreazione dal rapporto coniugale, scardina il concetto della centralità ed essenzialità di una strutturazione familiare a fine procreativo. 

Due persone dello stesso sesso possono affittare uteri per avere figli. Questo stato di fatto comporta nuovi problemi giurisdizionali di legittimazione che inducono a modificare le leggi in vigore in modo da consentire l’ attribuzione dello stato di famiglia anche a coppie omosessuali. 

Si acquistano ovuli da giovani donne in stato di necessità economica e,  una volta fecondati in provetta, li si impiantano in uteri a servizio. Ora, chiamare queste modalità comportamentali “ famiglia”, mi sembra veramente un insulto all’ intelligenza. 

Questa opposizione alla FIVET non è una nostra bizzarra idea; la Chiesa Cattolica  ha preso chiare ed ufficiali posizioni di condanna, indicando l’atto coniugale all’interno del matrimonio l’unica lecita possibilità procreativa. E’ qui che si rende evidente l’attuale scadimento generalizzato  della concezione cattolica del matrimonio e della famiglia. 

 

7 - La Chiesa è considerata da una buona parte del mondo scientifico, anche cattolico (!), come oscurantista ed è accusata di frenare il progresso medico e biologico. A vostro parere è vera questa convinzione? 

C’è chi pensa così. Ma non ci può essere una scienza  benefica, staccata dall’etica, applicata alla medicina. 

Se qualsiasi applicazione scientifica perde di vista il senso ultimo dell’essere umano, crea degli abomini. 

Diventa una istituzione  che va contro natura. Purtroppo al rapidissimo crescere delle scienze applicate alla medicina non è corrisposto un parallelo progresso sul fronte etico. 

Uno degli obiettivi del nostro impegno nella pubblicazione dei “ Quaderni di san Raffaele” è quello di tenere a fuoco le problematiche che la scienza e la medicina propongono di volta in volta, cercando di ricollocarle criticamente all’interno del Magistero della Chiesa.. 

 

8- I problemi bioetici sono ormai costantemente sotto i riflettori e danno origine a due diversi e netti schieramenti: da una parte coloro per i quali la libertà consiste nel fare ciò che si vuole (assecondando qualsiasi proprio desiderio), dall’altra coloro, i (veri) cattolici, che sostengono quanto la libertà non possa essere definita tale se sganciata dalla Verità. Qual è il vostro parere in merito? 

Il problema in questo contesto è la mancata conoscenza dei fondamenti dottrinali. 

In realtà la Chiesa Cattolica nel suo Magistero ufficiale resta un punto di riferimento per tutti i cattolici. 

I preti nelle parrocchie ed i pastori ad ogni livello dovrebbero obbligatoriamente essere aggiornati su tali questioni. Sono loro i punti di riferimento, quelli che fanno formazione, quelli che confessano. 

Occorre comunque avere il coraggio di denunciare e sollevare dagli incarichi quei “ battitori liberi” non in linea con il Magistero. 

 

9- E’ convinzione di molti che il decisivo attacco satanico contro l’uomo (e, soprattutto, contro Dio) verterà su tematiche relative all’omosessualità, all’ideologia di genere… Quando si toccano tali temi nella società si scatena il finimondo e i cattolici che osano solo esprimere il loro parere vengono tacciati di essere retrogradi, bacchettoni, persino privi di sensibilità… Qual è la verità scientifica su tali tematiche e quali i fondamenti della visione cattolica in proposito?

La scienza non ha verità da proporre in merito. 

L’omosessualità è uno dei quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio (Catechismo di San Pio X). 

Si è in presenza di un falso senso della libertà; si rivendica come valore assoluto l’arbitrio di autodeterminarsi, di fare quello che si vuole a prescindere da qualsiasi regola. Il vero problema è che negli ultimi tempi questa rivendicazione  sta avendo una grande enfasi e ci si deve chiedere il perché. Il nocciolo della questione è sempre quello: se si riesce a distruggere la famiglia nella sua strutturazione, è come riuscire a togliere la talare al sacerdote: è il primo passo verso la rottura del nucleo fondante su cui si struttura una società . Noi siamo convinti che nel momento in cui si toglie la talare a un sacerdote, egli  non si vede più come una persona diversa e straordinaria, cioè come colui che ha una particolare  responsabilità, come colui che è uomo di Dio. Ci sono sacerdoti che diventano semplicemente dei bravi compagnoni ed organizzatori sociali, perdendo la consapevolezza della propria missione e, soprattutto, di ciò a cui Dio li ha chiamati a fare. 

Nella famiglia avviene la stessa cosa: se si spacca quel nocciolo, quel nucleo indissolubile tra uomo e donna che ha come scopo di procreare e educare al cattolicesimo, è l’inizio della dissoluzione. Ecco allora che su questa famiglia,  “non più famiglia”, può essere fatto di tutto: aborti, fivet, eutanasia. Tutto crolla in caduta libera, perché quando  la famiglia è salda, lo è anche  la società. Se viene perduto il senso della famiglia,  la società si sfalda e se ciò accade crollano anche la cultura, il diritto, la decenza e siamo alla fine dell’impero.  Se si infrange la legge naturale, come detto in precedenza, si pagano le conseguenze ad un prezzo salatissimo. 

 

10- Dott. Galbiati, nella sua carriera di medico, quando ha potuto constatare che Dio esiste ed opera? 

Di fronte alla sofferenza e all’angoscia è difficile scorgere la mano di Dio, perché in quell’istante scorgi  la mano del diavolo. Nella mia attività di medico ho a che fare con  l’opera del male: la vita che passa e sfugge; il decadimento fisico e cognitivo; la fugace impressione di benessere e potenza giovanile che  scema nel tempo e successivamente scivola verso la morte, passando per la malattia. 

In questo non vedo l’opera di Dio, ma vedo fondamentalmente quella del demonio. 

Nella mia formazione medica, lì sì vedo continuamente l’opera di Dio: noi possiamo approfondire sempre più le conoscenze fisiologiche: scomponiamo il  DNA in sequenze di  amminoacidi, li ricomponiamo, coltiviamo e utilizziamo cellule staminali per curare malattie, ma il vero mistero ultimo, quello della vita, del perché la nostra materia umana vive, ebbene, la medicina e l’uomo non sono riusciti ancora a capirlo. 

E quando tu scopri  come un organo funziona,  pur non sapendo il perché, resti affascinato come se  guardassi un panorama meraviglioso e ti chiedi: ma da dove viene tutto questo? Chi può aver creato tanta perfezione e bellezza? Ci si imbatte in questa meraviglia osservando agitarsi sotto un microscopio degli spermatozoi  alla cieca ricerca di un ovulo da fecondare; ci si accorge  allora di essere di fronte ad un mistero, al grande mistero della vita e si ha la netta sensazione che non si giungerà mai a  scoprirne la soluzione. Almeno su questa terra.  

 

 

Bergamo, Maggio 2012