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Il senso della vita

Oggi come non mai la società prende coscienza di quanto la vita sia problematica, difficile e, spesso, anche dolorosa. Per coloro che dicono di non credere in Dio la vita rappresenta per di più una grande beffa poiché tutto ciò che accade è considerato in fondo una casualità: un susseguirsi di casi fortuiti inspiegabili e incomprensibili, perciò, in estrema sintesi, privi di valore e persino pazzeschi…se questa è la vita!... Per chi si professa cristiano, invece, per chi crede in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra e di tutte le cose visibili ed invisibili,  la vita ha un senso, una spiegazione e qualsiasi accadimento è tutto fuorché frutto del caso.

Certo, sia per un ateo che per un credente, il risultato pare il medesimo: si gioisce e si soffre in ogni caso. Ma vi è una differenza sostanziale e decisiva tra le due posizioni esistenziali: la presa di coscienza della realtà ed il significato che a quest’ultima si attribuisce. Per chi considera la vita una casualità la realtà si perde nella nebbia fitta dell’inconsistenza e del dubbio che corrode e consuma fino alla morte. La conseguenza è il tentativo di distrarsi, di non pensarci, concentrandosi su obiettivi immediati: il piacere, il lavoro, lo svago… tenendo soffocato l’interrogativo urgente: che cos’è la vita di un uomo se Dio non esiste? Alla fine i non credenti sono come quei malati che prendono un’aspirina per combattere un male incurabile; si consolano con delle illusioni che li aiutano a vivere. 

Per chi, invece, crede in Dio, la visione della vita è diametralmente opposta: oltre la morte ha inizio la vera esistenza la quale, attraverso il modus vivendi della vita terrena, si manifesterà in uno stadio di eterna felicità o in uno di eterna sofferenza.

Il Cristianesimo offre poi l’ulteriore certezza, rivelata dalla venuta di Gesù Cristo, dell’esistenza nel cuore di ciascun essere umano, e nel mondo in cui vive, di una lotta, di uno scontro tra il bene e il male. E chi sono i contendenti che prendono parte a questo scontro? Il primo partecipante è il demonio, il satana: egli esiste, è sempre attivo e cerca (con l’inganno, la menzogna e l’astuzia) di indurre ogni persona a trasgredire la santità. Ma esiste anche, ed è sempre attiva, un’altra persona: è lo Spirito Santo che abita nel cuore di ogni credente e lo spinge soavemente e fortemente verso tutto ciò che è vero, bello, buono, santo. E poi, in questo scontro, ci siamo noi, ciascuno di noi, a cui è chiesto: con chi ti vuoi schierare? Ecco la presa di coscienza della realtà.

Dio e il satana, spiega il card. Caffarra,  sono rappresentanti di due distinte realtà: il Vangelo della vita da una parte (poiché Dio vuole e perciò offre la salvezza, la vita eterna) e la cultura della morte dall’altra (perché il satana, in una continua spirale di orgoglio e di odio, vuole la dannazione eterna cioè la morte vera oltre il mondo fisico, la morte eterna di quante più anime possibili, in sfregio a Dio. Nella prima lettera di Pietro [1Pt 5, 8-9] sta scritto: "Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede."). Queste due realtà danno vita ad uno scontro drammatico. Dove? In primo luogo nel cuore dell’uomo e quindi, di conseguenza, nella società umana; l’uomo che porta dentro di sé questo dramma dà origine perciò ad una società drammatica. Il dramma della vita, possiamo anche chiamarlo azione drammatica, è dunque costituito dall’azione di tre libertà: la libertà dello Spirito, la libertà della persona umana, la libertà del satana. Quel che è certo è che l’uomo è sempre coinvolto in un contrasto drammatico, e a nessuno è concesso di essere spettatore neutrale o disinteressato, volente o nolente che sia.

Da qui la consapevolezza di ciò che rappresenta il senso della vita: salvare se stessi, salvare la propria anima. Salvarsi per mezzo della vita terrena che ci è stata concessa: tutto il resto è perdita di tempo…

 

Stefano Arnoldi