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La grande eresia/2

La diga, alzata dalla rustica tenacia di San Pio X contro l'onda montante del modernismo, non avrà retto nemmeno mezzo secolo. La negligenza colpevole, la paura dell'opinione pubblica, la complicità con gli assalitori fra coloro stessi a cui il Papa affidava la cura di difenderla e di ripararla, hanno permesso al progressismo di invadere la Chiesa che quella proteggeva. È manifesto anche allo sguardo meno acuto che noi ci troviamo in una “permissive Church”, nel senso in cui v'è nel mondo una “permissive Society”, dove tutto è permesso ai suoi membri spiritualmente e intellettualmente senza vergogna – come pensa Thomas Molnar. La Chiesa attuale è un'istituzione dove tutto è lecito, salvo il proclamarvi che non tutto vi è lecito; dove tutte le dottrine vengono predicate, eccetto l'ortodossia; dove tutte le parole del linguaggio più profano, se non più ributtante, fischiano come pallottole alle nostre orecchie, con l'autorizzazione, con la connivenza, se non sotto l'ordine stesso, della Gerarchia.

Tale era già la situazione della Chiesa al principio del secolo, prima della correzione operata da san Pio X. Nello Hibbert Journal dell'ottobre 1906 leggiamo uno studio, dovuto al suo direttore M. Jacks, dove si trova descritto lo stato delle Chiese in quell'epoca, compreso quello della Chiesa cattolica, manifestandosi dappertutto il veleno del modernismo. Le analogie con l'epoca nostra sono flagranti:

“L'intelligenza delle Chiese sembra presa dalla passione delle parole vaghe. Nella sfera della fede cattolica ci si può impegnare in tutte le direzioni senza sentirsi frenati qua o là. La libertà d'interpretazione privata viene rivendicata per tutti gli impegni solenni e pubblici. Il linguaggio, passando dagli altri campi in quello della fede religiosa, sembra aver cambiato valore. Altrove, le parole devono avere un certo significato. Qui possono significare pressappoco tutto quello che si vuole. Non solo è diventato impossibile dire quale senso abbia un dogma particolare, ma è diventato difficilissimo dire quale senso non ha, giacché è difficile immaginarne un'interpretazione che la sottigliezza dei chierici non ne possa dare. Che accadrebbe – siamo in diritto di chiederlo – se, in tribunale, un teste si permettesse quel libero uso delle parole che viene tollerato in talune delle sfere religiose più elevate?”

Come potrebbe l'eresia progressista non sentirsi a suo agio in tale Chiesa “permissiva” che conosciamo dacché la maggior parte dei vescovi ha rifiutato di applicare le consegne di san Pio X? Come un tempo l'eresia ariana, essa si espande, si esibisce, si pavoneggia in tutti i gradi della Gerarchia, con una spocchia, una superbia, una disinvoltura, una sicurezza di aver definitivamente buttato a mare le “vecchie” credenze, i “vecchi” riti, i “vecchi” costumi, e di avere irrevocabilmente sostituito alla Chiesa “statica” di Pio X la “Chiesa in movimento”, che non tollerano la minima opposizione o critica e che s'impongono dittatorialmente ai fedeli affascinati, senz'altra ragione che l'arbitraria volontà episcopale di cambiare la Chiesa da cima a fondo e, come ha detto un prete, di “buttar giù la baracca”.

L'Enciclica Pascendi aveva già smascherato codesti eresiarchi, dicendo dei modernisti che “essi vogliono stimolare l'autorità, non distruggerla”, impadronirsene pur restando “in seno alla Chiesa per modificarvi a poco a poco la coscienza comune dei fedeli” e proclamarsene così “gli interpreti”.

Non si ripeterà mai abbastanza che il progressismo è l'eresia modernista amplificata, moltiplicata, universalizzata, la quale ci manifesta la splendida vittoria riportata accentuando tutte le sue caratteristiche e prescrivendole ai fedeli con tutti i mezzi di pressione fisica e morale di cui dispone, ormai, ad ogni livello dell'Autorità.

Basta passare in rassegna i segni distintivi da cui il modernismo si riconosce secondo l'Enciclica, per accorgersi immediatamente che si applicano esattamente al progressismo odierno. In un'allocuzione pronunciata il 16 dicembre 1907, san Pio X li riassume in uno solo,

“che è incontestabilmente di un'estrema gravità: un certo spirito di novità si diffonde sempre più; insofferente di ogni disciplina e di ogni autorità, esso mette in discussione le dottrine della Chiesa ed anche la verità rivelata da Dio, e si sforza di scalzare sin dalle fondamenta la nostra sacrosanta religione. Tale è lo spirito da cui sono animati – piacesse a Dio che fossero meno numerosi – coloro che abbracciano con una specie di impeto cieco le aspirazioni più audaci di ciò che esaltano senza tregua sotto il nome di scienza, critica, progresso, civiltà... Essi gettano un dubbio metodico sui fondamenti della fede; in particolare, quelli di loro che appartengono al clero, disdegnando lo studio della teologia cattolica, attingono la loro filosofia, la loro sociologia e la loro letteratura da sorgenti avvelenate; fanno appello con alte grida a non si sa quale coscienza laica, di contro alla coscienza cattolica, e si arrogano il diritto e insieme la missione di correggere e riformare le coscienze cattoliche”.

Non è forse questo il panorama della Chiesa odierna, dove formicolano le innovazioni, dove le nuove teologie, i nuovi catechismi, le nuove messe, le nuove istituzioni ecclesiastiche, i nuovi costumi, ecc., si diffondono senza curarsi dell'ortodossia; dove l'insubordinazione, il disordine, il fracasso, l'ammutinamento, la ribellione, la rivoluzione sono considerati le virtù proprie del clero; dove l'autorità schernita avalla, consacra e propaga essa medesima l'inosservanza delle sue istruzioni; dove i dogmi sono travisati e rinnegati a tal segno, da coloro che ne hanno la custodia, da venir relegati nel magazzino degli accessori e si sacrifica la loro verità all'efficacia di una pastorale ronzante nel vuoto; dove preti e laici seri si domandano con angoscia se la religione da loro professata non sia scossa fino alle fondamenta; dove la filosofia di Hegel, la sociologia di Marx, l'erotomania freudiana e la letteratura esistenzialista sommergono i seminari, i conventi, le liturgie della parola; dove l'apertura verso il mondo costringe il clero di basso e di alto livello a sposare le mode e le insanie della nostra epoca, col pretesto di andare incontro alle sue aspirazioni; dove quegli stessi preti in preda al delirio dell'apostasia “si sclericano” a gara e non cessano di strappare dalle anime loro affidate l'amore delle realtà sovrannaturali, per precipitarle in un mondo totalmente laicizzato, dal quale deve sparire il nome stesso di cristiano? 


Marcel de Corte (La Grande Eresia - Effedieffe)